Il documento presentato da Confcommercio

Il documento presentato da Confcommercio

P:01 D:12-7-2002 T: Confcommercio sul Dpef

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12 luglio 2002
Il nuovo art

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DPEF:

RIFORME STRUTTURALI E

POLITICHE PER LA COMPETITIVITA'

 

Sintesi

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Commissione Bilancio della Camera e del Senato

Audizione del 12 luglio 2002

 

 


OSSERVAZIONI AL DOCUMENTO DI PROGRAMMAZIONE ECONOMICO E FINANZIARIA 2003-2006

 

Il contesto economico di riferimento programmatico e tendenziale

 

Relativamente all’economia mondiale si sottolinea come le valutazione dell’OCSE, poste alla base dello scenario di riferimento del Governo, non incorporino gli effetti della crisi finanziaria che sta coinvolgendo il sistema americano, in conseguenza dell’emergere di irregolarità nei bilanci di alcune grandi aziende.

 

L’allargarsi del fenomeno potrebbe implicare un rallentamento nello sviluppo dell’economia americana, la cui crescita nel 2003 potrebbe risultare inferiore al 3,5% stimato dall’OCSE in conseguenza di un rallentamento degli investimenti e della domanda delle famiglie, e di altre economie industrializzate.

 

Tale evoluzione comporterebbe una ripresa più contenuta del commercio mondiale e di conseguenza anche delle esportazioni italiane.

 

Anche in presenza di un rapido rientro delle tensioni sui mercati finanziari in considerazione della correlazione esistente tra i cicli economici dei diversi paesi, e dei ritardi con cui si trasferiscono gli effetti delle diverse fasi tra sistemi, è presumibile che le incertezze che stanno condizionando l’economia mondiale si riflettano sulle dinamiche dello sviluppo italiano anche nella seconda parte del 2002.

 

Viceversa per realizzare gli obiettivi delineati dal Governo è necessario che la ripresa economica assuma toni vigorosi già nel corso del secondo semestre dell’anno in corso.

 

In assenza di dinamiche produttive significativamente diverse da quelle realizzate nel primo semestre del 2002, con uno spostamento temporale della ripresa, il trascinamento sul 2003 potrebbe risultare più contenuto rispetto a quanto preventivato dal Governo.

 

Gli scostamenti produrrebbero effetti non solo sul quadro tendenziale, ma anche sul programmatico in quanto le misure previste per sostenere la crescita potrebbero, in presenza di un quadro di riferimento significativamente diverso rispetto a quanto ipotizzato, produrre, come già avvenuto nel 2002, effetti più contenuti.

 

Relativamente agli scenari di sviluppo interni si sottolinea come già il quadro tendenziale evidenzi una crescita nel 2002 -2003 superiore rispetto a quanto lascia ipotizzare l’attuale quadro di riferimento.

 

In particolare appaiono superiori alle attese i tassi di incremento indicati per la spesa per consumi delle famiglie, il cui sviluppo nel 2002 dovrebbe approssimarsi all’1,3%, valore che stando alle dinamiche recenti appare di difficile realizzazione.

 

Su questa variabile gravano non solo le incognite legate all’effettivo incremento di reddito disponibile, ma anche quelle relative ai comportamenti delle famiglie nei confronti del risparmio.

 

Le consistenti perdite subite in termini di ricchezza finanziaria nell’ultimo anno hanno, infatti, ridotto le riserve finanziarie, situazione, che potrebbe spingere ad incrementare la propensione al risparmio in misura superiore a quanto realizzato nel 2001.

 

Tale evoluzione, unitamente ad una eredità meno positiva del 2002, potrebbe determinare un incremento dei consumi nel 2003 più contenuto rispetto al 2,7% indicato come tendenziale e determinare una minor efficacia delle previste misure di riduzione della pressione fiscale sulle famiglie.

 

Il problema più rilevante all’interno degli sviluppi dell’economia italiana è comunque quello relativo alla finanza pubblica.

 

Le politiche per lo sviluppo debbono, infatti, essere realizzate in un quadro di sostanziale miglioramento dei saldi finanziari, come richiesto dalla UE.

 

A tale riguardo si sottolinea come all’interno del documento non siano evidenziate, se non per la parte relativa agli interessi, le dimensioni delle azioni di contenimento della spesa necessarie, in un quadro di progressiva riduzione del carico fiscale su famiglie ed imprese, alla realizzazione degli obiettivi programmatici di finanza pubblica.

 

E’ evidente che solo quando si conoscerà l’esatta entità delle misure che il governo si accinge a varare si potrà verificare la corrispondenza delle politiche con gli obiettivi indicati sia in termini di sviluppo, che di controllo della finanza pubblica.

 

 

Le previsioni CONFCOMMERCIO per Il 2002-2003

 

La presenza di un contesto produttivo interno ed estero, in particolare delle economie dell’area dell’euro, in sostanziale stagnazione non permette di ipotizzare nel breve periodo una inversione delle modeste dinamiche produttive italiane.

