La rivincita dell'Italia minore: Prodotti tipici, manutenzione del territorio, turismo rurale, agricoltura, artigianato e commercio per promuovere i comuni del disagio insediativo

La rivincita dell'Italia minore: Prodotti tipici, manutenzione del territorio, turismo rurale, agricoltura, artigianato e commercio per promuovere i comuni del disagio insediativo

Investire sul Bel Paese: i servizi territoriali diffusi per la competizione globale

Realacci: "investire nell'Italia delle risorse e della qualità, far contare di più la forza locale nello scenario globale".

Billè: "far morire gli esercizi commerciali nei paesi che vivono sotto il livello di benessere economico è un errore imperdonabile".
 

La manutenzione del territorio, il turismo rurale e naturalistico, l'agricoltura, l'artigianato e il commercio possono fornire gli strumenti più adeguati per investire su quelle aree che, forse in maniera un po' esagerata, si definiscono "a rischio d'estinzione", quelle migliaia di centri abitati diffusi capillarmente su tutto il territorio italiano che pur avendo prodotto nei secoli un patrimonio straordinario di beni culturali e ambientali, abilità manifatturiere, saperi e sapori, sono realmente poco competitivi da un punto di vista economico, che vedono sparire da un anno all'altro l'ufficio postale, la scuola, il presidio sanitario, gli esercizi commerciali. Sono 2.830 i comuni interessati – rivela lo studio realizzato per Legambiente e Confcommercio da Serico-Gruppo Cresme – comuni che si concentrano lungo l'arco alpino piemontese, lombardo e friulano, lungo Alpi e Appennini liguri, lungo la dorsale appenninica tosco-emiliana e centro meridionale, nelle zone montuose interne di Sicilia e Sardegna, sugli Appennini dalla Calabria all'Abruzzo e si diffondono verso nord toccando anche le aree interne di Marche e Toscana. 

Comuni che possono puntare sul loro rilancio sociale ed economico investendo sul patrimonio ambientale e culturale che custodiscono, sulla biodiversità innanzitutto, che vede l'Italia fra i paesi più ricchi, con quasi 6.000 specie floristiche e 1.200 specie di vertebrati (più di un terzo del patrimonio faunistico europeo) che abitano in questi 2.300.000 ettari di superficie che costituiscono il sistema delle aree naturali protette.

Proprio di questo si è parlato oggi a Roma, nel corso della prima Convenzione programmatica nazionale organizzata da Legambiente e Confcommercio "Investire sul Belpaese: i servizi territoriali diffusi per la competizione globale", alla quale hanno partecipato tra gli altri, Ermete Realacci, presidente nazionale di Legambiente, Sergio Billè, presidente nazionale Confcommercio, i ministri Franco Bassanini (Funzione Pubblica), Willer Bordon (Ambiente) e Alfonso Pecoraro Scanio (Politiche Agricole); Sandro Polci di Serico - Gruppo Cresme, rappresentanti di Anci, Upi, Uncem, Federparchi, Ancim, Conferenza delle Regioni e Province Autonome, Slow Food, Confartigianato, Confesercenti, Cna e Cia.

2.830 comuni - pari al 35% del totale – in cui risiede l'8,7% della popolazione con un reddito medio inferiore del 26% alla media nazionale; dove è laureato l'1,5% dell'intera popolazione residente (rispetto alla media nazionale del 3,6); gli occupati nelle imprese private sono meno di 1/3 della media nazionale (424.631 su un totale nazionale di 13,8 milioni) e si esprime il 3,9% degli addetti al commercio (147.000 su 3.740.000) ma dove sono registrate ben 774.800 Partite Iva (14% in più rispetto alla media nazionale, ma che creano una ricchezza minore del 40% della media) a testimonianza della polverizzazione della struttura produttiva in piccole e piccolissime unità locali.

"Sono proprio questi però - ha dichiarato Realacci - i centri che custodiscono l'immenso patrimonio culturale e storico, naturale ma anche enogastronomico del Paese. E' in queste zone che troviamo vasta parte dei beni culturali nazionali, ricca di chiese e conventi, dimore storiche e giardini, archivi e biblioteche. E sempre qui alberga l'Italia dei prodotti tipici, delle tradizioni, dell'artigianato artistico, della coesione sociale. Risorse immense che, valorizzate in modo adeguato, diventano uno dei motori di un nuovo sviluppo economico del Paese, una forza nuova capace di renderci competitivi, con una nostra identità, nel processo di globalizzazione in corso".

