Rapporto sulle economie locali

Rapporto sulle economie locali

Anni 2004-2006

DateFormat

9 gennaio 2007

PREMESSA

Quale è stata la dinamica economica del sistema Italia negli ultimi anni dal punto di vista dell'evoluzione dei sistemi economici locali?

Prendendo in considerazione alcuni indicatori economici a livello sub-nazionale, il presente rapporto individua gli elementi caratteristici che hanno contraddistinto il recente sviluppo nelle nostre regioni e i problemi che emergono nella prospettiva di crescita di medio e lungo termine.

Non si è trattato, pertanto, di analizzare i fenomeni da un'angolazione alternativa allo studio dell'andamento economico complessivo del sistema Italia, ma di utilizzare un approccio che aiuti a decifrare la complessa articolazione che tale sistema esprime sul territorio e che si concretizza con l'esistenza di più modelli di sviluppo.

La dimensione locale dello sviluppo, infatti, tende ad acquisire sempre di più un ruolo significativo per l'attuazione di politiche che tendano a valorizzare maggiormente le risorse economiche, ambientali e culturali del territorio.

Allo stesso tempo rappresenta un fattore determinante in una fase in cui per le imprese diventa pressante la sfida della globalizzazione che impone di operare in ambiti territoriali favorevoli dal punto di vista delle infrastrutture e dei costi di produzione.

Per la stesura del rapporto sono state utilizzate le stime di Prometeia integrate dai dati congiunturali (forze lavoro, export e imprese) disponibili da altre fonti, dal momento che le informazioni della contabilità territoriale dell'ISTAT non consentono di avere un quadro aggiornato al 2006 dell'andamento economico locale1.

La prima parte del rapporto analizza l'andamento dell'economia delle quattro ripartizioni territoriali prendendo in esame per il periodo 2004–2006 alcuni indicatori economici quali il Pil, i consumi, gli investimenti e le unità di lavoro.

Nella seconda parte si mettono a confronto le regioni per il periodo 2004–2006 analizzando gli andamenti del Pil, della spesa per consumi delle famiglie, degli investimenti, delle esportazioni, dell'occupazione, delle imprese con particolare riferimento ai settori del commercio, degli alberghi e pubblici esercizi e dei servizi.

Chiude il rapporto una sezione con allegati statistici in cui sono contenuti gli stessi indicatori per ogni regione.

Dall'analisi svolta si possono evidenziare alcuni aspetti che hanno caratterizzato lo sviluppo delle economie locali nel periodo preso in esame.

Se il 2005 è stato caratterizzato da una strutturale stagnazione dell'economia nazionale con ripercussioni analoghe nelle diverse ripartizioni, il 2006 ha mostrato viceversa i segnali di una ripresa dell'attività produttiva con una crescita del PIL dell'1,7%. A livello territoriale il Nord-Est ed il Centro hanno registrato nel 2006 un andamento del PIL sopra la media nazionale (+1,8%), mentre le regioni meridionali e quelle del Nord-Ovest sono cresciute ad un ritmo più contenuto (+1,6%). A livello regionale gli andamenti sono molto differenziati: Valle d'Aosta, Campania e Puglia hanno chiuso il 2006 con una crescita superiore al 2%, mentre per Piemonte, Umbria, Abruzzo, Basilicata e Sicilia il Pil ha superato di poco l'1%. In forte difficoltà risulta ancora la Calabria dove il Pil ha registrato solo un +0,6%.

Resta ancora distante il livello di sviluppo economico tra il Mezzogiorno ed il resto del Paese nonostante negli anni passati il processo di sviluppo dell'area abbia registrato passi in avanti. Le performances recenti dell'economia della ripartizione indicano, infatti, che il ciclo positivo si è interrotto: nel 2004 al Sud la crescita è stata dello 0,6% (media Italia +1,2%), mentre nel 2005 l'economia dell'area ha registrato una decisa frenata (-0,2%) rispetto alla variazione nulla della media nazionale. E anche se il Pil nel 2006 ha registrato segnali di recupero (+1,6%), non si sono avuti effetti decisivi nella riduzione del divario.

Anche il Nord-Est dopo essere stato il motore dell'economia italiana è tornato ad avere un trend di crescita "normale" (+0,4% nel 2005 e +1,8% nel 2006) in linea con l'Italia e l'Europa. I fattori che avevano assicurato il "miracolo economico" per quest'area hanno esaurito la loro forza propulsiva ed ora si tratta di governare la transizione verso nuovi modelli di sviluppo.

L'andamento della spesa per consumi delle famiglie evidenzia una forte caratterizzazione territoriale. Nel 2006 tale indicatore ha mostrato a livello nazionale una ripresa rispetto all'andamento negativo del 2005. In particolare, sono le regioni meridionali (+1,9%) e quelle centrali (+1,7%) a registrare gli incrementi più significativi rispetto all'anno precedente, mentre nel Nord del Paese la crescita è stata più contenuta; nonostante questo andamento la distanza tra i livelli di consumo del Sud e del resto del Paese rimane ancora elevata. A livello regionale, nel 2006 Molise, Marche, Abruzzo e Sicilia si sono distinte per la crescita dei consumi che ha superato il 2%, mentre Piemonte e Liguria sono le regioni in cui la domanda delle famiglie ha registrato andamenti decisamente più contenuti.

La ripresa di un nuovo ciclo di investimenti in macchinari e impianti è risultata più consistente nel Mezzogiorno dove la crescita è stata pari al +7%; a livello regionale si segnalano, in particolare, le performance positive di Molise (+8,7%), Campania (+8,4%), Sicilia (+8,2%) e Friuli Venezia Giulia (+7,6%).

I dati relativi al periodo gennaio-settembre 2006 hanno registrato una ripresa delle esportazioni che ha riguardato tutte le ripartizioni, ma incrementi superiori alla media nazionale hanno interessato l'Italia Centrale (+10,7%) dove è cresciuto l'export del sistema produttivo delle Marche (+17,7%), aumenti leggermente superiori alla media si registrano anche nel Nord-Ovest (+7,6%) e nel Mezzogiorno (+7,5%) grazie al contributo della Basilicata (+65,1%) e della Sardegna (+21,4%).

L'occupazione nel 2006 ha mostrato segnali di crescita derivanti soprattutto dalla regolarizzazione degli immigrati e dalle forme di lavoro atipiche. Il Mezzogiorno è l'area che ha mostrato il maggior incremento occupazionale (+1,2%).

Dal punto di vista del mercato del lavoro il divario tra il Sud ed il resto del Paese resta ampio. Il tasso di disoccupazione nel 2006 è risultato in ulteriore calo soprattutto nel Mezzogiorno, dove in ogni caso la media della ripartizione si è attestata al 12,3%, un dato comunque quasi doppio rispetto valore medio nazionale.

La dinamica imprenditoriale ha registrato nei primi nove mesi del 2006 un maggior numero di chiusure di imprese anche per il terziario di mercato (-22.038). La maggior parte delle chiusure ha, peraltro, riguardato il commercio e il turismo per effetto soprattutto dei processi di concentrazione in atto nei due settori. Tuttavia, il terziario nel suo complesso regge ancora dato l'alto numero delle imprese non classificate che va presumibilmente attribuito ai servizi di mercato.

Sul territorio gli andamenti risultano differenziati. Per quanto riguarda gli il commercio, gli alberghi e i pubblici esercizi nel periodo 2004–2006 tutte le ripartizioni, ad eccezione del Mezzogiorno, hanno evidenziato un numero maggiore di chiusure di imprese rispetto alla nascita di nuove. Nel 2006 anche le regioni del Sud hanno registrato saldi negativi, interrompendo in pratica quel processo che da alcuni anni vedeva quest'area distinguersi dal resto del Paese per una crescita della rete delle imprese, soprattutto del terziario di mercato, settore che offriva maggiori opportunità di iniziative imprenditoriali per molti giovani alla ricerca di un impiego.

