SERGIO BILLE' ALL'INAUGURAZIONE DELLA "CITTADELLA DELLE IMPRESE"

SERGIO BILLE' ALL'INAUGURAZIONE DELLA "CITTADELLA DELLE IMPRESE"

Taranto, 20 giugno 2003

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20 giugno 2003
INAUGURAZIONE DELLA "CITTADELLA DELLE IMPRESE"

Quando l'amico Emanuele Papalia mi ha parlato dell'iniziativa della "Cittadella delle Imprese" non mi sono stupito più di tanto perché ben conoscevo la determinazione con la quale la Camera di Commercio di Taranto, l'Ascom provinciale, le forze imprenditoriali nel loro complesso, quelle politiche e la città tutta, sanno progettare e realizzare interventi realmente innovativi.

Tra i tanti esempi mi è rimasto impresso quello dell'attivazione, tra i primi casi in Italia, di servizi telematici camerali decentrati. Ma anche l'articolazione e la completezza del sistema di servizi a favore delle piccole e medie imprese.

Ne cito alcuni: quelli per la formazione e l'assistenza tecnica; i servizi a carattere informativo e per il commercio internazionale; quelli rivolti all'innovazione.

Taranto rappresenta un esempio sia per il sistema camerale ma anche per il sistema Confcommercio e costituisce la prova tangibile di quanto siano infondati certi superficiali pregiudizi riguardanti le imprese meridionali e le loro rappresentanze camerali ed associative.

La "Cittadella delle Imprese" è più di un progetto ingegneristico: rappresenta la volontà di fornire agli imprenditori un punto di riferimento in grado di favorire lo sviluppo delle loro attività attraverso un sistema integrato di servizi.

La telematica trova ampio spazio nelle realizzazioni previste nella "Cittadella delle Imprese". Senza sottovalutare la tecnologia sono però convinto che anche la "fisicità" di un luogo dedicato all'impresa abbia la sua importanza. La vicinanza tra uffici, locali adatti alle necessità delle imprese, sono tutti elementi che giustificano l'impegno profuso e rappresentano un sicuro ingrediente di successo.

Non penso che solo le imprese siano le destinatarie di quest'opera. Penso ai consumatori, agli studenti, alla cittadinanza tutta. La realtà d'impresa, i suoi valori e la sua cultura, deve essere vissuta a livello collettivo e rappresenta un elemento sostanziale del contesto sociale - non solamente di quello economico - e questo specie dove la predominanza della piccola e media impresa finisce per creare un legame diretto impresa-individuo.

Ed è proprio su quest'ultimo aspetto che vorrei fare alcune considerazioni.

Oggi il valore rappresentato dalla piccola e media impresa appare appannato nelle analisi economiche. Il riferimento ad un eccesso di presenza delle Pmi nel tessuto imprenditoriale italiano è portato come una delle spiegazioni dell'insufficiente competitività del nostro paese.

Si è passati dall'elogio della piccola dimensione e dei distretti produttivi ad una critica aperta a tale dimensione d'impresa. Ma ci si dimentica quasi totalmente del fallimento delle grandi iniziative dell'industria pubblica, della crisi delle grandi imprese, della capacità - viceversa - delle Pmi di adattarsi continuamente alle mutevoli condizioni di mercato.

Le Pmi sono frutto dello spirito imprenditoriale italiano ma sono anche e soprattutto la risposta ai vincoli che lo Stato ha costruito per decenni in barba alla competitività ed alle croniche disfunzioni del nostro sistema. Non sono l'espressione di un esasperato, italico individualismo da mettere all'indice come disvalore.

Fortunatamente quello che si presentava come un ulteriore vincolo a questa tipologia di imprese - mi riferisco al referendum sull'articolo 18 - è stato superato senza danni. Altri vincoli, però, continuano a permanere. Basti pensare ad un sistema normativo che prevede - rispetto ad altri paesi europei - il doppio e, in alcuni casi, anche il triplo delle norme, spesso contraddittorie, da rispettare. Non so se fare l'imprenditore o il pubblico funzionario, ad esempio, in Francia sia più facile o più difficile. Certamente è meno complicato dal punto di vista normativo.

Ed allora non si può non rispondere a chi individua nella piccola e media impresa il tallone d'Achille italiano: un contesto normativo adeguato a quello degli altri paesi, un sistema di servizi pubblici efficiente, un sistema creditizio meno costoso, un sistema previdenziale in grado di sopravvivere, un mercato dei capitali più orientato alle Pmi, un mercato del lavoro moderno, un sistema fiscale meno oppressivo. Sono queste le priorità, gli interventi che consentiranno alle imprese di crescere, anche dimensionalmente, e di continuare a creare valore ed assicurare la competitività del paese.

Ma torniamo all'iniziativa che oggi celebriamo, la "Cittadella delle Imprese". Ho evidenziato quale sia la complessità dei problemi nei quali si imbattono le Pmi. La scelta di costituire un sistema integrato di servizi deve essere letta anche in questa prospettiva. A queste complessità di contesto si aggiunge la sfida costituita dalla competizione con gli operatori degli altri paesi, da quelli dell'Est europeo, prossimi all'entrata nella UE, a quelli del Far East.

Non voglio peraltro entrare nel tema delle politiche di incentivazione, cui è dedicato il convegno di domani. Mi soffermerei, invece, sul problema dell'allargamento che tanti timori solleva nelle aree oggi destinatarie dei fondi strutturali.

Dal vertice di Barcellona della primavera dello scorso anno è emerso il chiaro indirizzo verso una riduzione degli aiuti di stato alle imprese. L'orientamento per la prossima Agenda 2007 - quindi dopo l'allargamento - è di sostituire le politiche di incentivazione alle imprese con le politiche di contesto, volte a superare i problemi di carattere infrastrutturale che impediscono un pieno utilizzo dei territori.

Ci auguriamo che questo non significhi solo reti stradali o ferroviarie, porti ed altre infrastrutture, opere pur importanti per lo sviluppo di queste aree, ma significhi anche reti d'impresa, di servizi, di formazione, di ricerca, una pubblica amministrazione più efficiente.

E' stato sottolineato innumerevoli volte che la competizione non è più tra imprese ma tra aree, le quali si connotano in base all'efficienza dei servizi presenti ed alle economie localizzate.

Penso che esempi come quello della "Cittadella delle Imprese" facciano parte a pieno titolo del sistema di servizi inerenti un'area e che quindi contribuiscano alle economie localizzate ed alla competitività delle imprese.

Un investimento per la competitività dell'area, quindi. Non solo un'infrastruttura ed un insieme di servizi per quanto avanzati.

Ed è così che questa struttura deve essere vissuta tanto dagli operatori che dagli enti erogatori, avendo come guida e riferimento costante la capacità di competere con ciò che offrono altre aree, anche apparentemente distanti.

Un augurio di buon lavoro, quindi, ed un auspicio che ancora una volta Taranto possa fungere da laboratorio di esperienze innovative.

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