"Far morire gli esercizi commerciali - ha dichiarato Billè - nei paesi che sono costretti a vivere sotto il livello del benessere economico è un errore grave, direi imperdonabile, perché senza queste strutture i paesi sono destinati ad una lenta ma inesorabile agonia. E se bisogna salvare il commercio e cioè la vita stessa di questi paesi bisogna fare in modo che anche le ricchezze ambientali siano salvaguardate e dotate delle necessarie infrastrutture".

La rivitalizzazione economica di queste aree passa attraverso la realizzazione di un'adeguata rete di servizi territoriali ed esercizi commerciali. Ma quali energie imprenditoriali e produttive può liberare il mantenimento di tale rete di servizi? In altre parole, quale ricchezza può generare per finanziare tali investimenti?

Investimenti realizzabili nei prossimi anni (2000 / 2006) con i fondi comunitari, anche grazie progetto della Rete Ecologica Nazionale che interessa le aree montane e insulari del Paese. In particolare il progetto Ape (Appennino Parco d'Europa) che è stato recentemente finanziato dal Cipe con 35 miliardi di lire.

LA MANUTENZIONE DEL TERRITORIO

Il dissesto idrogeologico negli ultimi 70 anni ha riguardato 2.678 comuni colpiti da frane e 1.727 da alluvioni, per un totale 4.405 comuni colpiti (oltre il 50% dei comuni italiani). L'Italia è quindi un paese ad alto rischio geologico, afflitto quasi annualmente da gravi episodi di natura ambientale ma in buona misura anche da consumo eccessivo di suolo (spesso abusivo), incuria e abbandono. Tale situazione scaturisce anche dalla mancanza di manutenzione, attività storicamente svolta dagli agricoltori ed oggi non più sviluppata adeguatamente.

Le catastrofi ambientali costano ogni anno 7 mila miliardi di lire solo per le "terapie intensive": negli ultimi 50 anni solo per far fronte ai danni derivanti dalle calamità innaturali sono stati spesi insomma 350 mila miliardi.

Esistono quindi molte opportunità in questo settore, sia per quel che riguarda l'attività di contenimento e razionalizzazione dei costi di intervento, attraverso attività manutentive di natura preventiva, sia per lo sviluppo di nuove intraprese economiche, micro-imprese, tecnologicamente e professionalmente attrezzate al mantenimento dell'assetto idrogeologico: realtà imprenditoriali, che non godranno generalmente di commesse di grande dimensione, caratterizzandosi per micro-attività puntuali e diffuse, ma che saranno in grado di attivare circoli economici virtuosi, capaci di sicuri benefici soprattutto grazie all'uso delle più moderne tecnologie (monitoraggio permanente, analisi strumentali e interventi di ingegneria naturalistica).

IL TURISMO RURALE E NATURALISTICO

Lo spazio rurale, nell'era della new economy, rappresenta un grande patrimonio, un bacino di ricchezza che, se adeguatamente valorizzato, può dare nuovo impulso alla crescita economica, nonché valide risposte all'esigenza di fruizione turistico-ricreativa. Quanto più cresce la standardizzazione e l'omologazione offerta dalla città infatti, tanto più i cittadini, "ghiotti di particolarismi", scelgono spazi alternativi, non omologati, verdi. Per essere propositivi nel mercato si deve allora strutturare un'offerta in grado di fornire servizi turistici, proporre attrattive territoriali e produrre un'identità. Proprio la frequentazione della campagna da parte di quote sempre maggiori di popolazione, rappresenta una potenzialità di rinascita degli ambiti rurali più svantaggiati e marginali. Il turismo infatti genera ricchezza locale, attraverso una valorizzazione locale delle potenzialità. Basta pensare che dagli anni settanta ad oggi il turismo rurale ha avuto una costante crescita fino ad un vero e proprio boom delle regioni più "verdi": la Valle d'Aosta (+117%), il Trentino Alto-Adige (+149%), la Sardegna (+159%), l'Umbria (+246%). A questo aumento di domanda è corrisposto un aumento di offerta che ha portato, nello stesso periodo, da 80 a 8.000 gli operatori agrituristici presenti sul territorio nazionale. Gioca qui un ruolo fondamentale il desiderio di autonomia dell'esperienza turistica; la ricerca di uno stile di genuinità e autenticità; la ricerca di di "contenuti"; la domanda sempre più orientata verso il "fuori stagione", con l'incremento dei soggiorni brevi (weekend o settimana).

Considerate le caratteristiche del territorio italiano (composto per il 57,2% da terreni coltivati, per il 32,4% da boschi, per il 4,4% da aree urbanizzate, per l'1,1% da acque e dal 4,9% da aree naturali non vegetate), e il fatto che circa 25 milioni di italiani vivono nei comuni cosiddetti "ruralissimi", possiamo ipotizzare che il turismo rurale, interessi circa il 50% del turismo verde, per un totale di 93 milioni di presenze annue e un giro d'affari di poco superiore a 6.800 miliardi. In questo contesto si inserisce l'agriturismo, che con 8,9 milioni di presenze stimate e una spesa media di 65mila lire procapite per presenza, può contare su un giro d'affari annuo di circa 578 miliardi di lire.