1. GLI INDICATORI MACROECONOMICI PER RIPARTIZIONE GEOGRAFICA

1.1 QUADRO NAZIONALE

Dopo la fase critica attraversata dall'economia dal nostro paese nel 2005 in cui le dinamiche produttive hanno registrato un carattere di strutturale stagnazione e si sono mostrate scarsamente reattive alle sollecitazioni provenienti dal contesto internazionale, il 2006 ha mostrato qualche segnale di ripresa dell'attività produttiva portando il Pil ad una crescita dell'1,7%.

Al miglioramento hanno contribuito, nel corso dell'anno, tutte le componenti, anche se le dinamiche più favorevoli si sono registrate dal lato degli investimenti (+2,6%), e in particolare quelli in macchine e attrezzature (+6,1%). Per contro, la domanda per consumi delle famiglie (+1,9%) continua ad evidenziare un andamento non brillante, sintomo delle difficoltà che ancora interessano questa fondamentale variabile dell'economia italiana.

Tab. 1 – ITALIA, INDICATORI MACROECONOMICI*
(Variazioni % sull'anno precedente)

  2004 2005 2006**
PRODOTTO INTERNO LORDO 1,2 0,0 1,7
CONSUMI FINALI INTERNI 1,1 0,2 1,5
- Spese per consumi finali delle famiglie 1,2 -0,1 1,9
- Spese per consumi finali AA. E ISP. 0,7 1,2 0,3
INVESTIMENTI FISSI LORDI 2,1 -0,6 2,6
- Costruzioni 3,1 0,5 2,2
- Macchine, attrezzature, mezzi di trasporto e altri prod. 1,3 -1,5 6,1
UNITÀ DI LAVORO TOTALI 0,8 -0,4 1,1
REDDITO DISPONIBILE (prezzi correnti) 4,6 2,8  
* Prezzi costanti
** Gennaio-settembre 2006 –Dati contabilità nazionale ISTAT
Fonte: Elaborazioni Centro Studi Confcommercio su dati PROMETEIA

In questa situazione l'occupazione non sembra aver beneficiato di incrementi significativi di occupati in quanto la crescita nel 2006 si è attestata all'1% un risultato che non sembra, quindi, apportare ampi benefici in termini di nuovi occupati.

Sull'andamento dell'economia italiana continuano a permanere, tuttavia, una serie di incertezze sia dal lato delle famiglie che delle imprese, quali ad esempio la crescita contenuta del reddito disponibile delle famiglie (fisco, maggiori oneri per mutui e credito al consumo legati all'aumento dei tassi di interesse, contenute dinamiche occupazionali) e per le imprese il permanere di tensioni sul versante dei costi delle materie prime energetiche.

1.2 NORD-OVEST

L'andamento economico del Nord-Ovest che costituisce, dopo il Sud, l'area più abitata del nostro Paese e che fornisce il più elevato contributo alla ricchezza prodotta, ha evidenziato a partire dal 2004 un modesto ritmo di sviluppo rispecchiando il periodo di bassa crescita che ha caratterizzato il nostro paese.

Il Pil della ripartizione ha segnato nel 2004 una modesta ripresa (+1,1%) in linea con il dato nazionale (+1,2%), grazie alla spinta dei consumi delle famiglie e degli investimenti fissi specie per quanto riguarda le costruzioni.

Più critico il dato del 2005 in quanto le stime del Pil evidenziano una frenata (–0,2%) ancora più accentuata rispetto alla stazionarietà registrata dall'Italia, a causa del fatto che sia la domanda interna che gli investimenti non hanno dato alcun contributo positivo alla crescita dell'economia dell'area.

Il 2006 si è chiuso con un bilancio positivo per l'economia della ripartizione con un incremento del prodotto interno lordo dell'1,6%, una domanda interna cresciuta dell'1,3%, meno della media nazionale, e un andamento positivo più consistente (+2,5%) degli investimenti in macchine ed attrezzature che risentono della fase di ripresa della produzione.

In questa situazione l'occupazione della ripartizione non sembra aver beneficiato di incrementi significativi di occupati. Se si esclude il 2004 anno in cui vi è stato un incremento dell'1,2%, la crescita nel 2006 non ha superato l'1% e non ha apportato ampi benefici in termini di nuovi occupati.

Tab. 2 – NORD-OVEST - INDICATORI MACROECONOMICI*
(Variazioni % sull'anno precedente)

  2004 2005 2006
PRODOTTO INTERNO LORDO 1,1 -0,2 1,6
CONSUMI FINALI INTERNI 1,5 0,2 1,3
- Spese per consumi finali delle famiglie 1,7 -0,1 1,5
- Spese per consumi finali AA. E ISP. 0,7 1,2 0,9
INVESTIMENTI FISSI LORDI 1,4 -0,7 2,5
- Costruzioni 3,7 -0,2 1,0
- Macchine, attrezzature, mezzi di trasporto e altri prodotti 0,0 -1,1 3,5
UNITA' DI LAVORO TOTALI 1,2 -0,2 0,9
REDDITO DISPONIBILE (prezzi correnti) 3,9 2,8 4,4
* Prezzi costanti
Fonte: Elaborazioni Centro Studi Confcommercio su dati PROMETEIA

Problemi e prospettive

Il quadro positivo che sembra delinearsi nel corso del 2006 non deve far dimenticare i nodi strutturali ed i problemi legati alla ricerca di una maggiore competitività di tutto il sistema economico dell'area, tenendo conto delle peculiarità dei diversi sistemi regionali, tra i quali emerge la Lombardia e il Piemonte.

Per il sistema Lombardia oggi pesano sicuramente i non pochi problemi di competitività sul piano internazionale che spingono le imprese verso una continua ricerca di prodotti e servizi innovativi e di qualità con cui posizionarsi sul mercato, riservando, inoltre, maggiore attenzione agli investimenti in ricerca e alla qualificazione del capitale umano.

Un fattore caratteristico del sistema imprenditoriale lombardo è quello dell' impresa diffusa che non ha ancora raggiunto maggiori dimensioni, fenomeno che interessa sia il settore manifatturiero che quello dei servizi.

Se si tiene conto dei numerosi vincoli alla crescita dimensionale e del forte spirito di autonomia di molti imprenditori, la ricerca di un percorso innovativo dovrà passare necessariamente dal favorire la "messa in rete" delle imprese e l'aggregazione su obiettivi e servizi comuni soprattutto per facilitare l'apertura verso i mercati emergenti e la loro crescente domanda. Senza dimenticare le difficoltà delle piccole imprese nella ricerca di risorse adeguate e l'attuazione di investimenti per lo sviluppo.

Anche per il Piemonte la crescita del Pil nel 2006 se da un lato induce ad un moderato ottimismo, dall'altro non deve mettere in secondo piano la necessità di superare limiti ancora presenti nel sistema produttivo locale dovuti allo scarso livello di innovazione e ricerca, alle difficoltà a collocare sui mercati esteri parecchie produzioni distrettuali, alla debolezza della rete delle piccole e medie imprese che non riescono a dimensionarsi in modo ottimale.

I segnali positivi sono rappresentati soprattutto dal rafforzamento del processo di terziarizzazione dell'economia locale, come si desume dai dati sull'occupazione, dal rilancio della Fiat grazie al risanamento dei bilanci e ad una rinnovata strategia industriale, dalla ripresa dei flussi turistici come effetto di trascinamento delle olimpiadi invernali.

1.3 NORD-EST

 La ripartizione del Nord-Est si caratterizza per essere una delle aree più ricche dell'Italia, considerato che tutte le regioni che la compongono si collocano nei primi posti della graduatoria regionale del PIL per abitante ed evidenziano una capacità di spesa tra le più elevate nel Paese, 15% in più rispetto alla media nazionale.

Nel 2004 e 2005 l'economia dell'area, in particolare quella che fa riferimento alle regioni con una forte industrializzazione, è stata praticamente ferma mentre per l'anno in corso sembra delinearsi un profilo di crescita migliore.

