LE PROSPETTIVE DI CRESCITA PER IL 2003

LE PROSPETTIVE DI CRESCITA PER IL 2003

DateFormat

4 ottobre 2002

le prospettive di crescita per il 2003

 

 

Nel valutare il contesto all’interno del quale si colloca la manovra di finanza pubblica per il 2003 è necessario sottolineare come al momento attuale il quadro internazionale sia ancora interessato da una fase di crescita molto contenuta e non evidenzi segnali concreti di ripresa dell’attività produttiva.

 

Situazione che, come confermano anche gli andamenti dei mercati azionari, non sembra destinata a modificarsi nel breve periodo.

 

Gli scambi di beni, a livello mondiale, denotano dal secondo trimestre del 2000, una sensibile flessione.


 


Considerando le tendenze attuali, cioè gli scambi fino alla metà dell’anno in corso, è molto improbabile che il 2002 si chiuda con una crescita del commercio mondiale del 2,1%, come stimato dal FMI, o addirittura del 2,3%, come ottimisticamente previsto nella Relazione Previsionale e Programmatica.

 

Al contrario, il rischio è che il 2002 si chiuda per il commercio mondiale con una crescita delle quantità scambiate di appena qualche decimo di punto.

 

Ad un insoddisfacente sviluppo dell’interscambio commerciale si aggiungono i fattori di rischio geo-politico connessi al confronto USA-Iraq, con reazioni fortemente negative su tutti i mercati finanziari – il World Leaders Index della Borsa di New York si è riportato sulle stesse posizioni del 1995 deprezzandosi nei primi nove mesi dell’anno di oltre il 25% - e un sensibile riapprezzamento del prezzo al barile del greggio, portatosi a 27 dollari dai circa 19 di inizio anno.


 

 


La direzione nella quale evolverà la crisi irachena ed i tempi di risoluzione sono destinati a condizionare lo scenario macroeconomico internazionale in termini di crescita e di dinamiche dei costi delle materie prime.

 

E’ peraltro evidente, viste le incertezze che ancora gravano sulla situazione, l’impossibilità di quantificare l’impatto di un eventuale conflitto sull’economia mondiale.

 

Area euro

 

In tutti i paesi dell’area dell’euro si avvertono pesantemente i risvolti negativi derivanti del permanere di una fase di stagnazione in Germania, che non riesce a riproporsi come locomotiva dell’economia europea, funzione per la quale ancora non esistono sostituti.

 

Stando alle indicazioni più recenti è presumibile che almeno per tutta la prima parte del 2003 la Germania continui a mostrare incrementi produttivi particolarmente contenuti, in considerazione anche dei limiti posti alla politica economica dalle difficoltà di bilancio determinatesi negli ultimi anni.

 

Il 2002 si appresta a chiudersi per il complesso della UEM con una crescita decisamente modesta. Le variazioni congiunturali dei primi due trimestri dell’anno sono in media di circa lo 0,3% e rappresenterebbe già un risultato di rilievo raggiungere l’incremento dello 0,9% rispetto al 2001 stimato dal FMI nell’ultimo Outlook di settembre.

 


 


Unico fattore positivo, per l’area dell’euro, è il miglioramento del rapporto di cambio con il dollaro USA, riapprezzatosi di circa 10 centesimi a partire da marzo.

 

Il grande assente del processo di sviluppo dell’area monetaria continua ad essere la domanda interna, che a fine anno dovrebbe attestarsi sul +0,5%, per portarsi al 2,5% nel 2003, spingendo in tal modo il PIL dell’area euro al 2,3%.

 

Per l’anno in corso il contributo alla crescita deriverà esclusivamente dai consumi (+0,8%), in quanto la componente degli investimenti risulterà negativa (-1,6%) per il secondo anno consecutivo dopo il –0,6% del 2000, determinando un ulteriore rallentamento della produttività.

 

Nel 2003 i consumi delle famiglie dovrebbero collocarsi al di sopra del 2%, come pure gli investimenti, anche se tali dinamiche non solo non appaiono in grado di riavviare un robusto processo di espansione nell’intera UEM, ma scontano ipotesi di stabilità del quadro internazionale e degli equilibri geo-politici nell’area del Golfo Persico che potrebbero non realizzarsi.

 

 

Economia Italiana

 

Il continuo procrastinare l’avvio di una fase di rilancio dell’economia internazionale ed europea in particolare non può non condizionare le prospettive di crescita dell’economia italiana.

 

E’ presumibile che già il 2002 si chiuda con un tasso di sviluppo ancora più modesto di quello indicato nella Relazione Previsionale e Programmatica (0,4% a fronte dello 0,6%), per effetto di una crescita contenuta anche nei mesi finali dell’anno in corso.

