FAQ sulle regole in vigore
FAQ sulle regole in vigore
Le risposte ai dubbi e agli interrogativi delle imprese
In questa pagina sono riportate, in sintesi, le risposte alle vostre domande più frequenti concernenti il decreto legge del 22 aprile 2021 n. 52. Il DPCM 2 marzo 2021 continua ad essere applicato per le parti non modificate.
Invitiamo le imprese che abbiano necessità di ulteriori chiarimenti a rivolgersi alla propria associazione territoriale o federazione. Cerca quella più vicina a te.
Si può ballare durante le cerimonie stando a distanza di 1,2 m e per una durata massima di 15 minuti?
Per quanto riguarda le cerimonie, la scheda contenuta nelle linee guida recepite con l'ordinanza del Ministero della Salute dello scorso 29 maggio non contiene alcuna indicazione relativa al ballo. Peraltro, la distanza di 1,2 metri riportata rappresenterebbe un unicum all'interno del documento, considerando che per nessuna attività è previsto un simile distanziamento.
Ciò che è sicuramente vero, invece, è che nella scheda relativa alle esibizioni musicali (cui quella sulle cerimonie rimanda) è previsto il rispetto delle misure di carattere generale previste per cinema e spettacoli dal vivo, tra le quali anche la previsione per cui "non è consentito assistere in piedi allo spettacolo".
Inoltre, l'art. 7 del DPCM 2 marzo, per quanto concerne la disciplina applicabile all'interno della zona bianca, stabilisce che "Restano sospesi gli eventi che implichino assembramenti in spazi chiusi o all'aperto, comprese le manifestazioni fieristiche e i congressi nonché le attività che abbiano luogo in sale da ballo e discoteche e locali assimilati, all'aperto o al chiuso". Mentre il D.L. 52/2021 è intervenuto sulla disciplina applicabile per quanto concerne fiere, convegni e congressi (art. 7), il divieto relativo alle attività che abbiano luogo presso discoteche, sale da ballo e locali assimilati, anche all'aperto, rimane valido.
Pertanto, sebbene il ballo in occasione delle cerimonie non sia oggetto di uno specifico divieto, gli elementi di cui sopra inducono prudenzialmente a ritenere che lo stesso – in mancanza di chiarimenti ufficiali di segno opposto – non sia al momento consentito.
Per le attività di ristorazione permane il divieto di consumo di cibi e bevande nei luoghi pubblici e aperti al pubblico dopo le 18 e il divieto di consumazione sul posto o nelle adiacenze previsti per la zona gialla (art. 27 Dpcm 2 marzo 2021)?
L'art. 7, comma 1, del DPCM 2 marzo prevede che nelle zone bianche "cessano di applicarsi le misure di cui al Capo III relative alla sospensione o al divieto di esercizio delle attività ivi disciplinate", e sembrerebbe dunque riferirsi soltanto a specifiche disposizioni di cui al Capo III.
L'ordinanza del Ministero della Salute del 4 giugno 2021 ha stabilito che "fino al 21 giugno 2021, in zona bianca il consumo al tavolo negli spazi al chiuso è consentito per le attività dei servizi di ristorazione per un massimo di sei persone per tavolo, salvo che siano tutti conviventi". Tale formulazione pare dare per acquisita l'assenza di vincoli all'interno delle zone bianche: in caso contrario, infatti, l'ordinanza avrebbe dovuto disciplinare anche il consumo al tavolo all'aperto che, diversamente, sarebbe rimasto assoggettato ai limiti previsti dal DPCM 2 marzo.
Sembra dunque che, all'esito del confronto di cui sopra, si sia convenuto di sostenere un'interpretazione secondo cui il limite delle quattro persone per tavolo non sarebbe più applicabile all'interno delle zone bianche, benché non si tratti di una misura relativa "alla sospensione o al divieto" dell'attività di ristorazione, quanto semmai alle modalità del suo svolgimento.
Di conseguenza dovremmo ritenere che, in zona bianca, cessino di applicarsi anche le disposizioni che prevedono il divieto di consumo di cibi e bevande nei luoghi pubblici e aperti al pubblico dopo le 18 e il divieto di consumazione sul posto o nelle adiacenze delle attività.
Ciò, d'altra parte, sarebbe in linea con quanto sostenuto dal Ministero dell'interno già nella sua circolare del 6 marzo 2021 in cui, nel riferirsi alla disciplina applicabile nelle zone bianche, affermava in generale che "all'interno della zona bianca viene prevista, in ragione del più basso livello di rischio epidemiologico, da attestarsi con ordinanza del Ministro della Salute, la cessazione delle misure restrittive stabilite per la zona gialla, ferma restando l'applicazione delle generali misure anti-contagio, nonché dei protocolli e delle linee-guida allegati al DPCM", senza quindi distinguere tra misure relative alla sospensione o al divieto di esercizio di attività e misure restrittive di diversa natura.
In zona bianca, permangono le restrizioni per le visite a parenti ed amici relative all'orario, al numero di persone che si spostano e al numero di abitazioni da visitare?
Ai sensi del DPCM 2 Marzo e del D.L. n. 52 del 22 aprile u.s., nelle zone bianche gli spostamenti per visite ad amici e parenti, in altre abitazioni private, sono liberi e non soggetti alle limitazioni di orario e di numero di persone, validi, invece, nelle zone gialle e arancioni.
Con il ritorno delle regioni in zona bianca, è possibile effettuare le presentazioni in libreria oppure è necessario attendere il 1 luglio?
Ai sensi delle “Indicazioni della Conferenza delle regioni e delle province autonome sulle 'zone bianche'” del 26 maggio 2021 (recepite con ordinanza del Ministero della Salute del 28 maggio 2021), per la zona bianca cessano di applicarsi le misure restrittive previste per la zona gialla relative alla sospensione o al divieto di esercizio delle attività.
Più precisamente, tali indicazioni espressamente prevedono che: “fermo restando il rispetto degli obblighi di legge in zona bianca relativi all'utilizzo delle mascherine, al distanziamento per scongiurare gli assembramenti, all'aerazione e alla sanificazione e la necessità di assicurare un attento monitoraggio dell'evoluzione dei contagi nei singoli territori regionali, si ritiene opportuno condividere sin d'ora le seguenti misure per la zona bianca:
- superamento delle limitazioni orarie alla circolazione e alle attività;
- anticipazione al momento del passaggio in zona bianca delle riaperture delle attività economiche e sociali per le quali la normativa vigente (d.l. n.52/2021 e d.l. n.65/2021) dispone già la riapertura in un momento successivo”.
La ripresa delle attività economiche e sociali deve, in ogni caso, svolgersi nel rispetto delle specifiche misure di prevenzione stabilite nelle “Linee guida per la riapertura delle attività economiche e sociali”, adottate dalla Conferenza delle Regioni e delle Province autonome e degli altri protocolli.