 

Stando ai dati sulla produzione e sugli ordinativi anche il secondo trimestre dell’anno dovrebbe essersi chiuso con una crescita contenuta, evoluzione che di fatto sembra spostare la ripresa agli ultimi mesi del 2002.

 

Con queste premesse è probabile che l’anno in corso si chiuda con un tasso di sviluppo più basso rispetto a quello registrato nel 2001.

 

Il PIL dovrebbe crescere in termini reali dell’1,1%, in conseguenza di una espansione molto moderata delle esportazioni e della domanda interna.

 

Quadro Macroeconomico

(Variazioni percentuali sull’anno precedente)

 

 

2000

2001

2002

2003

PIL

2,9

1,8

1,1

2,3

Importazioni di beni e servizi

9,4

0,2

1,5

5,7

Consumi finali interni

2,5

1,4

1,0

1,6

- Spesa delle famiglie residenti

2,7

1,1

0,9

1,8

- Spesa delle AP e delle ISP

1,7

2,3

1,3

0,9

Investimenti fissi lordi

6,5

2,4

0,7

4,7

Esportazioni di beni e servizi

11,7

0,8

0,4

5,8

 

 

 

 

 

OCCUPATI (Variazioni assolute in migliaia)

388

434

259

152

INFLAZIONE

2,5

2,8

2,4

1,7

Fonte: 2000-2001 ISTAT, 2002-2003 Stime Centro Studi CONFCOMMERCIO

 

Il permanere di una dinamica contenuta della spesa delle famiglie (+0,9%) e della domanda proveniente dall’estero (+0,4%), dovrebbe determinare un grado di utilizzo degli impianti ancora inferiore alle potenzialità scoraggiando l’accumulazione di capitale.

 

Gli investimenti sono stimati crescere, infatti, nel 2002 solo dello 0,7% rispetto al 2001, uno dei valori più bassi dell’ultimo decennio.

 

Il persistere di un contesto produttivo caratterizzato da tassi di sviluppo moderati, dovrebbe cominciare a produrre nei prossimi mesi una attenuazione della tendenza espansiva del mercato del lavoro.

 

In questo panorama, di per sé non brillante, si innestano anche le preoccupazioni circa l’andamento della finanza pubblica.

 

La tendenza espansiva della spesa, in particolare di quella sanitaria, associata ad una evoluzione delle entrate inferiore alle previsioni rischia di determinare un sensibile scostamento rispetto agli obiettivi.

 

Difficilmente, visti i risultati del primo semestre, il rapporto deficit/PIL potrà scendere nel corso del 2002 sotto l’1,5%.

 

Le dinamiche che si stanno riscontrando in questi mesi e le prospettive di sviluppo del prossimo semestre rischiano di condizionare le possibilità di crescita del 2003.

 

Anche nell’ipotesi, tutta da verificare, in cui il 2002 si chiuda con uno sviluppo produttivo prossimo al 3%, evoluzione favorita anche dal confronto con periodi di crescita contenuti, la spinta propulsiva potrebbe esaurirsi rapidamente, riportando i tassi di incremento su dinamiche vicine al 2%.

 

In particolare l’accresciuta domanda proveniente dall’estero (+5,8%) connessa al miglioramento delle principali economie industrializzate non sembra in grado di stimolare un aumento sensibile del prodotto.

 

Dal lato dei consumi la dimensione della riduzione della pressione fiscale sulle famiglie non appare in grado di contrastare gli effetti negativi derivanti dal permanere di un clima di profonda incertezza. Anche nel 2003 questa variabile dovrebbe evidenziare una crescita più contenuta rispetto al PIL (1,8% a fronte del 2,3% atteso dal lato del prodotto).

 

Decisamente più positiva dovrebbe risultare la dinamica relativa agli investimenti attesi crescere del 4,7% in termini reali.

 

Il quadro di riferimento, al cui interno l’elemento più positivo potrebbe essere rappresentato dal rientro dell’inflazione su valori di poco superiori all’1,5%, lascia ipotizzare uno sviluppo del mercato del lavoro in ulteriore ridimensionamento rispetto alle dinamiche degli ultimi anni.

 

 

 

La riforma fiscale

 

L'azione di politica fiscale prospettata nel DPEF si fonda, per l'intero arco temporale preso in considerazione, sulla realizzazione della riforma fiscale e, per il 2003, su quanto esplicitato nel Patto per l'Italia, attraverso l'avvio di un primo modulo della riforma stessa.

 

Con riferimento al progetto di riforma fiscale presentato dal Governo si rimanda alle osservazioni fin qui sviluppate da Confcommercio, esprimendo ancora un giudizio abbastanza positivo sui principi ispiratori.

 

Per ciò che concerne invece il DPEF appena presentato, si possono fare alcune specifiche osservazioni sui seguenti punti:

-          pressione fiscale e rilancio dell'economia;

-          semplificazioni contabili e concordato preventivo per le PMI;

-          federalismo fiscale.