 

Le modalità di sviluppo dell’economia italiana nella parte finale del 2002 sono destinate ad incidere anche sulla crescita del 2003, non solo in termini di «eredità», ma anche per le caratteristiche della ripresa.

 

Al momento attuale gli unici contributi positivi sembrano provenire dalla domanda estera, in ripresa dopo quattro trimestri consecutivi di riduzione, e dall’accumulo di scorte.

 

In stagnazione, con elementi di recessione per quanto concerne gli investimenti, appare invece la domanda interna.

 

E’ evidente che se anche negli ultimi mesi del 2002 i consumi e gli investimenti stenteranno a mostrare una netta inversione di tendenza, con tassi di incremento congiunturali prossimi se non superiori all’1,5%, gli impulsi positivi sullo sviluppo del prossimo anno tenderanno ad essere nettamente più contenuti.

 

In considerazione del contesto economico di riferimento, internazionale ed italiano, appare pertanto ottimistica la stima di incremento del PIL del 2,3% indicata dal Governo per il prossimo anno, nel quale è presumibile, invece, che lo sviluppo si attesti su di un valore pari all’1,8%.

 

QUADRO MACROECONOMICO

 

 

 

 

CONFCOMMERCIO

GOVERNO

 

2000

2001

2002

2003

2002

2003

PIL

2,9

1,8

0,4

1,8

0,6

2,3

Importazioni di beni e servizi

9,4

0,2

0,5

6,2

-0,1

7,1

Consumi finali interni

2,5

1,4

0,5

1,4

0,6

2,0

- Spesa delle famiglie residenti

2,7

1,1

0,2

1,6

0,3

2,5

- Spesa delle AP e delle ISP

1,7

2,3

1,4

0,7

1,5

0,5

Investimenti fissi lordi

6,5

2,4

-1,9

2,6

-1,4

2,3

Esportazioni di beni e servizi

11,7

0,8

-0,1

5,8

0,1

7,0

 

 

 

 

 

 

 

Inflazione

2,5

2,8

2,4

1,6

2,4

1,4

FONTE: Centro Studi CONFCOMMERCIO e Relazione Previsionale e Programmatica settembre 2002

 

In particolare dovrebbe risultare più contenuto lo sviluppo della domanda estera (5,8% contro il 7% indicato), in considerazione del permanere di un contesto internazionale meno dinamico di quello ipotizzato dal Governo, in conseguenza di una ripresa più contenuta delle economie dell’area dell’euro.

 

Sullo sviluppo delle esportazioni vi è da sottolineare come gravino problemi di competitività delle nostre merci, correlati ai limitati processi innovativi attuati dalle imprese italiane, che continuano ad avere una specializzazione molto accentuata in prodotti «maturi», situazione che ha portato negli ultimi anni ad una progressiva perdita di quote nell’ambito del commercio mondiale.

 

La tendenza ad una evoluzione produttiva meno sostenuta rispetto alle stime del Governo dovrebbe riflettersi anche sulle importazioni attese crescere, in termini reali, ad un tasso di poco superiore al 6% a fronte del 7,1% previsto.

 

A determinare un tasso di sviluppo decisamente meno espansivo rispetto a quello indicato nella Relazione Previsionale e Programmatica dovrebbe essere essenzialmente la domanda per consumi da parte delle famiglie la cui crescita, in termini reali, viene stimata su di un valore pari all’1,6% (contro il 2,5% indicato dal Governo).

 

Allo stato attuale non sembrano, infatti, esistere i presupposti per una ripresa sostenuta di questa componente.

 

Gli sgravi fiscali concessi non appaiono idonei a sviluppare un sensibile incremento del consumo in considerazione del fatto che, vista l’entità e le fasce di reddito a cui sono diretti, sembrano destinati essenzialmente a garantire un recupero, parziale, dell’erosione sui redditi derivante dalla più elevata inflazione realizzata nel 2002.

 

E’ peraltro presumibile che la sensazione di impoverimento, conseguente alle fluttuazioni dei corsi azionari, che ha spinto le famiglie nell’ultimo anno e mezzo ad aumentare la propensione al risparmio, non sia destinata a modificarsi nel breve periodo.

 

Il permanere di questa situazione potrebbe pertanto spingere anche nel 2003 le famiglie ad adottare comportamenti molto prudenti nei confronti dei consumi, nonostante il miglioramento del quadro economico.

 

Sulla variabile consumi potrebbero peraltro gravare da un lato le incognite legate all’evoluzione dell’inflazione, per i rischi connessi al prezzo delle materie prime energetiche, dall’altro la dinamica del mercato del lavoro attesa in rallentamento anche per l’incertezza sul permanere o meno degli sgravi per i neo assunti.