Ad oggi il problema principale riguarda la mancanza di una visione strategica e quindi di un'offerta sistemica del turismo rurale, priva di veri e propri progetti.

Lo sviluppo di un'offerta turistica in grado di produrre un incremento del turismo rurale, presuppone professionisti del turismo (tour operator, agenzie di viaggi) orientati verso questo segmento di domanda con precise strategie e strumenti di sostegno alle popolazioni locali, utili ad individuare quelle figure necessarie a promuovere il territorio locale recuperando stili, mestieri, ambienti e tradizioni. Le aree di intervento e le nuove figure professionali ad esse associate potranno riguardare quindi i servizi di accoglienza, accompagnamento e assistenza durante la vacanza; i servizi di trasporto; i servizi ricettivi, diffusi e a basso impatto ambientale ma ad alto impatto culturale (bed& breakfast, riuso delle abitazioni inutilizzate, ricettività en plein air); l'organizzazione di gite ed escursioni; i servizi di assistenza alla persona, compresi quelli sanitari e assicurativi; gli optional in grado di personalizzare la vacanza del cliente. Tutti elementi che Legambiente ha considerato nel progettare Compagnia dei Parchi, l'iniziativa ideata per promuovere il turismo sostenibile nelle aree protette italiane attraverso un catalogo di abitazioni disponibili per l'affitto turistico.

L'AGRICOLTURA E L'ARTIGIANATO

Da quando lo sviluppo rurale non ha più basato la propria crescita sullo sfruttamento delle risorse agricole e forestali, le politiche nazionali e locali, nonché comunitarie, hanno posto al centro dell'attenzione l'ambiente e il suo sfruttamento compatibile e sostenibile. In particolare le zone rurali presentano due "motori": uno di tipo esogeno, rappresentato dall'intervento pubblico, sotto forma di dispositivi vincolanti (norme, regolamenti) o incentivi (sovvenzioni, agevolazioni fiscali, ecc.); e uno di tipo endogeno, in grado di favorire le attività economiche durature basate sullo sfruttamento delle risorse locali (prodotti naturali e biologici, prodotti tipici, mestieri e tradizioni locali: tutte "produzioni" a basso impatto ambientale ma ad alto impatto culturale).

Esempi di strategie che in questi anni hanno promosso azioni in ambito rurale volte a ricreare un quadro competitivo per le imprese locali, possono essere le iniziative LEADER della Comunità Europea. Queste azioni hanno il minimo comun denominatore nel porre il territorio, inteso come ecosociosistema, al centro delle politiche di sviluppo, in un quadro in cui l'ambiente offre sempre più reali opportunità di sviluppo, sia in termini di sfruttamento diretto delle risorse, sia creando condizioni propizie alle attività economiche. Proprio l'esperienza di queste azioni ha evidenziato che le principali potenzialità sono da ricercarsi nella valorizzazione dell'agricoltura mediante diverse azioni, come favorire le pratiche agricole meno inquinanti o riducendo l'uso di prodotti chimici; incoraggiare l'agricoltura biologica e la gestione dinamica del rimboschimento forestale, stimolare le produzioni alternative (piante medicinali, o aromatiche, miele, razze rustiche, ecc.); aumentare il reddito proveniente da attività diverse sviluppando le già citate formule e i prodotti del turismo "verde", e le attività di valorizzazione dei prodotti locali (prodotti di fattoria, artigianali), o creare nuove opportunità nei servizi legati all'uso ricreativo dell'ambiente, alla manutenzione dei sentieri e dei corsi d'acqua, alla gestione di aree protette e alla pulizia dei siti inquinati.

Non dimentichiamo che i parchi più pregiati e la natura più ricca insistono proprio su queste aree. Le politiche ambientali quindi, offrono molte opportunità di sviluppo per le economie locali, soprattutto nei prodotti e nei servizi legati al turismo naturalistico e culturale, ma uno dei principali problemi per la promozione di un'area svantaggiata nel mercato riguarda il raggiungimento di una "massa critica", in grado di proporre non singoli esempi, ma un progetto più ampio legato al territorio e alle sue forme di sfruttamento economico ed ecologico. Si tratta cioè di mettere in atto non solo interventi puntuali a livello locale, ma di inserire questi in una offerta più ampia, nella quale trovino posto più elementi specifici in grado di connaturare un prodotto territoriale: la riconversione all'agricoltura biologica, ad esempio, dovrebbe essere condotta su scala più ampia ed interessare la totalità di un territorio. Ciò consentirebbe la creazione di unità di trasformazione e di commercializzazione dei prodotti economicamente vitali e quindi di un maggiore valore aggiunto. Questo permetterebbe inoltre di creare aree biologiche più vaste e coerenti e, contemporaneamente, più adeguate dal punto di vista ecologico.