 

1)     Pressione fiscale e rilancio dell'economia

 

La riforma fiscale dovrebbe essere, nelle intenzioni del Governo, fattore di crescita dell'economia e consentire, quindi, una graduale riduzione del carico tributario su tutte le categorie di contribuenti. Tuttavia l'avvio della riforma per il 2003, come previsto anche dal Patto per l'Italia, sembra insoddisfacente rispetto all'esigenza di rilanciare il mercato interno ed i consumi. Infatti, la riduzione dell'IRPEF di 5,5 miliardi di euro per i redditi medio bassi, così come la riduzione nella base imponibile dell'IRAP della componente delle retribuzioni per 500 milioni di euro avranno effetti appena percepibili per i singoli contribuenti e perciò sulla domanda aggregata. Del resto lo stesso Documento evidenzia una significativa riduzione della pressione fiscale soltanto di qui al 2006.

Si chiede quindi un sostegno al mercato interno e ai consumi più incisivo, da realizzare attraverso condizioni di deducibilità IRPEF di una serie di costi secondo valori e criteri espressi nella delega per la riforma fiscale, sia per le famiglie che per le imprese.

 

 

2)     Semplificazioni contabili e concordato preventivo per le PMI

 

Quanto alle semplificazioni contabili e al progetto di concordato preventivo triennale per le PMI previsti nel Patto per l'Italia e nel DPEF, si può, in linea di principio, esprimere parere positivo, poiché si tratta di misure volte a ridurre gli adempimenti dei contribuenti e a rendere più chiaro e certo il rapporto fisco - contribuente. Con particolare riferimento al concordato triennale preventivo (già anticipato nel DPEF presentato lo scorso anno e nella delega per la riforma fiscale), si ritiene opportuno precisare che tale strumento di semplificazione sarà particolarmente apprezzabile se saprà valorizzare il patrimonio di esperienza accumulato in questi anni attraverso la costruzione degli studi di settore ed il rodaggio dei CAF.

 

3)     Federalismo fiscale

 

Nell'ambito delle riforme istituzionali-sociali, il Documento affronta il tema delle riforme dalla finanza pubblica e, quindi, del federalismo fiscale, richiamando l'esigenza di individuare vincoli finanziari per i vari livelli di Governo.

Su tale aspetto, non si può che ribadire quanto già affermato in altre occasioni, circa la necessità di un coordinamento tra andamento del prelievo erariale e del prelievo locale. Infatti, per rendere coerente, credibile e praticabile la riduzione della pressione fiscale non può essere trascurata la finanza locale, la quale sta mostrando segnali di crescita autonoma, non più compensati da riduzioni del prelievo erariale. L'autonomia degli enti territoriali si sta realizzando a prezzo di una nuova giungla tributaria che di fatto neutralizza gli sforzi di semplificazione e di riduzione del prelievo programmati centralmente. Bisogna individuare strumenti di monitoraggio e di controllo della pressione fiscale locale che coinvolgano gli enti territoriali, sul modello del patto di stabilità interno, in una sorta di "patto di riduzione della pressione tributaria locale" coerente con gli obiettivi più generali di politica economica decisi dal Governo.

 

Al fine di realizzare il monitoraggio e controllo di cui sopra si ribadisce anche l'esigenza di prevedere forme di consultazione periodica con i rappresentanti delle varie categorie di contribuenti e l'audizione dei soggetti interessati, prima dell'emanazione di leggi regionali in campo fiscale.

 

Un altro aspetto di rilevante importanza è la semplificazione e razionalizzazione del sistema fiscale locale; mentre infatti si assiste da alcuni anni ad un costante processo di semplificazione degli adempimenti a livello di finanza statale (di nuovo proposto nel Patto per l'Italia e nel DPEF per le PMI), sfociato nella emanazione dello "Statuto dei diritti del contribuente", lo sviluppo dell'autonomia finanziaria degli enti locali rischia di annullare completamente tali risultati positivi.

 

 

IL MERCATO DEL LAVORO

 

Per realizzare gli obiettivi di crescita dell’occupazione individuati nel recente Patto per l’Italia e, coerentemente con le indicazioni contenute nel DPEF, sono necessarie azioni strutturali volte ad un aumento significativo degli investimenti nel Mezzogiorno e, per quanto concerne i temi più strettamente attinenti al mercato del lavoro, ad una riduzione dei costi, all’aumento della flessibilità e alla semplificazione normativa, nodi che da sempre limitano l’effettivo funzionamento del mercato del lavoro:

 

·        in primo luogo sono necessarie azioni più incisive per la riduzione del costo del lavoro ed la riduzione del "cuneo fiscale" esistente tra retribuzione lorda e retribuzione netta.