Secondo tale dettato normativo, sembrerebbero quindi essere consentite, da lunedì 14 giugno, le presentazioni di prodotti editoriali o commerciali all'interno delle librerie nella Regione Lazio.
Infine si informa che, ad oggi, a livello regionale non risulta emessa alcuna ordinanza proprio in merito alla ripresa delle attività economiche in zona bianca.
È possibile svolgere presentazioni di libri in libreria al chiuso ed eventualmente da quando e con quali restrizioni? Le nuove linee guida per la ripresa delle attività economiche e sociali (del 28 maggio 2021) sembrano permettere queste attività, ma potrebbero esserci delle normative regionali di recepimento o integrative rispetto alle linee guida approvate.
Attualmente, la presentazione di prodotti editoriali o commerciali, svolta all'aperto o al chiuso, viene assimilata, alla luce degli indirizzi interpretativi forniti dal Governo con la circolare del Ministero dell'interno del 27 ottobre 2020, ad eventi quali fiere, convegni, convention aziendali, rientrando tra i c.d. "altri eventi” che, allo stato, risultano sospesi.
Tale assimilazione è stata recentemente confermata dalle “Linee guida per la ripresa delle attività economiche e sociali, approvate dalla Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome lo scorso 28 aprile, che dedicano una specifica sezione a Congressi e a grandi eventi Fieristici, che trova applicazione anche ai c.d. altri eventi assimilabili.
Ad oggi, dunque, nonostante i progressivi allentamenti dei divieti, finalizzati alla ripresa delle attività economiche (cfr. art. 1, comma 14 Dl 33/2020), non vi è alcuna disposizione specifica che consenta il riavvio di tali attività.
Riteniamo, pertanto, che fino a quando non interverrà un nuovo indirizzo interpretativo o una nuova disposizione specifica permanga la suddetta assimilazione degli eventi in questione ai convegni ed ai congressi.
Tali eventi, ad oggi, potranno avere luogo, in base a quanto previsto dal decreto-legge 22 aprile 2021, n. 52, recante "Misure urgenti per la graduale ripresa delle attività economiche e sociali nel rispetto delle esigenze di contenimento della diffusione dell'epidemia da COVID-19", solo a partire dal prossimo 1° luglio 2021, in zona gialla, nel rispetto di protocolli e linee guida attualmente adottati, ai sensi dell'articolo 1, comma 14, del decreto-legge n. 33 del 2020.
Sappiamo che l'ALI, per il tramite del Ministero della Cultura, ha interessato il Governo per far in modo che tali eventi vengano assimilati agli spettacoli all’aperto, consentiti a decorrere dal 26 aprile 2021 dall’art. 5 del D.L. “Riaperture”.
Non abbiamo tuttavia ad oggi nuovi aggiornamenti rispetto a quanto sopra evidenziato e restiamo, pertanto, in attesa di un nuovo indirizzo interpretativo sulla questione, con il quale il Governo accolga quanto prospettato dal Ministero della Cultura, superando così la citata circolare del Ministero dell’Interno.
Consigliamo, pertanto, di verificare se, a livello locale, siano state emesse ordinanze volte a consentire lo svolgimento di tali attività nel periodo antecedente il prossimo 1 luglio, ovvero, di confrontarsi con la Prefettura competente per capire se, per esempio nelle zone bianche, sia già possibile l'organizzazione di tali eventi a tutela dei vostri associati e degli autori loro ospiti.
A seguito del documento della Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome sulle “Indicazioni comuni per le riaperture delle attività economiche e sociali nelle zone bianche da inserire nelle ordinanze regionali” le feste non conseguenti cerimonie sono possibili?
Il documento sulle zone bianche che hai inviato, è stato approvato dalla Conferenza delle regioni il 28 maggio ed inviato al ministro della salute Speranza come evidenziato dal comunicato del 4 giugno sul sito web delle regioni.
Esso pertanto non rende automaticamente possibile lo svolgimento di feste e delle altre attività ivi indicate.
È nelle ordinanze del ministero della salute che ammettono le regioni in zona bianca (cfr., da ultimo, quella del 4 giugno per la vostra Regione) che vengono indicate le misure applicabili.
Fra queste, ad oggi, vengono menzionate soltanto le Indicazioni delle regioni del 26 maggio.
In zona bianca continua ad essere valido il contingentamento di 1 persona/40mq nei negozi, previsto nell’Allegato 11 del DPCM 2 marzo 2021?
Sì, ad oggi permangono le limitazioni di accesso contenute nell’Allegato 11 del DPCM 2 marzo 2021, in conformità a quanto previsto dall’art. 16 del D.L. 65/2021, relativamente agli esercizi commerciali (salvo quelli ubicati all'interno di centri commerciali, parchi commerciali, gallerie commerciali e strutture assimilate, per i quali si rinvia all’art. 3 del citato D.L). Inoltre le limitazioni di accesso devono essere coordinate con le misure anti contagio contenute nelle linee guida approvate lo scorso 28 maggio.
Sì, dal 15 giugno, in zona gialla, è consentito lo svolgimento di feste/ricevimenti conseguenti alle cerimonie civili e religiose (matrimoni, battesimi o altri eventi analoghi), anche al chiuso, nel rispetto dei protocolli e delle linee guida adottate ai sensi dell'articolo 1, comma 14, del decreto legge n. 33/2020 e con la prescrizione che i partecipanti siano muniti di una delle certificazioni verdi Covid-19 di cui all'art. 19 del decreto-legge n. 52/2021.
Le certificazioni verdi Covid-19, necessarie per la partecipazione a feste conseguenti cerimonie civili/religiose, sono obbligatorie anche per i minori?
Non ci sono ulteriori novità sulle certificazioni verdi Covid-19 di cui all'art. 19 del decreto-legge n. 52/2021. Per quanto riguarda i minori, va evidenziato che si tratta di soggetti che hanno ancora accesso ad un vaccino in maniera universale e, quindi, la certificazione potrebbe coprire solo soggetti eventualmente guariti o sottoposti a test. Ma è una questione che necessita chiarimenti.
Al momento non vi sono disposizioni specifiche per quanto riguarda feste che non conseguano a cerimonie civili o religiose. Le feste di compleanno, infatti, a differenza, ad esempio, delle feste di laurea, non conseguono ad alcuna cerimonia, seppur potrebbero rientrare tra i cosiddetti “eventi analoghi” a cerimonie civili e religiose. Ma quest’ultima è un’interpretazione non supportata da chiarimenti governativi. Si consiglia un confronto con la Prefettura competente per verificare che l'interpretazione di un’analogia tra eventi analoghi a feste di compleanno sia condivisa dagli organi di controllo.
Il cartello sulla capienza massima del locale esposto nei pubblici esercizi deve far riferimento solo agli spazi interni o agli spazi sia interni che esterni?
