SERGIO BILLÈ ALLA CONVENTION ANNUALE DI ALTAGAMMA

SERGIO BILLÈ ALLA CONVENTION ANNUALE DI ALTAGAMMA

Roma, 11 luglio 2003

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11 luglio 2003
Intervento di Sergio Billè

Trovo assurdo, amici, che l’impresa italiana e, in particolare, quella parte di essa che ha saputo, in questi anni, realizzare notevoli performances grazie soprattutto alla sua originalità e alla forte carica inventiva delle sue idee, sia costretta, per sopravvivere, a combattere su più fronti.

Proprio come erano costretti a fare i marines durante la guerra del Vietnam.

Deve, infatti, combattere contro un agguerrito nemico esterno e cioè la profonda crisi che ha colpito tutti i mercati - Asia, Europa e Stati Uniti - nei quali si stava espandendo.

Ma, per sopravvivere, è costretta a guardarsi anche dalle insidie rappresentate dai tanti, troppi cecchini che sono appostati alle sue spalle.

E credo che valga la pena di dare a questi cecchini nome e cognome.

In primo luogo, l’esasperante lentezza che caratterizza il processo di modernizzazione del nostro sistema-paese.

Passi avanti in questa direzione ne sono stati certamente fatti, ma la meta appare ancora lontana centinaia di miglia.

Così gli operatori, per imporsi sui mercati mondiali, devono fare ogni giorno doppi, tripli salti mortali per cercare di accreditare l’immagine di un’Italia che, alle loro spalle, ancora non c’è.

E si deve appunto alla loro inventiva e alla loro capacità di realizzare idee forti se questo paese, nonostante tutto, gode ancora di qualche prestigio internazionale.

Ma un giorno o l’altro questi operatori potrebbero anche stancarsi di fare i pionieri e allora tutto potrebbe andare a rotoli.

Un altro cecchino è sicuramente rappresentato dall’irrisolutezza che ha caratterizzato il comportamento degli operatori della nostra politica.

Se c’era un momento in cui essi avrebbero dovuto fare ogni sforzo per fornire efficaci strumenti di sostegno alle imprese - e mi riferisco proprio a quelle dell’alta gamma - che, tra Sars, Irak e tutto il resto, erano costrette a navigare nella burrasca, questo momento doveva essere proprio adesso.

Non è stato fatto quasi nulla e non solo sono crollati i profitti di molte di queste imprese, ma stiamo rischiando di perdere importanti e preziose quote di mercato.

E riguadagnarle costerà uno sforzo immenso.

Molte delle imprese dell’alta gamma rappresentate oggi in questa sala credo che condividano questa mia angosciosa, assillante, motivata preoccupazione.

E si sarebbe almeno dovuta fronteggiare la crisi provocata dal crollo della domanda interna, ma neanche su questo versante sono stati adottati provvedimenti di qualche efficacia.

La verità è che, in questi due anni, nel nostro paese, sono andate sommandosi due crisi di diversa radice: quella internazionale, senza dubbio assai grave, la più grave degli ultimi dieci anni, e quella di un sistema che continua a non essere attrezzato non solo per mantenere, nei momenti più difficili, un sufficiente grado di competitività ma anche per affrontare, con speranze di successo, una competizione sui mercati che è cresciuta in modo esponenziale.

Per questo la nostra economia ha rischiato e continua a rischiare di andare in corto circuito.

E’ probabile che entro la fine di quest’anno o nella primavera del 2004 l’economia internazionale possa finalmente svoltare.

Ce lo auguriamo tutti e poi è nell’ordine delle cose che questo accada perché paesi come gli Stati Uniti ma anche quelli della stessa Europa non hanno alcuna intenzione di sopportare alla lunga processi recessivi.

Ma il punto chiave resta un altro.

Pesante come un macigno, è rappresentato dai ritardi che ancora caratterizzano il processo di modernizzazione del nostro sistema.