 

In secondo luogo vi è poi l’esigenza:

·        che la regolamentazione legislativa dei lavoratori atipici eviti di modificarne la natura;

·        che la riforma del collocamento abbia a riferimento: la semplificazione degli adempimenti burocratici legati alle assunzioni e trasformazioni dei rapporti di lavoro; la valorizzazione del ruolo delle organizzazioni imprenditoriali, nella gestione decentrata delle funzioni del nuovo collocamento, sia dal punto di vista operativo, sia dal punto di vista certificatorio.

 

Relativamente alla flessibilità in uscita si sottolinea come sia necessario creare un contesto di maggiore condivisione sociale attraverso percorsi concordati bilateralmente con i sindacati.

 

Riordino incentivi

Appare condivisibile ed in linea con quanto avviene negli altri Paesi europei, l’introduzione di incentivi alla permanenza in attività dei lavoratori maturi nonché la previsione di disincentivi al pensionamento, purché alle norme facciano seguito regolamenti attuativi semplici e certi.

Part-time: è indispensabile rimuovere le ancora troppo evidenti rigidità in materia di riduzioni contributive per le assunzioni part-time a tempo indeterminato, solo espansivi, nonché l’esclusione per quelle a tempo determinato. Infatti, è inconcepibile che l'unico stanziamento di fondi dedicato (200 miliardi per il 2000) sia stato pressoché inutilizzato.

Formazione e lavoro

1. Apprendistato

Si riscontrano le seguenti priorità:

·      innalzare ope legis fino a 29 anni, (almeno per i giovani in possesso di laurea), l’età prevista per l’assunzione di apprendisti in considerazione del ridimensionamento dello strumento dei contratti di formazione e lavoro ad opera della U.E.;

·        perseguire l’obiettivo del coinvolgimento delle parti sociali e delle loro strutture organizzative, nonché degli enti bilaterali nei processi e nelle procedure inerenti alla gestione dell’apprendistato, in sostituzione del nullaosta degli Ispettorati del lavoro;

·        assegnare adeguate risorse per lo svolgimento dell'attività di tutor di cui all'art. 16 della L. 196/97 qualora essa sia svolta direttamente dal titolare dell'impresa o dai familiari coadiutori e prevedendo in aggiunta un meccanismo di coordinamento e certificazione da parte delle Associazioni imprenditoriali dei settori interessati;

·        abrogare il divieto di lavoro notturno e straordinario per i lavoratori apprendisti maggiorenni in ragione dell’innalzamento dell’età per l’assunzione di apprendisti introdotto dall’art. 16 della legge 196/97.

 

2. Contratti di Formazione e Lavoro (CFL)

Anche nell’ottica di realizzare una normativa compatibile con le decisioni assunte dalla Commissione Europea, può essere condivisibile mantenere l’istituto in funzione dell’inserimento e la ricollocazione dei disoccupati di lunga durata, senza limitazioni collegate con l’età anagrafica.

 

3. Tirocinio d’impresa

Lo strumento può rappresentare una valida misura diretta a favorire la nascita di nuova imprenditoria giovanile.

 

Va realizzato attribuendo una funzione determinante di tutoraggio ed accompagnamento alla professione alle associazioni di categoria e/o ai loro enti strumentali.

 

Una considerazione meritano i Piani di Inserimento Professionale, nei confronti dei quali le imprese hanno mostrato il loro favore facendone largo uso e trasformandone la quasi totalità in rapporti a tempo indeterminato.

I PIP non hanno trovato ulteriori finanziamenti, in occasione del varo della legge finanziaria per il 2002.

 

In un'ottica di utilizzo di buone pratiche andrebbe invece prevista l'introduzione nel panorama normativo in via definitiva, con uno stanziamento da individuare anno per anno. Andrebbero, pertanto viste delle vie alternative di sgravio per le aziende che svolgono autonomamente attività di formazione continua, senza intaccare i contributi individuati, che peraltro, rappresentano un solido sostegno alla bilateralità.

 

Ammortizzatori Sociali

 

La valorizzazione delle risorse umane e l’enfatizzazione del ruolo della formazione devono costituire l’elemento qualificante del nuovo impianto normativo.

Innalzare i livelli di tutela e prevedere trattamenti omogenei presuppone il passaggio ad un'unica prestazione, in sostituzione degli attuali trattamenti diversificati.

 

In tale ottica vanno previsti schemi di protezione più ampi, sulla base di accordi fra le parti e senza oneri per lo Stato (Enti Bilaterali).

 

Il nuovo assetto dovrebbe, in ogni caso, rispettare alcune condizioni indifferibili:

 

·        attribuire alla contrattazione collettiva il compito di individuare i settori di applicazione della specifica normativa;

·        evitare oneri aggiuntivi per le imprese modulando in maniera diversa l'attuale carico contributivo;

·        eliminare i costi fiscali connessi all'utilizzo del lavoro (ad es. IRAP).

 

Ad ogni modo, il DPEF dovrebbe individuare le risorse disponibili per la riforma, che non può essere a costo zero.

