In dieci anni "spariti" oltre centomila negozi dalle città italiane

In dieci anni "spariti" oltre centomila negozi dalle città italiane

Analisi dell'Ufficio Studi sulla demografia d'impresa nei centri urbani. Aumentano solo le attività di alloggio e ristorazione. Sempre più le imprese gestite da stranieri. Nei centri storici calano le attività tradizionali e crescono i servizi.

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24 febbraio 2023

C'era una volta il commercio: questo in estrema sintesi il "quadro" che emerge dalla consueta analisi dell'Ufficio Studi Confcommercio sulla demografia d'impresa (guarda il documento integrale in pdf) nelle città italiane, in collaborazione con il Centro Studi delle Camere di Commercio Guglielmo Tagliacarne. Negli ultimi 10 anni sono sparite quasi centomila attività di commercio al dettaglio e oltre quindicimila imprese di commercio ambulante. Crescono gli alberghi e i ristoranti ma senza riuscire a compensare le riduzioni del commercio.

"Complessivamente - sottolinea il direttore dell'Ufficio Studi, Mariano Bella - la doppia crisi pandemica ed energetica sembra avere enfatizzato i trend di riduzione della densità commerciale già presenti prima di tali shock. L’entità del fenomeno non può che destare preoccupazione".

 

via di negozi chiusi a Venezia

L’Italia nel complesso

Tra il 2012 e il 2022 sono sparite, complessivamente, oltre 99mila attività di commercio al dettaglio e 16mila imprese di commercio ambulante; in crescita alberghi, bar e ristoranti (+10.275); nello stesso periodo, cresce la presenza straniera nel commercio, sia come numero di imprese (+44mila), sia come occupati (+107mila) e si riducono le attività e gli occupati italiani (rispettivamente -138mila e -148mila).

Le città

Concentrando l’analisi sulle 120 città medio-grandi, la riduzione di attività commerciali e la crescita dell’offerta turistica risultano più accentuate nei centri storici rispetto al resto del comune, con il Sud caratterizzato da una maggiore vivacità commerciale rispetto al Centro-Nord.

Il tessuto commerciale nei centri storici

Cambia anche il tessuto commerciale all’interno dei centri storici con sempre meno negozi di beni tradizionali (libri e giocattoli -31,5%, mobili e ferramenta -30,5%, abbigliamento -21,8%) e sempre più servizi e tecnologia (farmacie +12,6%, computer e telefonia +10,8%), attività di alloggio (+43,3%) e ristorazione (+4%).

Desertificazione commerciale

La modificazione e la riduzione dei livelli di servizio offerto dai negozi in sede fissa confina con il rischio di desertificazione commerciale delle nostre città dove, negli ultimi 10 anni, la densità commerciale è passata da 9 a 7,3 negozi per mille abitanti (un calo di quasi il 20%). Per evitare gli effetti più gravi di questo fenomeno, per il commercio di prossimità non c’è altra strada che puntare su efficienza e produttività anche attraverso una maggiore innovazione e una ridefinizione dell’offerta. E rimane fondamentale l’omnicanalità, cioè l’utilizzo anche del canale online che ha avuto una crescita esponenziale negli ultimi anni, con le vendite passate da 16,6 miliardi nel 2015 a 48,1miliardi nel 2022. Elemento, questo, che ha contribuito maggiormente alla desertificazione commerciale ma che rimane comunque un’opportunità per il commercio “fisico” tradizionale.

 

Sangalli: "Accelerare la riqualificazione urbana"

Il presidente di Confcommercio ha commentato l’analisi dell’Ufficio Studi della Confederazione sulla demografia di impresa nelle città italiane: “La desertificazione commerciale non riguarda solo le imprese, ma la società nel suo complesso perché significa meno servizi, vivibilità e sicurezza. Occorre accelerare la riqualificazione urbana con un utilizzo più ampio e selettivo dei fondi europei del PNRR e il coinvolgimento delle parti sociali”.

 

I materiali dell'iniziativa

Di seguito l'analisi, regione per regione, e tutti i materiali dell'ottava edizione dell’Osservatorio sulla demografia d’impresa nelle città italiane e nei centri storici.

Dati dei 120 comuni medio-grandi italiani (regione per regione), di cui 110 capoluoghi di provincia e 10 comuni non capoluoghi di media dimensione (escluse le città di Milano, Napoli e Roma perché multicentriche, dove non è possibile, cioè, la distinzione tra centro storico e non centro storico). I file excel delle Regioni contengono singoli fogli con i dati relativi ad ogni città osservata.

Abruzzo Molise
Basilicata Piemonte
Calabria Puglia
Campania Sardegna
Emilia Romagna Sicilia
Friuli Venezia Giulia Toscana
Lazio Trentino Alto Adige
Liguria Umbria
Lombardia Valle d'Aosta
Marche Veneto

 

I dati più significativi di questa ricerca li possiamo sintetizzare così:

Variazioni assolute 2012-2022
- 99.031 (-18%) Negozi al dettaglio
- 16.036 (-17,1%) Imprese commercio ambulante

 

Nel commercio
- 138mila Imprese italiane
+ 44mila Imprese straniere

 

Categorie merceologiche nei centri storici
Diminuiscono Aumentano
- 38,5% Carburanti + 43,3% Alloggio
- 30,5% Mobili, ferramenta + 12,6% Farmacie
- 31,5% Libri, giocattoli + 10,8% Computer, telefonia
- 21,8% Abbigliamento + 4% Ristorazione

 

Federmoda: "Serve impegno corale  per il rilancio del tessuto urbano e commerciale" 

Federazione Moda Italia condivide le preoccupazioni del Presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli, sul rischio di desertificazione commerciale dei centri storici italiani, dove i negozi della moda contribuiscono a garantire vitalità, servizi e sicurezza e l'opportunità di accelerare il processo di riqualificazione urbana. È di 11.150 negozi la perdita registrata in Italia nel solo settore moda, abbigliamento, calzature, accessori, pelletterie, tessile casa e articoli sportivi con 11.181 addetti che hanno perso il loro posto lavoro negli ultimi tre anni. Per il presidente nazionale di Federazione Moda Italia-Confcommercio, Giulio Felloni, "la moda è un indispensabile attrattore per il nostro Paese ed è capace di creare nuovi posti di lavoro. Proprio in questi giorni di fashion week milanese ne abbiamo visto il potenziale. Ma lo shopping tourism da solo non può bastare. Occorre anche intervenire con azioni mirate ed un impegno corale da parte di tutti gli attori come Regioni, Comuni e Camere di Commercio, in collaborazione con le Associazioni di categoria, per salvaguardare un indispensabile patrimonio di identità e cultura, anche utilizzando al meglio le risorse del PNRR". "I nostri negozi- ha osservato Felloni - rappresentano, per i consumatori, non soltanto uno spazio per l’acquisto, ma anche un luogo di grande valenza sociale dove l’economia s’incrocia con una voglia di normalità e di relazione". "Invito i consumatori – ha concluso Felloni – a far vivere i propri centri acquistando nei negozi di prossimità dove cortesia, servizio e qualità sono ‘sotto casa’ ".

 

a cura di

Ugo Da Milano e Veronica Mancino 

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