Quale Terziario nel Terzo Millennio?

Quale Terziario nel Terzo Millennio?

Firenze, 14 novembre 2011

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14 novembre 2011
Quale Terziario nel Terzo Millennio

Quale Terziario nel Terzo Millennio?

 

Intervento del Presidente Carlo Sangalli

Firenze, 14 novembre 2011

 

 

 

Cari Amici,

il titolo interrogativo di questo incontro - “Quale Terziario nel Terzo Millennio?” - ha il pregio programmatico di invitarci ad una riflessione ambiziosa.

E’ un approccio giusto.

Perché non c’è dubbio che, oggi, siamo chiamati a confrontarci – nel mondo, in Europa ed in Italia – con sfide di portata straordinaria.

Per parte nostra, è anche con questa consapevolezza che abbiamo scelto di avviare l’iniziativa degli Stati Generali dell’Economia dei Servizi.

Lo abbiamo fatto mettendo in campo analisi e proposte che, oggi più che mai, partono dal contributo che pensiamo di potere dare a vantaggio degli interessi generali del Paese.

“Anzitutto, l’Italia”: è questo, infatti, il titolo che abbiamo voluto dare alla nostra iniziativa.

Per ricordare che l’Italia operosa che noi rappresentiamo sperimenta sulla propria pelle tutto l’impatto della grande crisi.

Ma, soprattutto, per dire che questa Italia produttiva non ha tirato i remi in barca e cerca, davvero nonostante tutto, di costruire ogni giorno crescita ed occupazione.

E’ questa la nostra fondamentale scelta di responsabilità.

Ed è questa scelta di responsabilità che legittima la nostra richiesta esigente di una “responsabilità repubblicana”.

In altri termini, di una condivisione di responsabilità fra tutte le forze sociali e politiche, fra tutte le istituzioni per scelte urgenti a vantaggio del bene comune dell’Italia.

Sono, infatti, evidenti le caratteristiche globali della crisi.

Ed è chiaro quanto l’incompiutezza del progetto politico europeo abbia nuociuto, determinando incertezze e ritardi nella risposta alla crisi dell’euro.

Ma, all’interno di questo innegabile quadro, il punto è che, alla fine, per l’Italia, tutti i nodi sono venuti al pettine.

E l’interrogativo fondamentale che i mercati internazionali si sono posti – ed ancora si pongono – è quale sia la capacità dell’Italia di sostenere il suo debito pubblico.

Di onorare un debito pari a circa il 120% della ricchezza nazionale annua a fronte di una crescita debole nel lungo periodo e rimasta debolissima, anche dopo la conclusione “ufficiale” della grande crisi e della recessione.

Come abbiamo annotato nelle prime pagine di “Anzitutto, l’Italia”: “Senza crescita, senza più crescita, la stagnazione è alle porte. La recessione è dietro l’angolo”.

Insomma, ci stiamo avvitando in una spirale perniciosa tra crescita debole ed effetti depressivi delle pur necessarie manovre di risanamento della finanza pubblica.

Diventa così più difficile assicurare anche la tenuta ed il risanamento dei conti pubblici.

E si impennano, intanto, il costo del servizio del debito pubblico, il costo della provvista per le nostre banche ed il costo del credito per imprese e famiglie.

Bisogna evitare che l’Italia vada in cortocircuito.

Occorrono, dunque, scelte e riforme che, in un quadro di saldissima disciplina di bilancio, rilancino la crescita, facendo leva sulle energie del mondo delle imprese e del lavoro.

Queste energie ci sono ancora. E l’Italia ha ancora buoni fondamentali.

Ma scelte e riforme vanno fatte ora.

Ora proprio per mettere a frutto, a vantaggio della crescita, i sacrifici richiesti per il risanamento dei conti pubblici.

E’ tempo di fare: con determinazione, con serietà, con rigore.

Ricostruendo credibilità, riguadagnando la fiducia degli italiani e la fiducia internazionale nei confronti dell’Italia.

E’ questo il cambio di passo che abbiamo chiesto.

Sollecitando controllo e riduzione della spesa pubblica, riforma del sistema previdenziale e del fisco, cessioni di patrimonio pubblico, liberalizzazioni e semplificazioni, investimenti in infrastrutture e per l’efficienza energetica.

Servono, allora, riforme ed ancora riforme.

Per una funzione pubblica più efficiente ed una spesa pubblica più contenuta e produttiva: condizioni necessarie per una progressiva riduzione di un troppo elevato livello di pressione fiscale, che avanzi in parallelo al sacrosanto recupero di evasione ed elusione.