 

La revisione passa attraverso tre strumenti:

 

1.      legge quadro di riforma che prevede l’introduzione di una prestazione di base sostitutiva delle precedenti forme di sostegno;

2.      contrattazione collettiva, che definisce i trattamenti integrativi,

3.      trasferimento di alcuni oneri sulla fiscalità generale.

 

 

la riforma del sistema previdenziale

 

La delega non ha introdotto inasprimenti contributivi o tagli alle prestazioni.

Separazione previdenza /assistenza

In materia di previdenza il punto di partenza deve essere rappresentato dalla definitiva separazione tra la spesa previdenziale e quella assistenziale.

 

Decontribuzione

La proposta di ridurre da 3 a 5 punti percentuali le aliquote contributive per i lavoratori neoassunti introduce sicuramente un meccanismo diretto di riduzione del costo del lavoro.

La mancanza di specifiche coperture degli oneri conseguenti al processo di alleggerimento del costo del lavoro pone la necessità di raggiungere un punto di equilibrio fra riduzione contributiva e salvaguardia dei bilanci degli enti previdenziali.

 

Potrebbe risultare opportuna l’introduzione di un'aliquota di scopo che coinvolga l'intera collettività nel processo di adeguamento del sistema previdenziale.

Questa soluzione non interromperebbe il rapporto intergenerazionale, ed eviterebbe prevedibili tensioni sociali connesse con la difesa ad oltranza di interessi di parte. Allo stesso tempo verrebbero allontanate le preoccupazioni manifestate da chi teme riflessi negativi sulla tenuta dei conti previdenziali.

 

Previdenza complementare

Il trasferimento del TFR ai fondi pensione impone compensazioni per le imprese in termini di agevolazioni contributive, fiscali e per l’accesso al credito.

Ciò anche nell’ottica di un conferimento totale del TFR maturando ai fondi pensionistici di origine contrattuale, attraverso il cosiddetto silenzio-assenso.

E’ questa l’unica strada per riconoscere il ruolo sociale, oltre che finanziario, della previdenza complementare.

 

La riforma della sanità

 

L’impegno a razionalizzare la spesa sanitaria può contribuire all’evoluzione del sistema sanitario verso un modello più vicino alle esigenze dei cittadini e più coerente con i vincoli di contenimento della spesa pubblica.

A fronte di un indebitamento sanitario dell’ordine di 60 miliardi di euro – di cui circa 33 miliardi a carico delle Regioni e circa 27 miliardi a carico dello Stato – si può e si deve intervenire con misure strutturali.

 

E’ necessario accelerare un modello di sistema sanitario maggiormente orientato al confronto competitivo tra pubblico e privato.

 

Non si tratta di rendere residuale il servizio pubblico, ma al contrario di valorizzare i fondi sanitari integrativi già esistenti. Allo stesso tempo è condivisibile la volontà di diffondere forme mutualistiche di categoria sostitutive o integrative.

 

LA RIFORMA DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E LE POLITICHE DI RAZIONALIZZAZIONE DEGLI ACQUISTI

 

Si condivide l’affermazione esplicita del legame tra performance del sistema-paese e capacità del settore pubblico di erogare servizi adeguati alle esigenze dei cittadini e delle imprese.

 

La riduzione dei compiti e delle funzioni che gravano sulla PA, l’affidamento a terzi di attività e processi per quei servizi che meglio potrebbero essere gestiti da privati o che comportano inefficienze gestionali da parte della PA, la razionalizzazione delle procedure di acquisto di beni e servizi sono i temi sul tappeto.

 

Alcuni iniziative di collaborazione recentemente avviate tra Governo e Confcommercio - come la sigla del Protocollo con la Funzione pubblica - si muovono proprio in questa direzione e sono funzionali al raggiungimento degli obiettivi prefissati nel DPEF.

 

Il miglioramento del livello di servizio della PA è però legato anche alla diffusione dell’uso delle nuove tecnologie.

 

Sotto questo profilo sottolineiamo la necessità di un costante coinvolgimento delle associazioni imprenditoriali nel programma di razionalizzazione della spesa per l’acquisto di beni e servizi della PA.

 

Mercato dei capitali, privatizzazioni e sviluppo economico

 

I punti fondamentali del rapporto tra mercato dei capitali e sviluppo economico sono:

 - lo sviluppo delle aziende non può prescindere dalla crescita dei mezzi finanziari disponibili;

 

-         il modello di azionariato diffuso è, assieme ad una maggiore apertura verso i canali finanziari esteri, il principale strumento capace di mobilitare le risorse finanziarie necessarie allo sviluppo;

 

-         la Corporate Governance deve assumere norme e comportamenti che assicurino tutela per glia azionisti di minoranza ed indipendenza del management;

 

-         il rapporto tra impresa e territorio deve anche contemplare l'aspetto delle risorse finanziarie necessarie ad intervenire sul contesto e sui sistemi di servizio capaci di assicurare una ambiente in grado di favorire le attività produttive;

 

-         solo la sinergie tra più soggetti, locali, nazionali ed internazionali, pubblici e privati consente la mobilitazione delle risorse necessarie allo sviluppo delle attività d'impresa e del territorio.