Il Pil della ripartizione ha segnato nel 2004 una modesta ripresa (+0,9%) inferiore, comunque, al dato nazionale (+1,2%), un risultato ottenuto grazie alla spinta principalmente dei consumi delle famiglie e degli investimenti fissi, specie per quanto riguarda le macchine e attrezzature.

In frenata il risultato relativo al 2005 in quanto il Pil ha registrato una crescita dello 0,4% a causa di una domanda interna fiacca in tutte le sue componenti e della difficoltà del sistema produttivo locale ad essere competitivo sui mercati esteri.

Nel 2006 la crescita per l'economia della ripartizione è stata più sostenuta con un incremento del prodotto interno lordo dell'1,8%, una domanda interna aumentata dell'1,4% in linea con la media nazionale e un andamento positivo soprattutto degli investimenti in macchine ed attrezzature che risentono della fase di ripresa della produzione.

La bassa crescita sia nel 2004 che nel 2005 non ha portato benefici dal punto di vista dell'occupazione che non ha registrato incrementi significativi; anche nel 2006 nonostante il miglioramento del quadro economico il numero di nuovi occupati non è stato elevato (+0,8%).

Tab. 3 – NORD-EST - INDICATORI MACROECONOMICI*
(Variazioni % sull'anno precedente)

  2004 2005 2006
PRODOTTO INTERNO LORDO 0,9 0,4 1,8
CONSUMI FINALI INTERNI 1,2 0,4 1,4
 - Spese per consumi finali delle famiglie 1,3 0,2 1,6
 - Spese per consumi finali AA. E ISP. 0,7 1,2 0,9
INVESTIMENTI FISSI LORDI 3,6 0,5 3,4
 - Costruzioni 2,9 0,6 2,5
 - Macchine, attrezzature, mezzi di trasporto e altri prodotti 4,2 0,3 4,4
UNITA' DI LAVORO TOTALI 0,0 0,2 0,8
REDDITO DISPONIBILE (prezzi correnti) 4,2 2,9 4,2
* Prezzi costanti
Fonte: Elaborazioni Centro Studi Confcommercio su dati PROMETEIA

Problemi e prospettive

Rappresentare oggi la realtà economica del Nord-Est, come la "locomotiva d'Italia" in grado di trainare l'economia del Paese, produrre sviluppo e benessere, rischia di essere un immagine che appartiene ormai al passato.

Per molti osservatori e imprenditori il modello di crescita del Nord-Est ha dato i suoi frutti. Oggi c'è bisogno di un profondo rinnovamento che consenta al Nord-Est di continuare ad essere trainante.

Sono insorte, infatti, nuove questioni. Per molte imprese si pone il problema di decidere se delocalizzare o internazionalizzare la propria attività, come anche la necessità, soprattutto per la piccola impresa di rafforzare i propri mezzi e le proprie potenzialità per poter operare su nuovi mercati.

Vi è, inoltre, una questione demografica legata sia all'aumento delle persone anziane che all'incremento della presenza di persone e famiglie provenienti dall'estero. Altre difficoltà emergono nella gestione del passaggio generazionale all'interno dell'impresa.

Infine occorre saper valorizzare le opportunità di crescita per quest'area rappresentate dall'allargamento ad Est dell'Europa.

Si tratta di governare la transizione verso nuovi modelli di sviluppo ben sapendo che questo passaggio non sarà scontato né indolore.

1.4 CENTRO

Le regioni del Centro si presentano come un'area sempre più integrata nel sistema di sviluppo economico nazionale, contribuendo per circa il 21% alla creazione della ricchezza del Paese.

Nel biennio 2004-2005 l'economia del Centro si è sviluppata con fasi altalenanti passando da un incremento significativo del PIL come nel 2004 a un momento di bassa crescita nel 2005 quando il Pil dovrebbe aver registrato una frenata (–0,1%) ancora più accentuata rispetto alla variazione nulla registrata dall'Italia.

In particolare la crescita del Pil nel 2004 (+2,5%) è stata molto più elevata di quella nazionale grazie soprattutto alla spinta degli investimenti fissi, specie per quanto riguarda le costruzioni, mentre più contenuto sarebbe stato il contributo dei consumi delle famiglie.

Il dato critico del 2005 (-0,1%) è dovuto al fatto che gli investimenti fissi lordi sono diminuiti non solo per quanto riguarda i macchinari ma anche per le costruzioni.

Tab. 5 – CENTRO - INDICATORI MACROECONOMICI*
(Variazioni % sull'anno precedente)

  2004 2005 2006
PRODOTTO INTERNO LORDO 2,5 -0,1 1,8
CONSUMI FINALI INTERNI 0,9 0,2 1,5
 - Spese per consumi finali delle famiglie 0,9 -0,1 1,7
 - Spese per consumi finali AA. E ISP. 0,7 1,2 0,9
INVESTIMENTI FISSI LORDI 1,0 -1,5 2,4
 - Costruzioni 2,8 -0,4 2,0
 - Macchine, attrezzature, mezzi di trasporto e altri prodotti -0,1 -2,2 2,6
UNITA' DI LAVORO TOTALI 2,5 -0,3 0,6
REDDITO DISPONIBILE (prezzi correnti) 4,9 2,5 3,8
* Prezzi costanti
Fonte: Elaborazioni Centro Studi Confcommercio su dati PROMETEIA

Nel 2006 l'economia della ripartizione ha registrato un incremento del prodotto interno lordo dell'1,8%, con una domanda interna che cresce dell'1,5% in linea alla media nazionale e un andamento positivo degli investimenti anche se meno vigoroso rispetto alla media nazionale.

Dal punto di vista dell'occupazione, solo nel 2004 la crescita del prodotto ha portato ampi benefici in termini di nuovi occupati, con un incremento del 2,5%; il 2006 ha registrato un incremento di minore intensità (+0,6%) dopo la flessione registrata nel 2005.

Problemi e prospettive

Considerata tra le aree più produttive del Paese e dotata di una ricchezza diffusa costituita da elementi di valore storico, ambientale e culturale, oggi le regioni dell'Italia del Centro si trovano a vivere una fase di trasformazione che sta mettendo in discussione il modello di sviluppo che secondo percorsi differenziati ne ha caratterizzato la storia recente.

I sistemi economici locali dell'area mostrano, infatti, problemi di natura strutturale e corrono il rischio di non essere più competitivi rispetto ai mutati indirizzi del quadro economico internazionale stentando a superare una visione localistica nell'approccio ai problemi, per cui si tende a guardare allo sviluppo locale senza una visione strategica sugli indirizzi futuri di tutta l'area.

In particolare si avverte la necessità di un passaggio da una cultura fondata solo sul produrre a quella basata sulla competizione a livello di sistema di area, valorizzando maggiormente le risorse strategiche presenti nel tessuto imprenditoriale e i nuovi interessi emergenti, sempre meno riportabili ad un modello di sviluppo industriale, ma sempre più legati ad una cultura del terziario.

In questo contesto un elemento positivo di grande importanza è dato dal fatto che il sistema locale può contare sullo slancio produttivo di una vasta rete di piccole e medie imprese sia nel settore industriale che nel terziario di mercato, sulla specializzazione produttiva di alcune aree, sulla possibilità di maggiore valorizzazione delle risorse turistiche.

A rallentare la nascita di un nuovo modello di sviluppo locale potrebbe esserci soprattutto la marginalità territoriale in cui si trovano molte zone interne o montane per la carente accessibilità, il basso livello di investimenti e non considerazione nelle scelte di carattere infrastrutturale.

La dotazione di infrastrutture che un'area può vantare, costituisce, infatti, in misura maggiore rispetto al passato, un elemento centrale per lo sviluppo delle imprese esistenti e per la localizzazione di nuove imprese.

Da questo punto di vista le regioni centrali presentano ancora elementi di arretratezza che spesso non permettono di tradurre in opportunità di lavoro e di sviluppo le molte potenzialità e le risorse inutilizzate che pure sono presenti.