Quando si parla di capienza massima del "locale" si sottintende uno spazio interno
Per gli spazi esterni si rimanda alle Linee Guida delle Regioni che prescrivono, negli ambienti all'aperto (giardini, terrazze, plateatici, dehors), di disporre i tavoli in modo da assicurare almeno 1 metro di separazione tra i clienti di tavoli diversi. Tali distanze possono essere ridotte solo con barriere fisiche di separazione, avendo comunque cura che non sia ostacolato il ricambio dell'aria. È necessario, però, controllare sempre che non vi siano disposizioni diverse, più restrittive, a livello locale (es. ordinanze, ecc.).
Le ultime Linee Guida della Conferenza delle Regioni, approvate con Ordinanza del Ministero della Salute lo scorso 29 maggio hanno previsto, relativamente agli accessi consentiti, che il numero massimo di presenze contemporanee debba essere calcolato in relazione ai volumi di spazio e ai ricambi d'aria ed alla possibilità di creare aggregazioni in tutto il percorso di entrata, presenza ed uscita.
Al fine di rispettare la suddetta misura, è possibile mantenere il cartello sulla capienza massima consentita relativo agli spazi interni, anche per le zone bianche, oltre che per quelle gialle.
Il cartello con la capienza massima nei pubblici esercizi al chiuso è ancora obbligatorio?
Sì, fino al 31 luglio, in zona gialla. Il cartello con l'indicazione della capienza massima prevista è ancora in vigore e disciplinato dall'art. 11 comma 2 del DPCM 2 marzo 2021, che prescrive l'obbligo nei locali pubblici e aperti al pubblico, nonché per tutti gli esercizi commerciali, di esporre all'ingresso del locale un cartello che riporti il numero massimo di persone ammesse contemporaneamente nel locale medesimo, sulla base dei Protocolli e delle Linee Guida vigenti.
La tenuta e la conservazione di un registro delle attività di pulizia e sanificazione, pur non essendo un obbligo (a meno che questo non sia previsto in qualche disposizione a livello regionale), è una raccomandazione contenuta in un documento tecnico dell'Inail.
Si consiglia di continuare a tenerlo per la verifica della loro attuazione (tipo di apprestamento, attrezzature, data, operatore che ha condotto l'attività e indicazione dei prodotti utilizzati) in caso di controlli ispettivi.
Per le feste è necessario che i partecipanti siano muniti del green pass: a chi spetta controllare se l'invitato ne è in possesso?
Sull’argomento si è in attesa di chiarimenti dal Governo. Da un lato, infatti, sembra che si riproponga il medesimo profilo sulla dichiarazione di convivenza per tavoli maggiori di 4 persone che, però, le linee guida esplicitano essere a carico di chi lo dichiara; mentre l'art. 9, comma 2, del DL 65 parla di prescrizione, termine che potrebbe essere interpretato dagli organi di controllo anche come ricadente sul soggetto nella cui attività si svolge la festa.
Approfondisci qui per maggior informazioni sulle vaccinazioni nei posti di lavoroLe attività con codice ATECO 93.29.90, “altre attività di intrattenimento e di divertimento” con licenza art. 69 del Tulps come spettacoli viaggianti, possono riaprire dal 15 giugno in zona gialla?
In assenza di specifiche indicazioni da parte del Governo, è preferibile attendere il 15 giugno per l'organizzazione di tali tipologie di eventi.
Gli spettacoli viaggianti potrebbero essere assimilati agli spettacoli aperti al pubblico svolti in ”altri locali o spazi anche all’aperto”. In base a questa interpretazione tali eventi, già dal 26 aprile 2021, possono essere svolti in zona gialla, nel rispetto delle indicazioni prescritte dall’articolo 5 comma 1 Dl 22 aprile 2021 n. 52 e nel rispetto delle linee guida adottate ai sensi dell’art. 1 comma 14 Dl n. 33 2020.
Diversamente, se identifichiamo tali eventi sulla base del Codice ATECO assegnato, questa attività potrebbe essere assimilata ai parchi tematici e ai parchi di divertimento. In questo caso le attività sarebbero consentite, in zona gialla, dal 15 giugno 2021, nel rispetto di protocolli e linee guida adottati ai sensi dell’art. 1 comma 14 Dl n. 33 2020.
Inoltre, alcune Regioni nell'elaborazione di protocolli regionali, hanno ricompreso gli spettacoli viaggianti nell’ambito della disciplina prevista per l'apertura di parchi tematici.
Consigliamo, pertanto, di verificare se, a livello locale, siano state emesse ordinanze volte a consentire lo svolgimento di tali attività nel periodo antecedente il prossimo 1 luglio, ovvero di confrontarsi con la Prefettura competente a tutela degli operatori associati.
L’attività può riprendere dal 1° luglio 2021. Il DL 65/2021 prevede che le attività di sale giochi, sale scommesse, sale bingo e casinò, anche se svolte all'interno di locali adibiti ad attività differente, possano riprendere, in zona gialla, a partire dal prossimo 1° luglio (art. 7).
Ai sensi degli articoli 86 e 110 del TULPS (R.D. 773/1931), una sala da biliardo rientra nella più ampia definizione di "sala giochi" ed è, dunque, assoggettata alla disciplina di cui sopra.
Novità sull'obbligo (per i soggetti iscritti al Registro delle imprese) di pubblicazione sul sito internet aziendale, entro il 30 giugno di ogni anno, degli aiuti e contributi pubblici, oltre 10.000 €, ricevuti nell'anno precedente.
Nel corso dell'iter parlamentare di conversione del decreto-legge 52/2021 è stato presentato un emendamento finalizzato a rinviare al 30 giugno 2022 l'obbligo di pubblicazione degli aiuti di stato ricevuti dalle imprese nel 2020 e a sospendere le relative sanzioni per il mancato adempimento. Confcommercio sta monitorando l'iter parlamentare del provvedimento per darne, non appena concluso, tempestiva comunicazione attraverso i canali ufficiali della Confederazione.
Sì, fino al 6 giugno 2021. L'art. 4 del DL 52/2021 consente, nella zona gialla, le attività dei servizi di ristorazione, svolte da qualsiasi esercizio, con consumo al tavolo esclusivamente all'aperto, anche a cena, nel rispetto dei vigenti limiti orari agli spostamenti.
Con la circolare del 7 maggio scorso, il Ministero dell'Interno ha precisato che, in considerazione della portata di carattere generale e innovativo delle previsioni introdotte con la suddetta disposizione, per i soggetti che svolgono come attività prevalente una di quelle identificate dal codice ATECO 56.3, in zona gialla, la vendita per asporto deve, quindi, ritenersi consentita anche oltre le ore 18:00, nel rispetto dei vigenti limiti orari agli spostamenti.