Perché se, nei prossimi mesi, non verrà impressa finalmente una forte accelerazione al programma di riforme che il governo ha in cantiere, e che fino ad ora è stato realizzato in modo assai incerto ed ondivago, sarà difficile che il treno della ripresa si fermi anche alla nostra stazione.

E qui ai gestori della politica vanno posti alcuni interrogativi che riguardano proprio la sostanza dei problemi che questo paese si trova oggi costretto ad affrontare.

Il primo. E’ più che normale che all’interno dei partiti che formano la maggioranza dell’attuale governo possano nascere divergenze e contrasti su contenuti e priorità di un programma che, proprio perché intende realizzare vere ed importanti riforme di sistema, ha carattere di assoluta straordinarietà andando ben oltre la normale amministrazione.

Ma sarebbe un vero guaio per il paese se questi contrasti, anziché produrre l’effetto desiderato cioè quello di una reale accelerazione delle riforme, finissero con il diventare, invece, un elemento di cronica litigiosità e quindi di instabilità nella gestione della politica del governo.

Le verifiche possono essere senz’altro utili ma devono essere concise e portare a risultati che producano reali vantaggi non solo agli operatori della politica ma soprattutto al paese.

E non ci è ancora affatto chiaro se e in quale misura ci si stia effettivamente muovendo in questa direzione.

Una cosa è certa: il paese non può aspettare in eterno che questi problemi vengano risolti.

Si cerchi una soluzione che sia davvero una soluzione. Il tempo scorre, la pazienza del paese sta finendo.

Seconda questione. Ci sono problemi che, più di altri, hanno bisogno di urgenti ed efficaci soluzioni.

Provo ad elencarne alcuni.

1-     Il primo è quello di elaborare prima un documento di politica economica e poi una legge finanziaria che metta a disposizione delle imprese strumenti e risorse che siano sufficienti a far recuperare competitività al sistema.
Fino ad ora ciò non è stato fatto se non in misura del tutto inadeguata e solo per alcuni comparti di impresa, quelli che, nonostante questi aiuti, non sono riusciti a portare a casa né nuovi posti di lavoro né maggiore valore aggiunto.
Gli altri - l’alta moda come tutto il comparto delle imprese del terziario - hanno dovuto tirare la carretta da soli.
Così non va, non va e non può più andare.

2-     Secondo problema: non c’è oggi riforma più importante, più urgente, più esiziale di quella della riduzione della spesa pubblica corrente, una spesa che oggi assorbe il 93% delle risorse dello Stato lasciando agli investimenti soltanto briciole, meno che briciole. Basterebbe ridurre questa spesa del 2% per almeno raddoppiare le spese per investimenti. Si faccia qualcosa perché così non si può più andare avanti. So bene che ridurre la spesa corrente significa toccare interessi forti e consolidati. Ma o si fa questa riforma o sarà impossibile realizzare una modernizzazione del sistema .

3-     Bisogna accelerare l’attuazione della riforma fiscale perché è ormai fuori da ogni logica pensare che si possa rimettere in moto tutto il nostro sistema economico senza porre mano a sgravi fiscali che non solo aumentino il potere di acquisto delle famiglie ma che consentano anche alle imprese di riacquistare competitività su tutti i mercati, quello interno come quello internazionale.
Un altro anno così e il sistema affonda.

4-     Le pensioni. Nessuno nega l’urgenza di una riforma ma sarà impossibile realizzarla fino a quando, nel paese, non si ricreerà quel clima di fiducia che, da qualche tempo a questa parte, si è ormai proprio perso per strada.
Prima di affrontare altri sacrifici - e l’elenco di quelli sostenuti fino ad oggi sarebbe piuttosto lungo - bisogna dare alla gente la voglia di guardare al futuro con un po’ più di ottimismo.
Rimettiamo in moto l’economia e poi anche questo problema, sicuramente reale, potrà essere affrontato e risolto.
Ma prima ridiamo un po’ di ossigeno al sistema. Quello che oggi gli resta gli basta solo per sopravvivere. E con grande fatica.

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