 

In tema di rapporto tra banca, impresa e sviluppo è fondamentale il ruolo delle Fondazioni Bancarie.

 

L'uscita delle Fondazioni dal capitale delle banche, in linea con le direttive del Decreto Ciampi, concorrerà indirettamente alla ricomposizione complessiva del capitalismo italiano.

 

Le Fondazioni bancarie incidono sullo sviluppo delle imprese anche attraverso l'azione che esse svolgono nei confronti del contesto economico territoriale. Il recente provvedimento Tremonti, ed in particolare le norme che attribuiscono agli Enti Locali una quota ancor più rilevante del controllo della gestione delle Fondazioni, riduce, peraltro, il grado di partecipazione delle componenti produttive locali alle scelte strategiche delle Fondazioni stesse. Ciò rischia di ridurre l'efficacia dello strumento delle Fondazioni ai fini dello sviluppo economico territoriale.

 

IL COMMERCIO

 

Merita un deciso apprezzamento il riferimento contenuto nel paragrafo Commercio Assicurazioni e Turismo alla valorizzazione dei centri commerciali naturali, che debbono costituire, a nostro avviso, un asse portante nell’attuazione della riforma del commercio avviata con il decreto legislativo 114 del 1998.

 

Per realizzare un centro commerciale naturale che sia effettivamente un punto di riferimento e di attrattività per la popolazione, che si ponga in sintonia e valorizzi le caratteristiche monumentali, paesaggistiche ed urbanistiche della zona non basta assicurare l’assortimento merceologico degli esercizi di vicinato.

 

Occorre progettare e realizzare un disegno organico che assicuri una equilibrata presenza delle diverse tipologie distributive, alcune delle quali possano fungere da volano dell’iniziativa, in un contesto unitario di arredo urbano, di servizi, di infrastrutture.

 

Un ruolo prioritario nella progettazione, nella realizzazione e nella gestione di questi centri commerciali naturali deve essere affidato agli operatori, riuniti in consorzio o attraverso le organizzazioni di categoria, valorizzando le funzioni che lo stesso decreto Bersani ha attribuito ai Centri di Assistenza Tecnica.

 

 

LA RIFORMA DELLA SCUOLA DELL'UNIVERSITA' E LA RICERCA

 

Non è assolutamente condivisibile l'impostazione che, ancora una volta, prevede interventi a sostegno della ricerca per le sole attività industriali.

L'esigenza di ricerca, di modernizzazione e di adeguamento del sistema economico italiano è di carattere complessivo e riguarda la totalità dei settori produttivi. E' quindi necessario sostituire la dizione "settore industriale" con "settori economici".

 

E’ condivisibile, peraltro, la volontà di incentivare processi di ricerca destinati a piccole e medie imprese in forma singola od associata.

 

 

CREDITO E CONFIDI

 

In tema di CONFIDI è estremamente importante valutare la modifica delle regole della ponderazione del rischio bancario conseguente alla futura attuazione dei nuovi accordi di Basilea.

 

Alcune Banche stanno già cominciando, qualche volta in modo strumentale, ad adottare i nuovi parametri e le cose da fare sono tante e presuppongono chiari interventi sul piano politico.

 

Ciò che ci attendiamo è una decisa presa di posizione nei confronti del Parlamento e della Commissione europea per rappresentare gli interessi delle PMI che rischiano di essere espulse dal mercato del credito o di potervi accedere a tassi estremamente onerosi.

 

Una pedissequa applicazione delle nuove regole di Basilea comporterebbe criticità tali, da mettere a rischio il sistema dei CONFIDI, sia in campo commerciale che in altri settori (artigianato, ecc.).

 

E’ necessario intervenire sul Fondo centrale di Garanzia per le PMI (legge 266/97):

·        per una ripartizione delle risorse tra i diversi settori economici prevedendo nel contempo criteri di valutazione diversificati per tipologie di attività e che considerino le differenti tipologie dimensionali d’impresa;

·        al fine di ridefinire le modalità operative del Fondo valorizzando le attività di controgaranzia e cogaranzia ed escludendo la garanzia diretta a favore delle banche.

 

 

POLITICHE PER IL MEZZOGIORNO

 

La Confcommercio condivide i principali obiettivi di fondo del DPEF, già sottoscritti nel Patto per l’Italia, per lo sviluppo del Mezzogiorno e in particolare:

 

·        il conseguimento di un tasso di crescita “significativamente e stabilmente” superiore a quello medio dell’Unione europea;

·        la necessità di mantenere un flusso di “risorse aggiuntive” per investimenti pubblici e incentivi in una percentuale del PIL pari a quella media degli ultimi anni;

·        l’obiettivo di portare la quota media di spesa in conto capitale destinata al Mezzogiorno al 45% del totale della spesa, e ad assicurare il 30% degli investimenti del settore pubblico allargato;

·        l’avvio di processi di modernizzazione e di coordinamento delle amministrazioni centrali e regionali, e la migliore gestione del processo di attuazione del titolo V della Costituzione.