Con tale precisazione il Ministero ha, dunque, attribuito portata prevalente alla disposizione di cui all'art. 4 del DL 52/2021, che consente la prosecuzione delle attività entro i limiti orari agli spostamenti, rispetto alla disposizione di cui all'art. 27, comma 2, del DPCM 2 marzo 2021 che, per le attività con codice prevalente 56.3, prevede il limite delle ore 18:00 per l'asporto.
È possibile, dunque, ritenere che la medesima interpretazione sia applicabile per la generalità delle attività dei servizi di ristorazione, per le quali il limite orario alla vendita per asporto, ai sensi del medesimo articolo 27 del DPCM 2 marzo 2021, è formalmente fissato alle ore 22:00.
Pertanto la vendita per asporto, nella zona gialla, sarà consentita nel rispetto dei limiti orari agli spostamenti previsti dall'art. 1, comma 1, del DL 65/2021 che, al momento e fino al prossimo 6 giugno, stabilisce il limite delle ore 23:00.
Esistono limiti numerici per le cerimonie? E quali sono le notizie riguardo al Covid Manager per le cerimonie?
Al momento non sembrano esserci limiti numerici per le cerimonie. Si parla di Covid manager ma è una figura professionale che non è legata ad obblighi derivanti dalla normativa vigente. Qualche elemento in più potrà forse venire dalla prossima circolare del ministero dell'interno.
Se una Regione diventa zona bianca prima delle date di riapertura stabilite dal dl 18 maggio 2021 n. 65, è possibile anticipare lo svolgimento di una festa dopo una cerimonia civile o religiosa?
Al momento, le uniche regole valide per le zone bianche sono quelle contenute nell'art. 7 del DPCM del 2 marzo, la cui efficacia è stata prorogata al 31 luglio 2021, prima dal DL 52/2021 ora confermata dal DL 65/2021.
Secondo l'art. 7 citato, nelle zone bianche, cessano di applicarsi le misure di cui al Capo II, relative alla sospensione o al divieto di esercizio delle attività ivi disciplinate.
Purtroppo però il medesimo art. 7 mantiene, nelle zone bianche, la sospensione delle manifestazioni fieristiche e dei congressi che, al contrario, saranno consentiti nelle zone gialle già dal 15 giugno (per le fiere) e dal 1° luglio per i congressi.
Queste incongruenze dovranno essere rimosse anche se al momento è azzardato pensare ad un'automatica estensione della possibilità di organizzare feste conseguenti a cerimonie prima del 15 giugno, data fissata nell’art. 9 del DL 65/2021.
L'art. 16, comma 2, del DL 65/2021 stabilisce che, per quanto non modificato da tale provvedimento, resta fermo quanto previsto dal decreto-legge 52/2021.
Già ora l'art. 4 del DL 52/2020, nella zona gialla, consente le attività dei servizi di ristorazione, svolte da qualsiasi esercizio, con consumo al tavolo esclusivamente all'aperto, anche a cena, nel rispetto dei vigenti limiti orari agli spostamenti.
Pertanto, in conseguenza della modifica dei limiti orari agli spostamenti introdotta con l'art. 1, comma 1, del DL 65/0221, le attività dei servizi di ristorazione nella zona gialla sono consentite fino alle 23:00, con consumo al tavolo esclusivamente all'aperto.
È possibile riprendere l'attività di presentazione di libri all'aperto, in sale pubbliche o in libreria? E con quali accorgimenti?
Sì, dal 1° luglio. Il decreto-legge 22 aprile 2021 n. 52 consente la ripresa di convegni e congressi a partire dal prossimo 1° luglio 2021, in zona gialla, nel rispetto di protocolli e linee guida attualmente adottati, ai sensi dell'articolo 1, comma 14, del decreto-legge n. 33 del 2020. Il decreto riporta, inoltre, che le linee guida di cui al comma 1 possono prevedere, con riferimento a particolari eventi di cui al medesimo comma 1, che l’accesso sia riservato soltanto ai soggetti in possesso delle certificazioni verdi COVID-19 di cui all’articolo 9.
Gli accorgimenti da seguire sono esposti nelle recenti “Linee guida per la riapertura delle Attività Economiche e Produttive”, approvate dalla Conferenza delle Regioni e dal governo lo scorso 28 aprile, che contengono una scheda specifica riguardante le indicazioni che si applicano a: convegni, congressi, grandi eventi fieristici, convention aziendali ed eventi ad essi assimilabili.
La ristorazione negli alberghi e in altre strutture ricettive resta consentita, senza limiti di orario, solamente ai clienti alloggiati. Si esclude la possibilità che vengano consumati pasti, sia all'aperto che al chiuso, da soggetti che non siano ospiti dell’albergo. Ciò è quanto indicato nella Circolare del Ministero dell'interno del 24 aprile 2021 e nell’art. 4 del decreto legge n. 52, che riproduce la disposizione di cui all'ultimo periodo del comma 1 dell'art. 27 del DPCM del 2 marzo.
Il giorno del patrono e il giorno precedente sono da considerarsi rispettivamente festivo e pre-festivo?
Il giorno del santo patrono non è una festività in senso proprio, ma è equiparata alle festività dai contratti collettivi. Per il terziario, l’art. 154 del CCNL TDS include tra le festività che devono essere retribuite il Patrono del luogo dove si svolge il lavoro (cfr. alla legge n. 260 del 1949 come modificata dalla legge 54/1977).
L'unica eccezione è per il giorno dei santi Pietro e Paolo (29 giugno) che è considerato festivo, per il solo comune di Roma, dal DPR 792/1985. In questo contesto è necessario il confronto con il comando della polizia locale per acquisire il loro orientamento.
Circoli privati: rientrano nella categoria dei centri culturali, centri sociali e centri ricreativi le cui attività, Il decreto legge 18 maggio n. 65, indica il 1° luglio, in zona gialla, come data di riapertura delle attività dei centri culturali, centri sociali e ricreativi, nel rispetto di protocolli e linee guida adottati ai sensi dell’art. 1, comma 14, del DL 33/2020.
Centri sportivi: tali attività non sono, ad oggi, sospese. L’art. 6 del decreto n. 52 prevede che a partire dal 26 aprile, in zona gialla, è consentito lo svolgimento all'aperto di qualsiasi attività sportiva anche di squadra e di contatto in conformità alle linee guida vigenti. È comunque interdetto l'uso degli spogliatoi se non diversamente stabilito.
I centri benessere all'interno delle strutture alberghiere possono aprire in zona gialla?
Dal 1° luglio 2021, in zona gialla, sono consentite le attività dei centri benessere in conformità alle linee guida adottate ai sensi dell'articolo 1, comma 14, del decreto-legge n. 33 del 2020.
Non ci sono indicazioni in merito alle riaperture del bowling o di attività affini nel decreto-legge 22 aprile 2021, n. 52 concernente le Misure urgenti per la graduale ripresa delle attività economiche e sociali nel rispetto delle esigenze di contenimento della diffusione dell'epidemia da COVID-19. Secondo quanto disposto dall'art. 1 del citato DL 52, fino al 31 luglio 2021, si applicano le misure del DPCM del 2 marzo 2021 fatto salvo quanto diversamente disposto dal medesimo decreto 52.