1.5 MEZZOGIORNO

In un contesto nazionale ancora contraddistinto negli ultimi anni da una fase di rallentamento dell'economia, il Mezzogiorno ha evidenziato segnali ancora più accentuati di crisi e ciò ha frenato il processo di convergenza per superare i divari ancora esistenti con il resto del Paese.

Nel 2004 e 2005, infatti, le performance dell'economia della ripartizione sono risultate in calo: nel 2004 la crescita è stata dello 0,6%, inferiore rispetto alla media dell'Italia (+1,2%), mentre nel 2005 l'economia ha registrato una decisa frenata (-0,2%) rispetto alla variazione nulla della media nazionale.

Il dato preoccupante del 2005 è strettamente legato alla difficile fase che ha attraversato il paese, ma era da diversi anni che tutta l'area non registrava un bilancio così negativo e ciò può stare ad indicare che molti dei segnali positivi che erano recentemente emersi tendono ad affievolirsi. Si è, infatti, ridotta l'energia e la vitalità del sistema economico del Mezzogiorno per l'entrata in crisi del modello basato sulla maggiore apertura internazionale e sui maggiori investimenti.

Nel 2006 si è evidenziato un recupero da parte dell'economia della ripartizione con un incremento del prodotto interno lordo dell'1,6%, in linea con il dato nazionale; a tale risultato hanno dato un contributo significativo sia il buon andamento dei consumi delle famiglie, sia la forte ripresa degli investimenti in macchine e attrezzature.

La bassa crescita non ha portato benefici dal punto di vista dell'occupazione che sia nel 2004 e soprattutto nel 2005 ha registrato un calo e ciò non ha fatto che peggiorare la già difficile situazione del mercato del lavoro; nel 2006 il bilancio è positivo e il numero di nuovi occupati ha registrato una crescita pari all'1,2%.

Tab. 6 – SUD - INDICATORI MACROECONOMICI*
(Variazioni % sull'anno precedente)

  2004 2005 2006
PRODOTTO INTERNO LORDO 0,6 -0,2 1,6
CONSUMI FINALI INTERNI 0,8 0,1 1,6
 - Spese per consumi finali delle famiglie 0,8 -0,3 1,9
 - Spese per consumi finali AA. E ISP. 0,7 1,2 0,9
INVESTIMENTI FISSI LORDI 2,1 -0,9 5,2
 - Costruzioni 2,8 1,9 3,2
 - Macchine, attrezzat., mezzi di trasporto e altri prodotti 1,5 -3,4 7,0
UNITA' DI LAVORO TOTALI -0,3 -1,2 1,2
REDDITO DISPONIBILE (prezzi correnti) 5,4 2,9 4,5
* Prezzi costanti
Fonte: Elaborazioni Centro Studi Confcommercio su dati PROMETEIA

Problemi e prospettive

Il prolungato rallentamento della crescita dell'economia nazionale non porta sicuramente a superare il divario produttivo che separa il Sud dal Centro-Nord.

Il processo di sviluppo dell'economia meridionale continua ad essere profondamente diverso da quello delle aree più sviluppate dell'Italia, ma anche da quello delle aree più "deboli" d'Europa, che hanno mostrato nell'ultimo decennio ritmi di crescita più sostenuti.

Le prospettive di crescita nell'immediato futuro non sembrano molto positive, essendo ancora presente tutti quei problemi che hanno contraddistinto l'economia dell'area, soprattutto le difficoltà delle imprese di piccolissima dimensione di inserirsi nel processo di cambiamento in atto ed entrare così a pieno titolo nel mercato nazionale ed internazionale

Anche sotto il profilo dell'integrazione con l'estero il Sud presenta un ampio ritardo; il grado di apertura ai mercati internazionali rimane al di sotto del potenziale del meridione, l'incidenza percentuale delle esportazioni di merci meridionali sul totale nazionale nel 2005 è stata pari soltanto all'11,6%. Le esportazioni meridionali sono sempre più dipendenti dalle grandi e medie imprese a controllo esterno insediate nell'area.

La possibilità di superare questa connotazione "dualistica" del nostro Paese resta, quindi, legata a scelte di politica economica di lungo periodo mirate ad un potenziamento del sistema delle imprese e ad un recupero di produttività che permettano di ottenere saggi di crescita più sostenuti e regolari rispetto a quelli degli ultimi anni.

Sul sistema economico del Mezzogiorno pesano, inoltre, alcune diseconomie esterne che ne ritardano l'allineamento alle aeree più sviluppate del Centro-Nord e dell'Europa e ostacolano la localizzazione di imprese nel Sud rispetto ad aree alternative.

Tali fattori di svantaggio riguardano la scarsità di infrastrutture, le attività irregolari, il degrado sociale, le forme diffuse di illegalità, ma soprattutto il fenomeno della criminalità che non è stato adeguatamente ridimensionato e scoraggia gli investimenti.

In particolare ci sono ritardi nello sviluppo della logistica, dei trasporti e dei servizi ad alto valore aggiunto ad esso collegati, ma anche di attività per il confezionamento delle merci prima della loro allocazione sui mercati.

Un potenziamento della dotazione di infrastrutture è inoltre condizione indispensabile per lo sviluppo del turismo, che può far leva sulla diffusa presenza di elementi di attrattività culturali e ambientali ancora poco valorizzate nell'area.

2. le regioni a confronto

2.1 PRODOTTO, CONSUMI ED INVESTIMENTI

Questa parte del rapporto intende evidenziare l'andamento dei principali indicatori economici delle singole regioni per dare un quadro più esaustivo delle economie territoriali e consentire un confronto tra le aree del Paese che fornisca la misura dei divari esistenti.

La fase di ripresa dell'economia italiana registratasi nel corso del 2006 ha coinvolto tutte le aree del Paese, sia pure con diversa intensità.

Fig. 1 – ANDAMENTO DEL PIL PER RIPARTIZIONE GEOGRAFICA
(Variazioni % sull'anno precedente)

grafico

Fonte: Elaborazioni Centro Studi Confcommercio su dati Prometeia

Come già descritto nel precedente capitolo secondo le stime elaborate da Prometeia a trainare la crescita per il 2006 sono stati il Nord-Est ed il Centro con un andamento del Pil sopra la media nazionale (+1,8%), mentre le regioni meridionali e quelle del Nord-Ovest hanno evidenziato un ritmo di crescita più contenuto (+1,6%).

A livello regionale, nel 2006 Campania, Puglia e Val d'Aosta hanno registrato la crescita più sostenuta (2,1%), mentre Basilicata, Sicilia e soprattutto Calabria sono le regioni con tassi di crescita ancora molto contenuti e decisamente inferiori alla media nazionale.

Nonostante la leggera ripresa del 2006, continuano a sussistere nel nostro paese enormi divari in termini di contributo alla ricchezza prodotta.

Tab. 7 - PRODOTTO INTERNO LORDO
(Variazioni % sull'anno precedente)

  2004 2005 2006
Piemonte 1,1 -0,2 1,3
Valle d'Aosta 1,3 -0,8 2,1
Lombardia 1,3 -0,3 1,7
Liguria -0,3 0,6 1,7
Trentino Alto Adige 1,8 -0,8 1,9
Veneto 1,4 0,3 1,8
Friuli Venezia Giulia 0,2 -0,4 1,7
Emilia Romagna 0,2 0,9 1,8
Toscana 0,8 -0,4 1,9
Umbria 2,8 -0,3 1,3
Marche 1,7 -0,5 1,6
Lazio 3,8 0,3 1,8
Abruzzo -0,8 2,2 1,2
Molise 1,6 -1,7 1,8
Campania 0,5 -1,8 2,1
Puglia 0,3 -2,0 2,1
Basilicata 0,7 -1,3 1,1
Calabria 2,7 -2,6 0,6
Sicilia 0,3 2,8 1,1
Sardegna 1,2 1,0 1,8
ITALIA 1,2 0,0 1,7
NORD OVEST 1,1 -0,2 1,6
NORD EST 0,9 0,4 1,8
CENTRO 2,5 -0,1 1,8
SUD 0,6 -0,2 1,6
Fonte: Elaborazioni Centro Studi Confcommercio su dati Prometeia

Dall'esame del Pil per abitante emergono ancora più chiaramente i divari esistenti tra le aree del Paese: le regioni del Nord sono le prime nella graduatoria con un valore del Pil pro-capite che è il doppio rispetto a quello registrato per le ultime regioni della classifica, appartenenti al meridione d'Italia.