In questo senso potranno diventare importanti ruoli quali quelli dei "coordinatori-promotori territoriali" che, attraverso tecniche di marketing territoriale siano in grado di sviluppare progetti complessivi di sviluppo produttivo a sostegno delle aree oggi ancora svantaggiate.

IL COMMERCIO

Già il Libro verde sul commercio (1996, Commissione delle comunità Europee), aveva rilevato che il commercio locale costituisce un sistema efficiente per ridurre il rischio di marginalizzazione delle popolazioni rurali, che devono poter disporre di un'ampia gamma di servizi in loco. Talvolta il commercio è indispensabile per il mantenimento di altre attività, in quanto sbocco naturale dell'artigianato locale, con un'importanza particolare per la creazione di legami sociali e il conferimento di una dimensione dinamica alla vita della comunità che si effettua largamente attraverso i piccoli negozi locali.

I negozi di vicinato sono infatti uno dei 17 settori di intervento individuati della Commissione delle comunità europee in materia di iniziative per lo sviluppo locale dell'occupazione. Coerentemente con queste indicazioni, il decreto legislativo n. 114 del 31 marzo 1998, concernente la riforma della disciplina del commercio, prevede che la Regione predisponga strumenti normativi e incentivi volti a favorire lo sviluppo della rete commerciale nelle aree montane e rurali, nonché nei Comuni, frazioni e località con popolazione inferiore a 3mila abitanti. Più in particolare, si prevede la facoltà di svolgere in un solo esercizio, oltre all'attività commerciale, altri servizi di particolare interesse per le collettività, eventualmente in convenzione con soggetti pubblici e privati. E' inoltre contemplata la possibilità che in tali aree le Regioni possano prevedere l'esenzione per tali empori polifunzionali da tributi regionali.

Anche i Comuni possono stabilire particolari agevolazioni, fino all'esenzione, per i tributi di loro competenza. Già la legge n° 97/94 sulla montagna inoltre, prevedeva analoghe facilitazioni fiscali per gli esercizi commerciali situati nei Comuni montani di minore consistenza demografica, la cui individuazione veniva rimessa alle Regioni: poche di esse hanno peraltro dato uno sbocco operativo a tale adempimento.

Le leggi regionali di attuazione del decreto legislativo n° 114 dovranno delineare concreti sbocchi operativi a tali disposizioni, incentivando gli empori polifunzionali nei Comuni montani minori, specie di media ed elevata altitudine e minore interesse turistico, assicurando la presenza di un servizio distributivo minimo alla popolazione residente ed incentivandone a un tempo la valorizzazione turistica. Secondo l'indicazione contenuta nel decreto, si tratta di contrastare la tendenza alla "desertificazione" dei servizi commerciali nelle zone montane proprio attraverso la promozione di tali empori.

Attraverso la promozione e il monitoraggio di esperienze pilota da localizzare in contesti socio-economici ed ambientali differenziati, potrebbe essere possibile individuare un nucleo base di questi servizi, ai quali altri potranno aggregarsi in relazione alle caratteristiche peculiari dei differenti insediamenti. In linea generale, unitamente ai tradizionali servizi privati, commerciali e paracommerciali (somministrazione di alimenti e bevande, rivendita di generi di monopolio, di giornali e riviste, di attività di artigianato di servizio) potrebbero essere erogati in tali empori alcuni servizi pubblici e di interesse pubblico da affidare in convenzione (servizi postali, servizi ambulatoriali di carattere igienico-sanitario, ecc.). Va del resto sottolineato che anche dall'art.53 della legge n° 449/97 viene una spinta in questa direzione: ci si riferisce alla facoltà per l'Ente Poste di stipulare nei Comuni montani contratti per l'affidamento dei propri servizi a soggetti privati, anche a esercenti di attività commerciali.

Gli empori polifunzionali potrebbero inoltre fornire servizi di supporto alla promozione turistica ed assolvere a una funzione di valorizzazione e promozione dei prodotti tipici locali, sia di carattere agro-alimentare, che di carattere artigianale. Va anche approfondita la possibilità di ideare un marchio volontario da assegnare ai punti di vendita che inseriscano nel loro assortimento una certa percentuale di prodotti tipici delle zone di insediamento, prevedendo modalità di controllo e tutela in favore dei consumatori.

Banner grande colonna destra interna

ScriptAnalytics

Cerca