Sacrosanto, perché chi evade mina le fondamenta del patto di cittadinanza ed agisce contro la crescita e contro lo sviluppo dell’Italia.

Il tutto nella prospettiva della costruzione di un federalismo fiscale responsabile nell'utilizzo delle risorse pubbliche e nel ricorso alla tassazione, e di un ordinamento tributario certo, stabile, semplificato.

Cambio di passo e riforme: torniamo a chiederli.

Anche oggi, qui, a Firenze.

E, poi, nelle altre tappe territoriali del nostro viaggio in un’Italia produttiva che non si arrende e crede, per il suo Paese, nella possibilità di un futuro diverso e migliore.

Crediamo in questo futuro e non accettiamo l’ineluttabilità del declino dell’Italia.

E, con gli Stati Generali dell’Economia dei Servizi, noi vogliamo allora raccontare la parte che intendono svolgere tutte le imprese – micro e piccole, medie e grandi – del sistema dei servizi.

Sono quei servizi di mercato, che, già oggi, contribuiscono alla formazione del valore aggiunto del Paese per circa il 58% ed alla formazione dell’occupazione per circa il 53%.

Soprattutto, è da questi servizi che potrà venire la produttività, la crescita, l’occupazione aggiuntiva, di cui l’Italia ha assoluta necessità.

E’ ora che se ne tenga conto. Che ne tenga conto la politica e chiunque governi.

Perché è da qui – dal riconoscimento del ruolo propulsivo dei servizi – che passano, anche in Italia, crescita, occupazione e futuro.

Occorre, allora, che si agisca per rimuovere, attraverso liberalizzazioni ancora necessarie e semplificazioni, barriere ed ostacoli all'attività d'impresa.

Liberalizzazioni, dunque: meno asimmetriche rispetto a quanto fin qui realizzato e che muovano, ora, dai servizi pubblici locali, dal trasporto ferroviario, dai servizi professionali.

Semplificazioni, ancora: per una funzione pubblica più efficiente, anche per via di innovazione tecnologica ed organizzativa, e per ridurre quella “tassa della burocrazia” che, nel nostro Paese, costa ben oltre quattro punti di PIL.

Mettere in campo una politica per i servizi – una politica, cioè, che accompagni incrementi di produttività e di crescita del sistema dei servizi –significa anche impegno per la qualificazione del capitale umano nella scuola, nell’Università, nei processi di formazione continua, e per il migliore collegamento tra formazione e mercato del lavoro.

Sul versante della sicurezza sociale e dei rapporti di lavoro, politica per i servizi significa, ancora, completamento della riforma della previdenza, chiusura del circuito della flexicurity attraverso la riforma degli ammortizzatori sociali, riduzione di una troppo rigida segmentazione del mercato del lavoro tra l’area dei contratti standard e l’area dei contratti temporanei.

Insomma, si tratta di fare dell’Italia una società più attiva, in cui il lavoro, il lavoro dei giovani anzitutto, è il fondamento di una sicurezza sociale più inclusiva e finanziariamente sostenibile.

Ma, tra gli “ingredienti” di una politica per i servizi, emerge, in particolare, il tema dell’innovazione.

Un’innovazione che, applicata al “patrimonio” dell’identità italiana, ne faccia fruttare le tante potenzialità: sia, ad esempio, la vitalità di quel pluralismo distributivo pro-concorrenziale, che così profondamente connota le nostre città e i nostri territori; sia, ancora ad esempio, la risorsa straordinaria del turismo.

Puntiamo, allora e con decisione, sul “patrimonio” dell’identità italiana.

E facciamola fruttare, per via di innovazione, sia rispetto al mercato interno, sia rispetto alle prospettive del nostro export.

Innovazione tecnologica e diffusione di banda larga, certo. Ma anche innovazione organizzativa in senso ampio.

Soprattutto, incentivando aggregazioni di gruppo e relazioni di distretto, di filiera e di rete come piattaforme per la maggiore competitività del tessuto delle piccole e medie imprese.

Reti per la costruzione di centri commerciali naturali e di distretti commerciali urbani.

Reti, ancora, per la costruzione di distretti turistici e di ogni altra forma di aggregazione pro-competitiva dell’offerta turistica italiana: della sua organizzazione, del suo funzionamento, della sua promozione.

Agendo con determinazione e coerenza, un grande obiettivo può essere colto: raddoppiare il contributo reso dal turismo alla formazione del PIL del nostro Paese.

Per tutto il sistema dei servizi, è vitale la maggiore efficienza dei trasporti e della logistica.

Bisogna rapidamente avanzare.