Tab. 8 – PIL PER ABITANTE: GRADUATORIA REGIONALE
Anno 2006 - (Valori in migliaia di Euro)

  Regioni Pil pro-capite Indice Italia=100 Var. posizione rispetto 2004
1 Trentino 31.680 130,5 =
2 Val d'Aosta 31.059 128,0 =
3 Lombardia 30.089 124,0 =
4 Emilia R. 29.868 123,1 =
5 Lazio 28.456 117,3 =
6 Veneto 28.436 117,2 +2
7 Friuli 27.986 115,3 -1
8 Piemonte 27.383 112,8 -1
9 Liguria 27.188 112,0 =
10 Marche 24.068 99,2 =
11 Umbria 22.961 94,6 =
12 Abruzzo 20.482 84,4 =
13 Molise 19.142 78,9 =
14 Sardegna 18.996 78,3 =
15 Sicilia 17.101 70,5 +2
16 Toscana 16.976 70,0 -1
17 Basilicata 16.972 69,9 -1
18 Campania 16.362 67,4 =
19 Puglia 16.209 66,8 =
20 Calabria 15.697 64,7 =
  NORD-OVEST 29.045 119,7  
  NORD-EST 28.621 117,9  
  CENTRO 26.806 110,5  
  SUD 16.976 70,0  
  ITALIA 24.268 100,0  
Fonte: Elaborazioni Centro Studi Confcommercio su dati Prometeia

La situazione è rimasta pressoché invariata negli ultimi anni, così come ci indica l'ultima colonna della tabella precedente dove si registra una pressoché generale stazionarietà delle posizioni delle regioni nella graduatoria rispetto al 2004, unica eccezione è rappresentata da una regione del Nord-Est, il Veneto, e una regione del Sud, la Sicilia, che recuperano due posti nella graduatoria in questione.

Anche l'andamento delle singole componenti della domanda (consumi ed investimenti) evidenzia una forte caratterizzazione territoriale.

Tab. 9 – SPESA PER CONSUMI DELLE FAMIGLIE
Prezzi costanti 1995 – (Variazioni percentuali)

  2004 2005 2006
Piemonte 1,9 -0,6 0,9
Valle d'Aosta 1,9 -1,0 1,5
Lombardia 1,6 0,1 1,8
Liguria 1,5 0,2 0,9
Trentino A. A. 0,7 0,3 2,0
Veneto 1,2 0,2 1,8
Friuli V.G 1,6 -0,1 1,5
Emilia Romagna 1,4 0,3 1,4
Toscana 1,1 -0,2 1,5
Umbria 0,9 0,6 1,8
Marche 1,1 -0,1 2,1
Lazio 0,8 -0,1 1,8
Abruzzo 0,7 0,1 2,1
Molise 1,2 -0,1 2,4
Campania 0,7 -0,4 1,9
Puglia 1,1 -0,4 1,7
Basilicata 0,3 -0,4 1,8
Calabria 1,1 -0,5 1,8
Sicilia 0,4 -0,1 2,1
Sardegna 1,0 -0,1 1,9
ITALIA 1,2 -0,1 1,7
NORD OVEST 1,7 -0,1 1,5
NORD EST 1,3 0,2 1,6
CENTRO 0,9 -0,1 1,7
SUD 0,8 -0,3 1,9
Fonte: Elaborazioni Centro Studi Confcommercio su dati Prometeia

Analizzando la spesa per consumi delle famiglie, il 2006 ha mostrato a livello nazionale una ripresa rispetto all'andamento negativo del 2005. In particolare, sono le regioni meridionali (+ 1,9%) e quelle centrali (+ 1,7%) a registrare gli incrementi più significativi rispetto all'anno precedente, mentre nel Nord del Paese la crescita è stata più contenuta; nonostante questo andamento la distanza tra i livelli di consumo del Sud e del resto del Paese rimane ancora elevata.

Nello specifico, nel il 2006 Molise, Marche, Abruzzo e Sicilia sono le regioni in cui la crescita dei consumi ha superato il 2%, mentre Piemonte e Liguria sono le regioni in cui la domanda delle famiglie ha registrato andamenti decisamente più contenuti.

Il gap esistente tra le aree del Paese emerge in modo ancora più chiaro se si analizzano i consumi per abitante.

Posto uguale a 100 la media dei consumi delle famiglie italiane pro-capite nel 2006 il Mezzogiorno è sotto di oltre 22 punti rispetto alla media nazionale e nonostante si noti un lieve recupero nel tempo, questo avvicinamento avviene molto lentamente e non coinvolge tutte le regioni.

Particolarmente grave risulta la situazione della Calabria, regione che si colloca all'ultimo posto nella graduatoria regionale dei consumi pro-capite con un valore pari al 72% della media italiana e della Puglia che ha perso tre posti nella graduatoria rispetto al 2004.

Tab. 10 – CONSUMI PER ABITANTE: GRADUATORIA REGIONALE
Anno 2006 - (valori in migliaia di Euro)

  Regioni Consumi pro-capite Indice Italia=100 Var. posizione rispetto 2004
1 Val d'Aosta 20.986 141,7 =
2 Trentino A.A. 18.865 127,3 =
3 Emilia R. 17.793 120,1 =
4 Liguria 17.667 119,2 =
5 Veneto 16.891 114,0 +1
6 Lombardia 16.775 113,2 -1
7 Lazio 16.338 110,3 =
8 Friuli 16.261 109,8 +1
9 Piemonte 16.249 109,7 -1
10 Marche 14.903 100,6 =
11 Umbria 14.296 96,5 =
12 Abruzzo 12.837 86,6 =
13 Sardegna 12.394 83,7 =
14 Molise 12.096 81,6 =
15 Sicilia 11.556 78,0 +2
16 Calabria 11.525 77,8 +2
17 Toscana 11.521 77,8 -1
18 Puglia 11.493 77,6 -3
19 Campania 11.007 74,3 =
20 Basilicata 10.773 72,7 =
  NORD-OVEST 16.754 113,1  
  NORD-EST 17.052 115,1  
  CENTRO 16.000 108,0  
  SUD 11.521 77,8  
  ITALIA 14.816 100,0  
Fonte: Elaborazioni Centro Studi Confcommercio su dati Prometeia

Anche per quanto riguarda l'altra componente della domanda interna, ossia gli investimenti, il dato per il 2006 indica una decisa ripresa a livello nazionale (+3,4%), imputabile in misura più consistente ad un nuovo ciclo degli investimenti in beni strumentali (+4,3%) rispetto a quelli in costruzioni (2,2%).

Per quanto concerne gli investimenti in macchinari ed impianti è il Mezzogiorno la ripartizione che ha trainato la ripresa con una variazione positiva del +7%.