 

Rispetto agli strumenti proposti si sottolinea la necessità di una complessiva attenzione al sistema della piccola e media impresa, a cominciare dagli interventi di sostegno al credito (come il condiviso potenziamento e ristrutturazione del Fondo di garanzia, tenendo conto delle regole di Basilea).

 

Anche i processi di localizzazione delle attività produttive nelle aree del sud e l’attrazione di investimenti attraverso l’utilizzo dei Contratti di programma, devono dar vita ad azioni integrate alla realtà produttiva della piccola e media impresa esistente, in particolare dei servizi e del turismo.

 

In tal senso è importante che il prossimo lavoro di Sviluppo Italia sia anche rivolto al sostegno dei processi di qualificazione, integrazione e innovazione dell’imprenditoria locale, con un raccordo stretto con le parti sociali.

 

Si ritiene inoltre di dover sottolineare l’importanza di altre azioni specifiche per il Mezzogiorno:

 

·        il miglioramento complessivo delle condizioni dei territori, e il recupero delle aree compromesse a cominciare da quelle costiere, per cui andrebbero previsti appositi piani di investimento concordati con le regioni;

·        nell’ambito delle grandi opere infrastrutturali, lo sviluppo del progetto alternativo di comunicazione soprannominato “autostrade del mare”, per cui sono necessari strutture efficienti per l’approdo e la viabilità;

·        un programma di promozione del turismo che identifichi nuovi poli di offerta di qualità e ne accompagni la crescita, abbassi il costo del trasporto, promuova un polo formativo di eccellenza;

·        la promozione di misure di contesto per la diffusione delle tecnologie informatiche, a partire dalla formazione di nuove figure professionali, fino al sostegno alle imprese che introducono nuove tecnologie come quelle necessarie ad adempiere alle normative sulla tracciabilità alimentare.

 

 

POLITICHE ENERGETICHE ED UTILITIES

 

 

In Italia il valore medio delle tariffe elettriche per le imprese del commercio, del turismo e dei servizi presenta un differenziale di oltre il 20% rispetto ai prezzi pagati negli altri Paesi dell’Unione.

 

Tale scostamento, che già si registra al netto della fiscalità, viene poi ulteriormente esasperato dalle componenti fiscali, le quali concorrono in misura rilevante a produrre distorsioni nei meccanismi concorrenziali sui mercati nazionali e internazionali.

La necessità di una rapida liberalizzazione del settore unitamente alla promozione di una politica energetica maggiormente orientata alle fonti alternative, devono essere pertanto considerate come priorità strategiche per il nostro Paese.

 

Ma la realizzazione di un libero mercato dell’energia non dipende, tuttavia, solo dal suo effettivo grado di apertura. La liberalizzazione dell’accesso alla rete e, quindi, la possibilità di disporre di strutture logistiche di produzione e commercializzazione, come linee di trasporto, impianti di generazione e stoccaggi, riveste un ruolo altrettanto fondamentale sia per la flessibilità dell’approvvigionamento che per le scelte del consumatore finale.

Condividiamo le misure proposte nel Dpef volte a promuovere un programma strutturale di interventi per incrementare la capacità di interconnessione sia con l’estero sia fra le reti interne.

Riteniamo tuttavia necessaria una politica volta a contenere l’eccessivo prelievo fiscale sull’elettricità e il gas, riformulando l’attuale disciplina sulle addizionali degli enti locali sui consumi di energia, che continua ancora oggi a penalizzare le utenze a minor consumo di elettricità rispetto ai grandi consumatori industriali.

 

Ulteriore contributo per il contenimento dei costi energetici per le piccole e medie imprese riguarda la necessità di una modifica sostanziale delle modalità di assegnazione degli incentivi al consumo dell'energia prodotta da fonti rinnovabili (CIP/6), attualmente fruibili solo da parte dei grandi consumatori di energia elettrica.

 

Sarebbe infatti opportuno estendere a tutti i soggetti la possibilità di partecipare alle aste Cip 6 o, in alternativa, sopprimere il meccanismo d’asta e ripartire uniformemente tra tutti i clienti il maggior costo di produzione dell’energia verde.

 

 

POLITICHE AMBIENTALI

 

In Italia l’ambiente costituisce ancora oggi un pesante vincolo alla crescita e allo sviluppo delle imprese, a causa di una legislazione complessa ed articolata, caratterizzata da una eccessiva frammentazione di competenze amministrative tra le diverse autorità e, in alcuni casi, da sovrapposizione delle stesse nella medesima materia.