 

D’altra parte, stando ai dati relativi alle movimentazioni degli occupati nell’archivio INAIL, a partire da agosto sembra essersi interrotta la fase di espansione della base occupazionale, in quanto le iscrizioni evidenziano una crescita più contenuta rispetto alle cessazioni.

 

La presenza di un contesto di sviluppo ancora non particolarmente sostenuto dovrebbe riflettersi anche sulla dinamica degli investimenti attesi crescere ad un ritmo del 2,6%. Tale stima risulta lievemente superiore a quella indicata dal Governo in quanto riflette lo spostamento verso il 2003, e non nella parte terminale del 2002, della fase di recupero di questa componente della domanda interna.

 

E’ peraltro opportuno sottolineare come questa variabile possa risentire delle incognite legate al reale avvio di alcune grandi opere.

 

Il ritardo od il blocco di alcuni lavori, correlato alla situazione della finanza pubblica ed alle difficoltà degli enti locali, potrebbe, infatti, determinare uno sviluppo degli investimenti più contenuto rispetto a quello ipotizzato con inevitabili riflessi negativi anche sull’occupazione.

 

Dal lato dei prezzi già a partire dai primi mesi del 2003 si dovrebbe registrare un ridimensionamento del tasso di crescita dell’inflazione al consumo, attesa scendere sotto il 2,0% nella prima metà dell’anno, in conseguenza dell’attenuarsi di alcune pressioni all’origine.

 

Tale scenario sconta un rientro sostanzialmente rapido delle pressioni sulle materie prime energetiche, il permanere di un tasso di cambio dell’euro con il dollaro su livelli sostanzialmente vicini alla parità e politiche dei prezzi dei beni e servizi di pubblica utilità in linea con l’inflazione programmata.

 

Sotto quest’ultimo aspetto vi è peraltro il rischio che le limitate possibilità di finanziamento degli enti locali, introdotte con la finanziaria, portino ad un aumento dei costi di alcuni servizi locali con gli inevitabili riflessi negativi sull’inflazione, sui redditi disponibili e di conseguenza sui consumi delle famiglie.

 

La finanza pubblica

 

La tendenza ad una crescita meno accentuata di quella ipotizzata dal Governo potrebbe determinare anche nel 2003 uno scostamento, rispetto alle stime contenute nella nota di aggiornamento, nei risultati di finanza pubblica.

 

D’altra parte sembrano esservi già nel 2002 alcuni elementi che fanno ritenere come siano stati ancora sovrastimati i risultati di consuntivo dell’anno in corso per quanto concerne il deficit ed il debito.

 

Il divario esistente tra i dati del fabbisogno del settore statale nel periodo gennaio-settembre 2002 e 2001 (pari ad oltre 10 miliardi di euro) pubblicati recentemente dal ministero dell’Economia, lascia ipotizzare, nella media dell’anno, un peggioramento rispetto ai risultati conseguiti nell’intero 2001.

 

E’ pertanto possibile attendersi che anche il fabbisogno della pubblica amministrazione evidenzi nel 2002, rispetto al 2001, una crescita più elevata dello 0,4% indicato dal Governo.

 

Anche dal lato del debito viene indicato dal Governo nel 2002 un ridimensionamento dello stesso rispetto al PIL , ma tale dinamica, alla luce di quanto pubblicato dalla Banca d’Italia relativamente al mese di agosto, appare non agevole da raggiungere.

 

Nell’ipotesi di un ridimensionamento del tasso di crescita del debito nei mesi finali è probabile che l’incremento, a consuntivo, si approssimi su di un valore pari al 3%, in linea con lo sviluppo del PIL nominale, collocando il rapporto debito/PIL su di un livello analogo, se non superiore, a quello del 2001.

 

Con queste premesse ed in considerazione di una crescita che potrebbe risultare di mezzo punto percentuale più contenuta rispetto alle stime del Governo, con gli inevitabili riflessi negativi dal lato delle entrate, è presumibile che il prossimo anno non si possa raggiungere l’obiettivo di indebitamento/PIL dell’1,5% e di ridimensionamento del rapporto debito/PIL al 105%.

 

Il raggiungimento di quest’ultimo obiettivo presuppone tra l’altro la fine della fase di crescita del debito ipotizzato permanere sui livelli raggiunti nel 2002.

 

Sotto questo punto di vista un’opportunità, ma anche un rischio, è rappresentato dalla scadenza nel 2003 di molti BTP, CTZ e del debito estero le cui modalità e quantità di rifinanziamento sono destinate a condizionare i risultati in termini di rientro della finanza pubblica.

Banner grande colonna destra interna

Aggregatore Risorse

ScriptAnalytics

Cerca