Tab. 11 – INVESTIMENTI FISSI LORDI IN MACCHINARI, IMPIANTI E MEZZI DI TRASPORTO
Prezzi costanti 1995 – (Variazioni percentuali)

  2004 2005 2006
Piemonte 3,0 -0,4 3,9
Valle d'Aosta -18,0 1,2 5,9
Lombardia -2,0 -2,0 2,8
Liguria 11,2 4,2 7,1
Trentino Alto Adige 19,7 4,2 6,5
Veneto 1,3 -1,0 3,5
Friuli Venezia Giulia 11,9 5,2 7,6
Emilia Romagna 2,3 -0,5 3,8
Toscana -0,1 -2,2 2,8
Umbria 0,8 -1,4 3,2
Marche 2,6 -0,7 3,8
Lazio -1,0 -2,8 2,1
Abruzzo -7,0 -5,8 4,9
Molise 3,1 -1,5 8,7
Campania 3,2 -2,5 8,4
Puglia -0,2 -5,5 5,3
Basilicata -0,7 -4,1 6,3
Calabria 1,4 -4,2 5,0
Sicilia 4,2 -1,7 8,2
Sardegna 3,0 -3,0 7,3
ITALIA 1,3 -1,5 4,3
NORD OVEST 0,0 -1,1 3,5
NORD EST 4,2 0,3 4,4
CENTRO -0,1 -2,2 2,6
SUD 1,5 -3,4 7,0
Fonte: Elaborazioni Centro Studi Confcommercio su dati Prometeia

A livello regionale si segnalano, in particolare, le performance positive di Molise (+8,7%), Campania (+8,4%), Sicilia (+8,2%) e Friuli Venezia Giulia (+7,6%).

Gli investimenti in costruzioni nel 2006 hanno mostrato una crescita pari al 2,2% a livello nazionale dopo il modesto incremento rilevato nel 2005 (+0,5%), anche se sembra prospettarsi per i prossimi anni un graduale rallentamento dell'attività del comparto residenziale per la probabile attenuazione della domanda.

Tab. 12 – INVESTIMENTI FISSI LORDI IN COSTRUZIONI
Prezzi costanti 1995 – (Variazioni percentuali)

  2004 2005 2006
Piemonte 1,9 -2,3 -0,7
Valle d'Aosta 4,2 0,7 3,2
Lombardia 4,5 0,7 1,8
Liguria 4,5 0,8 1,7
Trentino A. A. 4,4 -2,4 -0,6
Veneto 3,5 1,1 5,8
Friuli V.G -2,5 -0,4 0,1
Emilia Romagna 3,0 1,8 0,8
Toscana 1,4 2,8 3,9
Umbria 4,0 0,8 2,3
Marche 5,6 -0,9 1,2
Lazio 2,6 -3,0 0,9
Abruzzo 0,4 1,5 0,8
Molise -0,6 -3,5 0,2
Campania 3,0 4,5 6,1
Puglia 5,0 -1,8 1,6
Basilicata 0,6 4,5 5,3
Calabria 0,3 2,4 5,2
Sicilia 4,0 3,1 1,7
Sardegna 1,7 -1,2 1,5
ITALIA 3,1 0,5 2,2
NORD OVEST 3,7 -0,2 1,0
NORD EST 2,9 0,6 2,5
CENTRO 2,8 -0,4 2,0
SUD 2,8 1,9 3,2
Fonte: Elaborazioni Centro Studi Confcommercio su dati Prometeia

Nel 2006 l'andamento nazionale si è riflesso maggiormente nel Sud (+3,2%) e nel Nord-Est (+2,5%) del paese, mentre nel Nord-Ovest la crescita risulta inferiore alla media nazionale (+1%).

Campania, Veneto, Basilicata e Calabria sono le regioni in cui gli investimenti in costruzioni sono cresciute ad un ritmo superiore al 5%, mentre Piemonte e Trentino mostrano ancora valori negativi anche se in misura più contenuta rispetto allo scorso anno.

2.2 LE ESPORTAZIONI

Nel 2005 le esportazioni italiane sono cresciute del 4% grazie al contributo di tutte le ripartizioni, ad eccezione del Centro che non presenta alcuna variazione rispetto all'anno precedente. Il Sud in particolare ha rilevato una crescita molto superiore alla media nazionale (pari all'11,3%).

Tab. 13 – LE ESPORTAZIONI
(Variazioni % sull'anno precedente)

  2004 2005 2006*
Piemonte 3,9 1,6 7,4
Valle d'Aosta 19,3 4,0 10,1
Lombardia 4,2 6,6 8,1
Liguria -1,6 17,0 -1,4
Trentino-A.A. 5,7 4,5 8,5
Veneto 5,0 -1,5 3,9
Friuli V.G. 18,7 -2,5 11,0
Emilia Romagna 8,6 7,7 9,0
Toscana 5,9 -1,2 9,6
Umbria 9,0 5,1 6,3
Marche 1,4 4,6 17,7
Lazio 5,4 -2,7 8,2
Abruzzo 12,5 3,9 4,2
Molise 2,5 13,1 3,5
Campania 3,5 3,9 7,8
Puglia 11,9 5,0 -2,2
Basilicata -17,1 -13,0 65,1
Calabria 10,4 -10,5 -9,9
Sicilia 8,4 31,2 5,2
Sardegna 15,1 34,2 21,4
ITALIA 7,5 4,0 7,4
NORD OVEST 4,0 5,6 7,6
NORD EST 7,8 2,3 6,9
CENTRO 5,0 0,0 10,7
SUD 7,8 11,3 7,5
(*) Gennaio-settembre 2006; variazione % rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente.
Fonte: Elaborazioni Centro Studi Confcommercio su dati Istat

L'andamento sul territorio delle esportazioni mostra per il 2005 una crescita differenziata.

A livello ripartizionale la crescita delle vendite all'estero del Nord-Est è stata sostenuta dalle esportazione del Trentino Alto Adige (4,5%) e dell'Emilia Romagna (7,7%) provenienti soprattutto dalle maggior vendite del settore metalmeccanico, dei prodotti chimici, dei prodotti dell'industria tessile, del cuoio e dell'abbigliamento; mentre la flessione delle vendite del Friuli Venezia Giulia (-2,5%) e del Veneto (-1,5%) sono da attribuirsi al settore degli altri prodotti dell'industria manifatturiera, dei mezzi di trasporto e prodotti del cuoio, tessile e abbigliamento.

Per quanto riguarda l'Italia Nord-occidentale le esportazioni della Lombardia, che incidono per il 28,5% sul totale delle esportazioni nazionali, sono state spinte soprattutto dal settore metalmeccanico e dei prodotti chimici.

Nel Mezzogiorno le sostenute esportazioni di Sicilia e Sardegna sono dovute alla vendita di prodotti petroliferi raffinati. In particolare le regioni che hanno maggiormente incrementato l'export rispetto al 2004 sono la Sardegna (+34,2), la Sicilia (+31,2%), mentre le flessioni più consistenti si sono registrate in Basilicata (-13%) e in Calabria (-10,5%).

Nel periodo gennaio-settembre 2006 il valore delle esportazioni italiane è cresciuto del 7,4% rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente. Il risultato positivo ha interessato tutte le ripartizioni con incrementi superiori alla media nazionale nel Centro (+10,7%), mentre nel Sud e nel Nord-Est gli incrementi sono stati leggermente superiori alla media del paese (rispettivamente +7,5% e +7,6%). A livello regionale la Calabria ha registrato una flessione delle proprie esportazioni (-9,9%), seguita dalla Puglia (-2,2%) e dalla Liguria (-1,4%), mentre le regioni con una dinamica più vivace sono state la Basilicata (+65,1%) e la Sardegna (+21,4%).

2.3 L'OCCUPAZIONE

La frenata registrata dal Pil nel 2005 ha avuto pesanti ripercussioni anche sull'occupazione portando alla perdita di circa 102.000 unità di lavoro standard (-0,4%), ovvero di posti a tempo pieno, per la prima volta dal 1995.