Sì. Le linee guida, approvate il 28 aprile 2021, consentono (vedi scheda Ristorazione e cerimonie) “attività ludiche che prevedono l'utilizzo di materiali di cui non sia possibile garantire una puntuale accurata disinfezione (es. le carte da gioco) purché siano rispettate:
- obbligo di mascherina;
- igienizzazione frequente delle mani e della superficie di gioco;
- rispetto della distanza di sicurezza di almeno 1 metro tra i giocatori dello stesso tavolo e di almeno 1 metro tra tavoli adiacenti.
È, inoltre, consigliata la frequente sostituzione dei mazzi di carte usate con nuovi mazzi”.
Le linee guida del 28 aprile sono state approvate ai sensi dell'art. 1, comma 14, del DL 33/2020, che ha avviato una fase di progressivo allentamento dei divieti, ammettendo la regolazione regionale per la ripresa delle attività economiche. In questa fase, dunque, resta sempre altamente consigliabile un confronto preventivo con le autorità locali preposte ai controlli.
Al momento né le FAQ ufficiali pubblicate sul sito della Presidenza del Consiglio, né la circolare del Ministero dell’Interno del 24 aprile, affrontano tale aspetto.
Alcune Regioni, tuttavia, hanno cominciato a fornire proprie indicazioni.
Il Veneto ha fornito la seguente nozione di esercizio all’aperto: “oltre a quello su area senza alcuna copertura, anche lo spazio con soffitto fisso (es. muratura, legno, ecc.) ma con almeno tre lati completamente aperti, salvo l'ingombro dei sostegni senza funzione di chiusura laterale; in caso di pareti laterali costituite da finestroni scorrevoli e sovrapponibili, deve rimanere aperto almeno il 50% della superficie delle pareti laterali dei tre lati finestrati; i dehors e le altre strutture con chiusure laterali in plastica amovibili e/o pieghevoli devono essere totalmente aperti”.
Anche la Regione Marche ha dichiarato di ritenere che: “l’attività all’aperto possa essere svolta anche sotto portici, tettoie e coperture, verande, loggiati, balconate, dehors o mediante utilizzo di ombrelloni o similari, almeno aperti su tre lati. Se la veranda o portico utilizzata è circondata da vetrate scorrevoli, queste devono necessariamente essere sempre aperte almeno su tre lati”.
Questa linea è stata sposta anche da alcune Prefetture mentre, al momento, solo la Prefettura di Torino ha dichiarato di ritenere assimilabili agli spazi all’aperto anche i dehors che siano aperti (pareti rimovibili e/o scorrevoli) almeno su due lati, consentendo in tal modo una continua aerazione naturale e non forzata come all’interno dei locali.
Si ribadisce, dunque, l’importanza del confronto preventivo con le Regioni e le autorità di controllo localmente competenti.
Le FAQ ufficiali pubblicate sul sito della Presidenza del Consiglio precisano che fino al 31 maggio 2021 compreso non è consentito il consumo di cibi e bevande all’interno dei locali.
Con la circolare del 24 aprile, tuttavia, il Ministero dell’Interno ha affermato che, fino al 31 maggio, “il servizio al banco rimarrà possibile in presenza di strutture che consentano la consumazione all’aperto”. Sembra dunque di poter ritenere consentito il servizio al bancone interno al locale a condizione che la successiva consumazione avvenga all’aperto.
La Regione Veneto ha ulteriormente specificato che è consentito il consumo al banco, in piedi e nel rispetto del distanziamento interpersonale di almeno un metro, nel caso in cui questo sia accessibile direttamente dall'esterno del locale (es. sulla porta o finestra) o posto integralmente all'esterno.
Ci sono cambiamenti per le attività che effettuano servizio di mensa o di catering continuativo su base contrattuale?
Il decreto riaperture non reca disposizioni specifiche relative all’attività delle mense e del catering continuativo su base contrattuale. Le stesse, dunque, rimangono consentite secondo quanto previsto dal DPCM 2 marzo, anche in zona arancione e rossa. A ulteriore conferma, la relazione illustrativa che accompagna il testo del decreto riaperture specifica che tali attività “continuano ad essere consentite anche al chiuso”.
Ci sono cambiamenti per quanto riguarda la vendita per asporto e la consegna a domicilio?
Il decreto riaperture non reca disposizioni specifiche in merito alla vendita per asporto e alla consegna a domicilio. Secondo quanto previsto dal DPCM 2 marzo, dunque, nella zona gialla, arancione e rossa, restano consentite la ristorazione con consegna a domicilio nel rispetto delle norme igienico sanitarie sia per l’attività di confezionamento che di trasporto, nonché fino alle ore 22:00, la ristorazione con asporto, con divieto di consumazione sul posto o nelle adiacenze.
Per i soggetti che svolgono come attività prevalente una di quelle identificate dal codice ATECO 56.3 (bar, pub, birrerie, caffetterie, enoteche) l'asporto è consentito esclusivamente fino alle ore 18:00 all'interno della zona arancione e rossa e fino alle 22:00 all'interno della zona gialla (cfr. circ. Ministero dell'Interno del 7 maggio).
La mia attività è chiusa, posso operare come artigiano installatore (codice ATECO secondario 43.22.01)?
Sì, in quanto è in possesso del codice ATECO secondario 43.22.01 Installazione di impianti idraulici, di riscaldamento e di condizionamento (inclusa manutenzione e riparazione) in edifici o in altre opere di costruzione.
Questa attività è ricompresa nella divisione 43 della classificazione delle attività economiche dell'ISTAT relativa ai Lavori di costruzione specializzati che include anche le attività di installazione sopra evidenziate.
Può quindi certamente esercitare l'attività di artigiano installatore e recarsi a lavoro nel suo laboratorio, o presso altri edifici per prestare la propria opera, tanto lei che eventuali dipendenti.
La sua attività secondaria infatti non rientra né nell'allegato 23 (attività di commercio al dettaglio) né nell'allegato 24 (servizi per la persona) e non è pertanto soggetta alle limitazioni degli articoli 45 e 47 del DPCM del 2 marzo.
Come ha lei stesso sottolineato, dovrà fare attenzione alla circostanza che la sua attività primaria è attività di commercio al dettaglio non consentita in zona rossa, poichè differente da quella indicata nell'allegato 23 che è identificata, nella classificazione delle attività economiche dell'ISTAT, dal codice 47.19.2.
Se l'attività artigiana di installatore è consentita, non lo è la vendita al dettaglio di elettrodomestici effettuata da un'attività con il codice ATECO 47.54 se non quella effettuata nell'ambito della fornitura legata all'installazione dell'apparecchio.