 

Tale situazione produce inevitabilmente elevatissimi costi sull’intero sistema produttivo determinando, di conseguenza, una rilevante perdita di competitività sui mercati nazionali ed internazionali.

 

Si ritiene pertanto non più rinviabile una riforma complessiva dell’intero sistema ambientale che sia orientata anche al sostegno delle realtà produttive di più ridotte dimensioni, attraverso una drastica riduzione degli eccessi di regolazione e di burocrazia che ancora oggi rendono particolarmente oneroso il libero svolgimento delle attività economiche e produttive.

 

Occorre inoltre promuovere una politica premiale per le imprese impegnate a migliorare le proprie performances attraverso la diffusione delle cosiddette buone pratiche ambientali.

 

Nell’apprezzare la previsione contenuta nel Dpef di un riconoscimento di condizione privilegiata alle aziende registrate EMAS riteniamo tuttavia che le stesse misure incentivanti debbano essere estese anche alle aziende certificate ISO 14000.

Ciò in quanto le piccole e piccolissime imprese difficilmente dispongono delle necessarie risorse organizzative ed economiche per implementare un sistema di gestione ambientale secondo le norme EMAS.

 

Una politica siffatta, riducendo il monte ore che l’azienda normalmente impiega per assolvere agli impegni amministrativi (si tratta di pratiche e modelli riguardanti le varie forme ed aspetti di gestione dei rifiuti, di emissioni in atmosfera, di scarichi idrici, ecc.) comporterebbe ingenti risparmi per l’intero sistema economico.

 

Inoltre, il sistema delle semplificazioni procedurali, stimolando all’adozione di modelli aziendali più orientati alla consapevolezza e al rispetto delle norme cogenti, determinerebbe ulteriori risparmi per l’intero apparato pubblico in termini di minori spese per controlli, accertamenti ed irrogazione di sanzioni.

 

 

SICUREZZA NEI LUOGHI DI LAVORO

 

Un numero esorbitante di direttive comunitarie, leggi e regolamenti nazionali ha innovato profondamente la legislazione sulla sicurezza, prevedendo un complesso sistema di azioni e responsabilità da parte di tutti i soggetti che interagiscono nel lavoro: imprenditori, lavoratori, organi di vigilanza, parti sociali.

 

Anche in questa materia ogni intervento è accompagnato da una notevole complessità procedurale e dalla necessità di assunzione di impegni organizzativi e finanziari di notevole portata.

 

E’ indubbio che sia nell’interesse delle imprese introdurre sistemi di prevenzione aziendale che riducano i rischi di infortuni e malattie professionali, anche in ragione dell’alto costo economico e sociale che gli incidenti comportano.

 

Pur non essendo stato fatto espresso riferimento nel Dpef alla necessità di interventi in materia riteniamo tuttavia non più rinviabile l’elaborazione di un testo unico delle leggi sulla sicurezza che sia anche l’occasione di una generale rassegna e razionalizzazione dell’intera disciplina, eliminando disposizioni ripetitive ed inutili.

 

Nelle more di una revisione generale della normativa si ritiene comunque necessario operare attraverso le seguenti priorità:

 

·          Attuare le indispensabili semplificazioni derivanti dagli obblighi previsti dalla normativa vigente al fine di rendere più applicabili le disposizioni di sicurezza nelle PMI;

·          Introdurre delle efficaci ed efficienti misure di sostegno per le PMI con l’obiettivo di coinvolgere in questo grande impegno gli operatori di tutti i settori produttivi;

·          Migliorare e rendere più efficiente l’attività di vigilanza e controllo, immaginando anche il coinvolgimento delle associazioni di categoria, per un impegno straordinario ma sicuramente molto positivo.

 

 

POLITICHE DEI TRASPORTI

 

La legge Obiettivo può avere senza dubbio una sua efficacia operativa soprattutto perché consente lo snellimento delle procedure per l’avvio e la messa in opera dei cantieri. Ma non è ancora chiaro quante risorse siano davvero disponibili per la realizzazione di questo programma e quali siano le vere priorità.

 

La concentrazione nel corso degli ultimi 25 anni degli investimenti nel solo settore dell’Alta velocità e nell’allargamento delle sedi autostradali, non ha consentito di affrontare quella serie di problemi infrastrutturali che oggi assillano tutta l’area della mobilità urbana.

 

La politica infrastrutturale e quella logistica costituiscono il nocciolo duro della società dei servizi di questo nuovo Millennio.

 

E’ dunque inutile invocare liberalizzazioni tanto astratte quanto inefficaci per il nostro sistema dei trasporti, se non si affrontano i nodi reali dei valichi alpini, delle autostrade del mare e dell’intermodalità rispetto all’egemonia dei corridoi est-ovest.

 

Ecco un bel dossier da discutere in Europa e da far valere rispetto alla richiesta di restituzione del bonus, che mette seriamente a rischio il futuro dell’autotrasporto italiano.

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