Tab. 14 - UNITÀ DI LAVORO TOTALI
(Variazioni % sull'anno precedente)

  2004 2005 2006
Piemonte 1,0 -0,4 0,5
Valle d'Aosta 0,5 -1,5 0,9
Lombardia 1,5 -0,2 1,1
Liguria 0,0 0,3 1,0
Trentino A. A. 1,6 -0,6 1,3
Veneto 0,7 -0,1 0,7
Friuli V.G -0,9 0,2 1,0
Emilia Romagna -0,8 0,7 0,7
Toscana 0,4 -0,5 0,6
Umbria 2,7 -0,2 0,6
Marche 1,6 -0,3 0,7
Lazio 4,2 -0,1 0,5
Abruzzo -2,7 1,0 0,8
Molise 0,9 -2,8 1,5
Campania -0,6 -2,6 1,2
Puglia -0,8 -1,9 1,6
Basilicata -1,2 -1,7 2,5
Calabria 1,3 -2,7 1,3
Sicilia 0,3 1,2 0,8
Sardegna 0,4 -1,0 1,1
ITALIA 0,8 -0,4 0,9
NORD OVEST 1,2 -0,2 0,9
NORD EST 0,0 0,2 0,8
CENTRO 2,5 -0,3 0,6
SUD -0,3 -1,2 1,2
Fonte: Elaborazioni Centro Studi Confcommercio su dati Prometeia

La riduzione delle unità di lavoro ha interessato tutte le ripartizioni, ma il dato allarmante è che ha coinvolto in misura più consistente il Mezzogiorno (-1,2%) ed in particolare il Molise, la Calabria e la Campania con valori prossimi al 3%, dopo alcuni anni in cui nel Sud si era assistito ad una consistente crescita dell'occupazione che non era stata tuttavia sufficiente a colmare il gap con le regioni del Centro-Nord.

Nel 2006 la dinamica occupazionale ha mostrato segnali di ripresa con tassi di incremento delle unità di lavoro prossimi all'1%, nonché una ulteriore riduzione del tasso di disoccupazione.

La crescita occupazionale sarà probabilmente ancora fortemente condizionata dalla presenza degli immigrati, soprattutto al Nord, e caratterizzata dalla crescita vigorosa delle forme di lavoro atipiche; mentre a livello territoriale sarà soprattutto il Mezzogiorno (1,2%) a mostrare i segni di maggiore vitalità, dopo un biennio sfavorevole per il mercato del lavoro, con la Basilicata, la Puglia e il Molise che registreranno performance decisamente superiori alla media nazionale.

Il tasso di disoccupazione nel 2006 è risultato in ulteriore calo, soprattutto nel Mezzogiorno, confermando così le tendenze emerse dalla rilevazione delle forze lavoro relative ai primi 3 trimestri dell'anno.

Nella ripartizione meridionale nella media del periodo gennaio-settembre del 2006 il tasso di disoccupazione si è attestato al 12,3%, (due punti in meno rispetto allo stesso periodo del 2005), ma Campania, Calabria e Sicilia mostrano ancora valori prossimi o superiori al 13%, pari al doppio del dato della media nazionale e addirittura 10 punti più alto delle regioni più "virtuose" che si collocano ai primi posti della graduatoria regionale (Trentino, Valle d'Aosta, Emilia e Friuli) con tassi di disoccupazione poco superiori al 3%.

Quello che emerge è che sono proprio le regioni meridionali a registrare i miglioramenti più sostenuti del rapporto tra persone in cerca di occupazione e le forze lavoro, a cui tuttavia non corrispondono le medesime performance, sia pur positive, nell'incremento dell'occupazione.

Ciò significa che non tutte le persone che nel Mezzogiorno non sono più in cerca di occupazione sono entrate nel mondo del lavoro, ma che una parte consistente di esse ha rinunciato a svolgere azioni concrete di ricerca di una occupazione, entrando a far parte dell'universo degli "inattivi" o del lavoro irregolare.

Tab. 15 – TASSO DI DISOCCUPAZIONE

  2004 2005 2006*
Piemonte 5,3 4,7 3,9
Valle d'Aosta 3,0 3,3 3,1
Lombardia 4,0 4,1 3,6
Trentino A.A. 2,9 3,1 2,9
Veneto 4,2 4,2 4,1
Friuli V.G. 3,9 4,1 3,6
Liguria 5,8 5,8 4,5
E. Romagna 3,7 3,8 3,3
Toscana 5,2 5,3 4,7
Umbria 5,7 6,1 5,2
Marche 5,3 4,7 4,7
Lazio 7,9 7,7 7,3
Abruzzo 7,9 7,9 6,5
Molise 11,3 10,1 10,3
Campania 15,6 14,9 12,8
Puglia 15,5 14,6 12,7
Basilicata 12,8 12,3 11,1
Calabria 14,3 14,4 12,9
Sicilia 17,2 16,2 13,6
Sardegna 13,9 12,9 10,9
ITALIA 8,1 7,7 6,7
NORD OVEST 4,5 4,4 3,8
NORD EST 3,9 4,0 3,6
CENTRO 6,5 6,4 6,0
SUD 15,0 14,3 12,3
* Gennaio-settembre 2006
Fonte: Elaborazioni Centro Studi Confcommercio su dati Istat (Forze di lavoro)

Il calo del tasso di disoccupazione, dunque, pur rappresentando un elemento positivo, non è più in grado da solo di fornire indicazioni esaustive sul reale andamento del mercato del lavoro soprattutto in riferimento ai segmenti deboli della forza lavoro ( giovani, donne, soggetti con bassa scolarizzazione, ecc.).

Se si analizza infatti il tasso di occupazione, ossia il rapporto tra gli occupati e la popolazione in età lavorativa, emerge con chiarezza il dualismo che caratterizza il nostro mercato del lavoro.

Oggi in Italia su 100 persone in età compresa tra i 15 ed i 64 anni poco meno di 60 sono occupate, ma mentre nel Nord est il rapporto sfiora il 70%, nel Mezzogiorno è di poco superiore al 46% e cresce con notevole lentezza rispetto alle altre aree del paese.

Tab. 16 – TASSO DI OCCUPAZIONE (15-64 anni)

  2004 2005 2006*
Piemonte 63,4 64,0 64,5
Valle d'Aosta 67,0 66,3 66,8
Lombardia 65,5 65,5 66,4
Trentino A.A. 67,4 67,1 67,6
Veneto 64,3 64,6 65,4
Friuli V.G. 62,6 63,1 64,8
Liguria 60,2 61,1 62,6
E. Romagna 68,3 68,4 69,4
Toscana 63,2 63,8 64,9
Umbria 61,4 61,6 62,3
Marche 63,8 63,5 64,5
Lazio 58,5 58,4 59,5
Abruzzo 56,3 57,2 57,4
Molise 52,0 51,1 52,1
Campania 45,1 44,1 44,4
Puglia 45,0 44,4 45,9
Basilicata 49,1 49,3 50,1
Calabria 46,0 44,6 45,0
Sicilia 43,2 44,0 44,9
Sardegna 51,2 51,4 52,1
ITALIA 57,5 57,5 58,4
NORD OVEST 64,4 64,6 65,6
NORD EST 65,9 66,0 67,0
CENTRO 60,9 61,0 62,1
SUD 46,1 45,9 46,6
* Gennaio-settembre 2006
Fonte: Elaborazioni Centro Studi Confcommercio su dati Istat (Forze di lavoro)

2.4 LE IMPRESE

Indicazioni sulla dinamica imprenditoriale del nostro paese emergono dall'analisi dei dati diffusi da Infocamere relativi alla nati mortalità delle imprese relativamente al periodo gennaio-settembre 2006.

Per quanto riguarda il complesso delle imprese tutte le ripartizioni del paese presentano una certa vivacità registrando un elevato saldo positivo (differenza tra nuove imprese e imprese che chiudono) pari a oltre 13 mila unità, unica eccezione è rappresentata dal Nord-Est dove si rileva il saldo più basso (con valore di poco più di 6 mila e 300 unità).

In ogni caso, va precisato che se si esclude la voce "imprese non classificate" che determina il saldo positivo in tutte le ripartizioni, la disaggregazione dei dati per settori mette in risalto un rallentamento generale della dinamica imprenditoriale.