Occorrerà quindi eliminare dagli scaffali e dal locale i prodotti non vendibili o, quantomeno, precludere l'accesso a quelle zone all'eventuale clientela. E' inoltre consigliabile esporre un cartello che specifichi che la vendita al dettaglio è sospesa e l'esercizio opera solo come artigiano installatore.
Riteniamo comunque anche opportuno, a vostra maggior tutela, un confronto preventivo con gli organi di controllo.
Ho un bar in centro città, aperto solo per delivery e take away. I miei clienti possono usufruire dei servizi igienici?
È bene premettere che ai sensi del D.L. 30/2021, per quel che concerne il settore dei servizi di ristorazione, per tutto il periodo compreso tra il 15 marzo e il 6 aprile 2021, il regime previsto per le zone arancioni e per le zone rosse (che è il medesimo - artt. 37 e 46 del DPCM del 2 marzo 2021) troverà eccezionalmente applicazione anche per i territori collocati in zona gialla. Dunque, eccezion fatta per i territori collocati in zona bianca (allo stato solo la Regione Sardegna), nel periodo indicato sono consentiti solo il delivery (senza restrizioni orarie) e il take away (fino alle 22.00, salvo gli esercizi con codice ATECO prevalente 56.3 – bar, pub, birrerie, caffetterie, enoteche – che devono invece sospendere il servizio alle 18.00).
In merito a quanto richiesto, occorre considerare che con una specifica FAQ, la Presidenza del Consiglio dei Ministri ha precisato che nell’ambito del servizio d’asporto presso un’attività di bar o di ristorante l’uso dei servizi igienici non può essere consentito ai clienti, salvo casi di assoluta necessità. L’esercente, infatti, può consentire agli avventori di fare ingresso nei locali per il solo tempo strettamente necessario ad acquistare i prodotti per asporto e sempre nel rispetto delle misure di prevenzione del contagio.
Si segnala, tuttavia, che in alcune realtà territoriali le Prefetture hanno fornito una lettura meno restrittiva. Si consiglia, pertanto, di rivolgersi alla nostra Associazione territoriale più vicina, per verificare il concreto orientamento delle Autorità locali.
Nel merito, il DPCM 2 marzo stabilisce che all'interno della zona rossa “sono sospese le attività commerciali al dettaglio fatta eccezione per le attività di vendita di generi alimentari e di prima necessità individuate nell’allegato 23” (art. 45).
Ne deriva quindi che le attività commerciali all'ingrosso risultano consentite.
Ai sensi dell’art. 4, comma 1, lett. a), del D.Lgs. 114/1998, si intende “per commercio all’ingrosso l'attività svolta da chiunque professionalmente acquista merci in nome e per conto proprio e le rivende ad altri commercianti, all'ingrosso o al dettaglio, o ad utilizzatori professionali, o ad altri utilizzatori in grande. Tale attività può assumere la forma di commercio interno, di importazione o di esportazione”.
Considerata tale definizione e viste le restrizioni attualmente vigenti a carico delle attività al dettaglio nelle zone rosse, per scongiurare il rischio di porre in essere attività non consentite, ci sembra ancora più importante del solito che, nello svolgimento della suddetta attività all’ingrosso sia accertata non solo la natura professionale della clientela, ma anche la compatibilità, almeno teorica, di eventuali acquisti con l'attività che essa svolge.
Sul punto la Corte di Cassazione ha infatti avuto modo di affermare che “l'esercente di vendita all'ingrosso ha l'obbligo di accertare non soltanto che gli acquirenti abbiano le qualità di commercianti, utilizzatori professionali o in grande, ma altresì che le merci da loro acquistate siano in rapporto di omogeneità e di correlazione con la loro attività. L'esercente tuttavia può vendere al commerciante prodotti che, pur non essendo oggetto di ulteriore rivendita, possono assumere carattere strumentale per l'esercizio dell'attività commerciale dell'acquirente. Ove l'esercente abbia adempiuto al dovere di accertare, in modo preventivo ed adeguato, le qualità dell'acquirente che accede al proprio magazzino e la corrispondenza dei prodotti acquistati con quelli normalmente trattati o utilizzati da quest'ultimo, non gli si può far carico della diversa destinazione impressa alle merci dall'acquirente sia per uso personale sia in favore di terzi non legittimati all'acquisto presso il grossista” (Cassazione Civile, sez. I, n. 3127 dd. 12 maggio 1981).
No, infatti nel Dpcm del 2 marzo vengono sospese, fatte salve le attività al dettaglio elencate nell’allegato 23, le attività commerciali al dettaglio considerate “non essenziali” sino a nuove ordinanze del Ministro della Salute o dei singoli Governatori, compresa la vendita al dettaglio di orologi e articoli di gioielleria in esercizi specializzati (gioiellerie codice ATECO 2007 47.77.00).
Ciò a prescindere dall’iscrizione al Registro delle attività “Compro Oro” istituito presso l’OAM ininfluente ai fini delle attività consentite.
Tutte le restanti attività del comparto orafo gioielliero aventi codici ATECO di diversa natura da verificarsi attraverso la visura camerale dell’azienda, possono svolgere la propria attività, nel rispetto dei contenuti del protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus COVID-19 negli ambienti di lavoro sottoscritto il 24 aprile 2020 fra il Governo e le parti sociali.
Sono una guida turistica, posso fare una passeggiata per la città (o per musei e luoghi della cultura) e trasmettere in streaming al pubblico a casa?
L'articolo 40, comma 1, del DPCM 2 marzo, stabilisce che “è vietato ogni spostamento in entrata e in uscita dai territori in zona rossa nonché all'interno dei medesimi territori, salvo che per gli spostamenti motivati da comprovate esigenze lavorative o situazioni di necessità ovvero per motivi di salute. È consentito il rientro presso il proprio domicilio, abitazione o residenza”.
Sul sito della Presidenza del Consiglio è disponibile la seguente FAQ in merito all’attività delle guide turistiche:
Sono una guida turistica che effettua visite guidate all’aperto per gruppi turistici. Posso continuare a svolgere la mia attività?
L'attività di guida turistica all’aperto è sottoposta alla disciplina generale in tema di limitazioni agli spostamenti. Pertanto, essa è consentita in area gialla e arancione, nell’osservanza delle restrizioni alla circolazione rispettivamente dettate per i territori classificati in tali aree. Lo svolgimento di visite turistiche guidate non è invece consentito in area rossa, essendo in quest'ultima previsto il divieto di spostamenti non giustificati da comprovate esigenze lavorative, situazioni di necessità o motivi di salute. Nei casi in cui è consentita, l’attività dovrà svolgersi con modalità tali da assicurare il rispetto del divieto di assembramento e nel rispetto delle vigenti norme in materia di utilizzo dei dispositivi di protezione individuale, distanziamento interpersonale e divieto di assembramenti.