Perché persistenti inefficienze determinano, per il Paese, svantaggi competitivi nell’ordine di 40 miliardi di euro all’anno.

Le priorità d’intervento infrastrutturale vanno attentamente selezionate.

Ma, poi, le opere vanno portate rapidamente a compimento.

Snellendo drasticamente iter decisionale e procedurale ed assicurando un quadro di riferimento finanziario adeguato, certo, stabile.

E, ancora, vanno colte le opportunità dello sviluppo sostenibile e dell’innovazione finalizzata all’efficienza ed al risparmio energetico, nell’ambito di una strategia energetica nazionale.

Anche qui, non c’è tempo da perdere.

Perché, ad esempio, l’ultimo test europeo di competitività ci dice che, per le piccole e medie imprese italiane, la bolletta elettrica è la più cara d’Europa, fatta eccezione per quelle di Cipro e di Malta.

Particolarmente oggi, la crescita dell’Italia richiede una rafforzata collaborazione tra imprese e sistema bancario.

Ci ritroviamo insieme sulle ragioni della crescita del Paese.

Possiamo e dobbiamo ritrovarci insieme, quotidianamente e concretamente:

 

-                per sospingere costituzione e sviluppo delle reti d’impresa, e patrimonializzazione delle imprese;

-        per la modernizzazione del sistema dei pagamenti;

-        per agevolare l’accesso al credito, valorizzando il ruolo dei consorzi fidi e del Fondo centrale di garanzia, ed insistendo per correttivi ai parametri di Basilea 3.

 

Ho tentato una sintesi della nostra proposta di scelte per la crescita del Paese.

E’ una rassegna che chiudo segnalando il tema delle riforme istituzionali.

Riforme istituzionali e riforma della rappresentanza politica, anche mediante una legge elettorale che restituisca ai cittadini la possibilità di scegliere gli eletti in Parlamento.

Per rinnovare l’etica pubblica e per ridurre i costi della politica.

E per ricostruire – lo ribadisco - credibilità e fiducia: la fiducia degli italiani, la fiducia internazionale nei confronti dell’Italia.

Agire è urgente, drammaticamente urgente a centocinquant’anni dall’Unità.

Ce lo chiede l’Europa, e nessuno ci farà sconti.

Ma, soprattutto, agire è necessario per il futuro dell’Italia e delle sue giovani generazioni.

Due milioni di giovani che non studiano e che non lavorano sono una dissipazione di energie e di capitale umano, che un’Italia in via di rapido invecchiamento non può assolutamente permettersi.

Anche per questo, “è importante – come ha osservato Mario Draghi in uno dei suoi ultimi interventi da Governatore – che tutti ci convinciamo che la salvezza e il rilancio dell’economia italiana possono venire solo dagli italiani”.

Chiediamo, dunque, alla politica ed a chiunque governi di confrontarsi con le nostre proposte e di agire.

Di agire presto e bene, entro ed oltre il perimetro del maxi-emendamento alla legge di stabilità.

E’ questa la governabilità responsabile ed ambiziosa di cui il Paese ha, oggi, necessità ed urgenza.

E’ una governabilità che deve tradursi in capacità “di operare – cito il Presidente Napolitano – con la costante coesione necessaria per garantire adempimenti imprescindibili come le decisioni di bilancio e soluzioni adeguate per i problemi più urgenti del paese, anche in rapporto agli impegni e obblighi europei”.

Chiediamo questa governabilità e questa coesione.

Per parte nostra, scegliamo il “campo” degli interessi generali del Paese.

E saremo sempre con tutti coloro che si ritroveranno in questa scelta di responsabilità repubblicana.

Per dare certezza agli italiani ed ai mercati internazionali sulla capacità politica di onorare concretamente gli impegni di risanamento finanziario e di rilancio della crescita, che l’Italia ha assunto in sede europea.

Con responsabilità e tempestività, occorre lavorare affinchè l’Italia avanzi in un ambizioso e necessario disegno riformatore in condizioni di certezza di quadro politico.

Chiediamo che si faccia presto, prestissimo e che si mantenga saldo, saldissimo il primato degli interessi generali del Paese.

Ancora una volta, ci ritroviamo nell’esortazione del Presidente Napolitano ad una rinnovata responsabilità e coesione nazionale.

Prevalga questa responsabilità e questa coesione.

Lo chiediamo in tanti ed a gran voce.

Chiediamo un’Italia unita e protagonista in un’Europa più unita e più protagonista.

Anzitutto, l’Italia, dunque. Anzitutto, l’Italia, il suo futuro ed il futuro dei suoi giovani.

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