Tab. 17 – NATI/MORTALITÀ DELLE IMPRESE PER RIPARTIZIONE GEOGRAFICA
(Saldi Gennaio-Settembre 2006)

  Nord Ovest Nord Est Centro Sud ITALIA
Agricoltura -2.110 -4.369 -2.338 -3.971 -12.788
Industria 1.235 1.065 501 -2.292 509
Commercio -3.232 -2.841 -2.546 -5.162 -13.781
-Comm., manut-rip. Autov e motoc. -421 -288 -410 -776 -1.895
-Ingrosso, intermediari commercio -1.124 -1.048 -616 -1.297 -4.085
-Dettaglio, escl. Autov.; rip. Beni -1.687 -1.505 -1.520 -3.089 -7.801
Alberghi e pubblici esercizi -880 -1.008 -396 -200 -2.484
Servizi -1.958 -1.567 -974 -1.274 -5.773
-Trasporti,magazzinag.e comunicaz. -1.257 -1.276 -831 -1.299 -4.663
-Attiv.Immobiliari,informatica,ricerca -45 144 213 67 379
-Altri servizi -656 -435 -356 -42 -1.489
Non Classificate 20.809 15.072 19.391 25.920 81.192
TOTALE 13.864 6.352 13.638 13.021 46.875
Fonte: Elaborazioni Centro Studi Confcommercio su dati Movimprese

Questi dati rappresentano la sintesi di andamenti molto differenziati a livello di settore di attività economica.

Il settore del commercio considerato nel suo complesso continua a registrare un numero elevato di cessazioni che hanno poi determinato nel periodo gennaio-settembre del 2006 un saldo negativo di 13.781 unità (nel primo semestre del 2005 il saldo è stato pari a –6.982 unità). Si tratta di un peggioramento che conferma la permanenza di una fase ancora critica nella filiera distributiva, dall'ingrosso fino alla distribuzione finale, dove si avvertono gli effetti di un andamento ancora prudente della domanda di consumo da parte delle famiglie.

Tab. 18 – NATI/MORTALITÀ DELLE IMPRESE DEL COMMERCIO
(Saldi)

  2004 2005 Gen./Set. 2006
Piemonte -456 -723 -445
Valle d'Aosta -29 -33 -31
Lombardia -1.509 -2.365 -2.287
Liguria -474 -877 -469
Trentino-Alto Adige -291 -148 -174
Veneto -836 -1.504 -1.296
Friuli Venezia Giulia -391 -473 -424
Emilia Romagna -974 -1.091 -947
Toscana -655 -1.757 -1.606
Umbria -65 -192 -314
Marche -274 -277 -390
Lazio -173 -974 -236
Abruzzo 135 -143 -202
Molise 8 1 -49
Campania 2.747 958 -2.939
Puglia 702 -336 -852
Basilicata -77 -81 -109
Calabria 1.131 419 -131
Sicilia 412 -168 -716
Sardegna 70 29 -164
ITALIA -999 -9.735 -13.781
NORD OVEST -2.468 -3.998 -3.232
NORD EST -2.492 -3.216 -2.841
CENTRO -1.167 -3.200 -2.546
SUD 5.128 679 -5.162
Fonte: Elaborazioni Centro Studi Confcommercio su dati Movimprese

Delimitando l'analisi ai dati del solo comparto del commercio al dettaglio, i primi nove mesi dell'anno si sono chiusi con un saldo negativo di 7.801 unità (sintesi di 40.906 iscrizioni e 48.707 cancellazioni) un risultato anche in questo caso nettamente peggiore rispetto allo stesso periodo del 2005 quando ci fu un saldo negativo di 2.576 unità.

A livello territoriale è nel Sud del paese che il settore distributivo registra il saldo negativo più elevato con 5 mila unità in meno, di cui oltre 3mila nel comparto del dettaglio. In particolare la Campania risulta la regione con il maggior numero di imprese del commercio cessate rispetto a quelle iscritte (con un saldo negativo di oltre 2mila e 900 unità).

Nel Centro-Nord le regioni che si caratterizzano per un elevato saldo negativo del settore sono la Lombardia (-2.287 unità), la Toscana (-1.606 unità) e il Veneto (-1.296 unità).

Complessivamente emerge quindi il permanere di una situazione critica del comparto dovuta al fatto che per molte imprese, comprese anche quelle di media dimensione, sembrano essersi ridotti di spazi di operatività e le opportunità di sviluppo.

Per quanto riguarda le imprese che operano nel settore "alberghi e pubblici esercizi", il bilancio dei primi nove mesi del 2006 è caratterizzato da un saldo negativo di 2.484 unità (nello stesso periodo del 2005 fu di –1.814 unità), sintesi di 11.731 iscrizioni e 14.215 cancellazioni.

Dal punto di vista territoriale tutte le regioni hanno evidenziato saldi negativi anche se la quota più significativa si è concentrata nelle regioni del Nord dove, probabilmente, si sono riflessi con più evidenza gli effetti del calo dei flussi turistici specie quelli provenienti dall'estero.

L'aggregato "servizi" ha chiuso i primi nove mesi dell'anno con un saldo negativo di 5.733 unità, (nel 2005 ci fu un saldo negativo di 2.691 unità) e non ha evidenziato al suo interno dinamiche differenziate tra i principali settori che lo compongono.

Nell'aggregato più significativo del settore, cioè quello dei servizi alle imprese (attività immobiliari, noleggio, informatica e ricerca), il saldo è stato positivo per 379 unità (25.211 iscrizioni contro 24,832 cancellazioni), grazie soprattutto all'andamento delle attività immobiliari mentre maggiori sono state le chiusure nel settore rappresentato dalla voce "altre attività professionali e imprenditoriali".

Dal punto di vista delle ripartizioni territoriali, tuttavia, il bilancio della nati/mortalità delle imprese per questo comparto è stato complessivamente negativo soltanto per il Nord-Ovest (-45 unità), e particolarmente in Liguria.

Tab. 19 – NATI/MORTALITÀ DELLE IMPRESE DEL TURISMO
(Saldi)

  2004 2005 Gen./Set. 2006
Piemonte -287 -372 -277
Valle d'Aosta -7 -16 -7
Lombardia -745 -713 -493
Liguria -209 -245 -103
Trentino-Alto Adige -174 -155 -43
Veneto -518 -732 -576
Friuli Venezia Giulia -144 -174 -96
Emilia Romagna -495 -368 -293
Toscana -406 -410 -235
Umbria -58 -70 -81
Marche -105 -169 -12
Lazio -323 -131 -68
Abruzzo -37 -85 -62
Molise 22 6 -6
Campania 526 249 -11
Puglia 91 88 -10
Basilicata 5 -25 -28
Calabria 196 109 3
Sicilia 52 -101 17
Sardegna -83 -87 -103
ITALIA -2.699 -3.401 -2.484
NORD OVEST -1.248 -1.346 -880
NORD EST -1.331 -1.429 -1.008
CENTRO -892 -780 -396
SUD 772 154 -200
Fonte: Elaborazioni Centro Studi Confcommercio su dati Movimprese

Tab. 19 – NATI/MORTALITÀ DELLE IMPRESE DEI SERVIZI ALLE IMPRESE
(Saldi)

  2004 2005 Gen./Set. 2006
Piemonte 60 -193 145
Valle d'Aosta -25 1 8
Lombardia -148 -529 -59
Liguria -168 -208 -139
Trentino A. Adige -21 27 80
Veneto -20 -347 -110
Friuli Venezia Giulia -61 3 -35
Emilia Romagna 135 102 209
Toscana 100 -317 -44
Umbria 0 28 -56
Marche 145 158 121
Lazio -726 -669 192
Abruzzo 81 105 50
Molise 7 -11 1
Campania 811 606 52
Puglia 221 127 14
Basilicata -34 -9 -29
Calabria 250 64 7
Sicilia 142 19 -21
Sardegna 156 -52 -7
ITALIA 905 -1.095 379
NORD OVEST -281 -929 -45
NORD EST 33 -215 144
CENTRO -481 -800 213
SUD 1.634 849 67
Fonte: Elaborazioni Centro Studi Confcommercio su dati Movimprese

1 Il Rapporto è stato chiuso con le informazioni disponibili dicembre 2006

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