La FAQ, tuttavia, si riferisce evidentemente all’attività di guida turistica svolta secondo modalità ordinarie e quindi in presenza di pubblico. La conduzione di una visita guidata senza pubblico, ma trasmessa in streaming, appare invece consentita anche in zona rossa, purché ricada nell'ambito di un’attività lavorativa dimostrabile, ad esempio esibendo copia del contratto o della convenzione di cui all’ipotesi (v. oltre).
Diversamente, eventuali iniziative svolte a mero scopo promozionale della propria attività ordinaria, non riconducibili a una specifica prestazione lavorativa, dovrebbero ritenersi non consentite.
Circa la possibilità di dimostrare la sussistenza del prescritto motivo giustificativo, le FAQ ufficiali prevedono, al di là della possibilità di autocertificare le ragioni del proprio spostamento, che “la giustificazione del motivo di lavoro può essere comprovata anche esibendo, per esempio, adeguata documentazione fornita dal datore di lavoro (tesserini o simili) idonea a dimostrare la condizione dichiarata”.
Inoltre, riguardo alle “comprovate esigenze lavorative”, specificano che “'Comprovate' significa che si deve essere in grado di dimostrare che si sta andando (o tornando) al (dal) lavoro, anche tramite l'autodichiarazione di cui alla FAQ n. 2 o con ogni altro mezzo di prova, la cui non veridicità costituisce reato. In caso di controllo, si dovrà dichiarare la propria necessità lavorativa. Sarà cura poi delle Autorità verificare la veridicità della dichiarazione resa con l'adozione delle conseguenti sanzioni in caso di false dichiarazioni”.
Sì. Tutte le attività di commercio al dettaglio elencate nell'allegato 23, in particolare commercio al dettaglio di articoli di cartoleria e forniture per ufficio, possono restare aperte in zona rossa ovunque ubicate (art. 45, DPCM 2 marzo) con la sola eccezione dei festivi e prefestivi per quelle ubicate nei centri commerciali e strutture assimilate.
Sì. Queste attività possono operare nelle zone rosse
infatti, le attività con codice ATECO 82.20 Attività dei call center, rientrano nella divisione 82 della classificazione delle attività economiche dell'ISTAT che comprende le Attività di supporto per le funzioni d'ufficio e altri servizi di supporto alle imprese.
Esse quindi non rientrano né nell'allegato 23 (attività di commercio al dettaglio) né nell'allegato 24 (servizi per la persona) e non sono pertanto soggette alle limitazioni degli articoli 45 e 47 del DPCM del 2 marzo.
Un negozio di arredo bagno, materiali edili, ecc., può rientrare nella voce prevista dall'allegato 23 "articoli igienico sanitari" o "ferramenta, vernici... (incluse ceramiche e piastrelle)"?
L'allegato 23 è, nella formulazione allegata anche al DPCM del 2 marzo, lo stesso apparso, per la prima volta, come allegato al DPCM del 3 novembre 2020.
Per quanto riguarda gli articoli evidenziati, le attività non sospese consistono in:
- Commercio al dettaglio di ferramenta, vernici, vetro piano e materiali da costruzione (incluse ceramiche e piastrelle) in esercizi specializzati;
- Commercio al dettaglio di articoli igienico-sanitari.
Rispetto al “vecchio” allegato 1 dei DPCM del 26 aprile, non è stato preso in considerazione il “materiale elettrico e termoidraulico”.
Impossibile dire se le attività ivi considerate siano frutto di scelte mirate per escludere la vendita al dettaglio di materiale elettrico e termoidraulico o l'arredobagno o per semplice sciatteria.
Se guardiamo all'allegato 23 nel suo complesso, esso è certamente ben più ampio dell'allegato 1 al DPCM del 26 aprile che è stato l'ultimo DPCM a contenere un elenco di attività non sospese.
E' quindi probabile che si sia voluto ampliare quella voce che, nella classificazione ATECO, è individuata come Commercio al dettaglio di ferramenta, vernici, vetro piano e materiale elettrico e termoidraulico 47.52.10 mentre invece il materiale da costruzione rientra nella voce Commercio al dettaglio di materiale da costruzione, ceramiche e piastrelle 47.52.30.
Il fatto che si sia voluto specificare in parentesi che nel materiale da costruzione si devono ritenere incluse ceramiche e piastrelle porta a ritenere che in realtà si siano, riunite due voci distinte in un'unica riga.
Non è tuttavia possibile, stante la formulazione dell'allegato 23, ritenere sicuramente consentita la vendita degli articoli non inclusi in quella voce, e, pertanto, mentre si può affermare che è possibile vendere al privato piastrelle, non si può dire lo stesso per caldaie, condizionatori, arredobagno o anche semplici rubinetti.
Non appare possibile interpretare estensivamente l'allegato 23 e, considerato che la sanzione è pesante (chiusura di 5 giorni oltre alla sanzione pecuniaria), l'invito alla cautela è senz'altro opportuno ed è necessario un confronto con la prefettura competente per territorio.
Possono proseguire l'attività di vendita on-line/telefono ecc. con la modalità di ritiro presso il punto di ritiro pick-up-point aziendale?
No. Gli esercizi temporaneamente sospesi, che non rientrano tra i beni di prima necessità e alimentari, e quindi non possono aprire l’esercizio, né appositi spazi, neppure per consentire la consegna al cliente del prodotto acquistato.
Nelle zone rosse infatti sono sospese le attività di commercio al dettaglio, fatta eccezione per la vendita di generi alimentari e di prima necessità individuati nell'allegato 23 del DPCM del 2 marzo.
Pertanto, alla luce del provvedimento governativo, tutte le attività che sono temporaneamente sospese, in quanto non ricomprese nell'allegato I del suddetto DPCM, possono proseguire la loro attività effettuando, vendita via internet, consegne a domicilio o attraverso distributori automatici.
Il suddetto allegato, in conformità ai precedenti provvedimenti governativi, tra le attività consentite contempla, infatti, il commercio al dettaglio di qualsiasi prodotto effettuato via internet, per televisione, per corrispondenza, radio e telefono ed, anche, la vendita attraverso distributori automatici (anche se tale interpretazione non è stata condivisa dalla sentenza emessa dal TAR Lombardia che, il 22 aprile scorso, ha sospeso in via cautelare l'ordinanza della Regione Lombardia n. 528 dell'11.4.2020, nella parte in cui l'ordinanza regionale consentiva la consegna a domicilio da parte degli operatori commerciali al dettaglio anche per le categorie merceologiche non comprese nell’allegato 1 del D.P.C.M. del 10 aprile 2020, come integrato dal decreto del Ministro dello sviluppo economico 25 marzo 2020).
Alla luce di quanto sopra esposto, riteniamo che la vendita con ritiro del prodotto da parte del cliente non possa essere inquadrata né come vendita a domicilio, né come e commerce, entrambe consentite dal DPCM, assomigliando molto di più ad una vendita per “asporto”, per cui dopo aver acquistato il prodotto il cliente deve recarsi presso il punto vendita per ritirarlo.
Il commercio elettronico indiretto ha, infatti, ad oggetto beni tradizionali (libri, computers, ecc.) e prevede che l'ordine e, eventualmente, anche il pagamento, debbano essere effettuati on-line, ma il bene viene poi fisicamente spedito al domicilio o alla sede dell'acquirente. Condizione non presente nel caso di specie.
Il servizio di asporto viene, invece, consentito dal provvedimento governativo, solo ed esclusivamente per le aziende della ristorazione, motivo per cui non è consentito nelle zone rosse il ritiro presso il punto vendita, in quanto è una modalità non contemplata per il commercio al dettaglio.
Inoltre lo spostamento del cliente per ritirare il prodotto acquistato contrasterebbe con le limitazioni degli spostamenti prevista dal provvedimenti governativi, che consentono lo spostamento solo per: comprovate esigenze lavorative, situazioni di necessità ovvero per motivi di salute. Stante quanto sopra evidenziato, lo spostamento del cliente potrebbe non essere giustificabile con il modello di autocertificazione, esponendo i consumatori alla sanzione in caso di controllo.
Alla luce di quanto sopra espresso, e in attesa di interpretazioni governative sulla questione sollevata, riteniamo che sia possibile effettuare la vendita on line di qualsiasi prodotto, anche non ricompreso nell'allegato I del DPCM, purché il bene acquistato venga spedito all'acquirente.
Per tutte queste ragioni, gli esercizi temporaneamente sospesi, che non rientrano tra i beni di prima necessità e alimentari, alla luce di quanto sopra espresso, e quindi non possono aprire l’esercizio, né appositi spazi, neppure per consentire la consegna al cliente del prodotto acquistato.
L’art. 45, comma 2, del Dpcm 2 marzo n. 17 ammette per la zona rossa la vendita di prodotti florovivaistici.
Quindi la normativa nazionale prevede l’apertura, bisogna verificare le norme locali, per questi la invitiamo a contattare la nostra sede locale più vicina.
In una media struttura, non in un centro commerciale, è possibile, durante i giorni festivi e prefestivi, essere aperti e vendere esclusivamente i prodotti di cui all'allegato 23?
Le limitazioni di cui all'art. 26, comma 2, del DPCM del 2 marzo, si riferiscono soltanto alle strutture, piccole, medie o grandi, ubicate nei centri commerciali e strutture assimilate.
Desumiamo dalla domanda che la media struttura in questione non abbia tuttavia un codice ATECO principale compreso nell'elenco di cui all'allegato 23 ma sia comunque in possesso di uno o più codici ATECO secondari compresi nell'allegato 23.
Se questo è il caso, riteniamo possibile l'apertura della media struttura, limitatamente alla vendita dei prodotti consentiti, a condizione che sia impedito l'accesso ai reparti contenenti prodotti che non possono essere posti in commercio o, se questo non fosse possibile, che tali prodotti siano rimossi dagli scaffali.
Se non riesco a fare l'aggiornamento dei corsi sulla sicurezza sul lavoro posso continuare a svolgere la mia attività?
Per quanto riguarda l'aggiornamento e il rilascio dei relativi attestati è presente sul sito del Ministero del Lavoro la risposta ad una FAQ in cui si specifica che, “in considerazione della situazione eccezionale caratterizzata dalle misure di contenimento per evitare e prevenire il contagio da COVID-19, in coerenza con il principio introdotto dall’art. 103 comma 2 del D.L. n.18 del 2020, si ritiene che la mancata effettuazione dell’aggiornamento non preclude lo svolgimento dell’attività lavorativa. Fermo restando l’obbligo di completare l’aggiornamento subito dopo la fase emergenziale”.
L’art. 103 “Sospensione dei termini nei procedimenti amministrativi ed effetti degli atti amministrativi in scadenza”, richiamato nella risposta ministeriale, dispone che tutti i certificati, attestati, permessi, concessioni, autorizzazioni e atti abilitativi comunque denominati in scadenza tra il 31 gennaio 2020 e la data della dichiarazione di cessazione dello stato di emergenza epidemiologica, conservano la loro validità per i novanta giorni successivi alla dichiarazione della cessazione dello stato di emergenza.
Essendo stata disposta la proroga dello stato di emergenza al 30 aprile 2021, ne consegue che gli attestati già rilasciati e in scadenza nel periodo sopra richiamato conservano la loro validità fino al 30 luglio 2021.
Sono titolare di un ristorante in un’area di servizio lungo una strada extraurbana, posso rimanere aperto e far consumare i clienti nel locale?
Ai sensi degli articoli 27, 37 e 46 del DPCM del 2 marzo 2021, restano aperti (quindi senza limitazioni orarie) gli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande siti nelle aree di servizio e rifornimento carburante situate lungo le autostrade, gli itinerari europei E45 e E55, e quelle presso ospedali, aeroporti, porti e interporti, con obbligo di assicurare la distanza interpersonale di 1 metro.
Come confermato dalle FAQ pubblicate sul sito della presidenza del Consiglio dei Ministri, la disposizione non trova applicazione per gli esercizi in altre strade extraurbane o secondarie a lunga percorrenza, per i quali, pertanto, trova applicazione il regime giuridico relativo agli ordinari esercizi di ristorazione.
Ragion per cui, presso il suo esercizio, ai sensi del D.L. n. 30/2021, e del DPCM del 2 marzo 2021, per tutto il periodo compreso tra il 15 marzo e il 6 aprile 2021, sull’intero territorio nazionale – con eccezione dei territori in zona bianca – sono consentiti solo il delivery (senza restrizioni orarie) e il take away (fino alle 22.00).
Ho un ristorante in un centro commerciale posso effettuare delivery e take away durante la settimana?
È bene premettere che ai sensi del D.L. n. 30/2021, e del DPCM del 2 marzo 2021, per quel che concerne il settore dei servizi di ristorazione, per tutto il periodo compreso tra il 15 marzo e il 6 aprile 2021, in tutto il territorio nazionale – con eccezione dei territori in zona bianca – sono consentiti solo il delivery (senza restrizioni orarie) e il take away (fino alle 22.00, salvo gli esercizi con codice ATECO prevalente 56.3 – bar, pub, birrerie, caffetterie, enoteche – che devono invece sospendere il servizio alle 18.00).
Ciò premesso, è ragionevole ritenere che tale dettato normativo trovi applicazione anche nei confronti delle attività di ristorazione collocate all’interno di un centro commerciale et similia.
Sembra opportuno, tuttavia, operare una distinzione tra le giornate feriali e quelle festive e prefestive:
- dal lunedì al venerdì – non vi è dubbio in ordine all’applicazione della norma descritta, ai sensi della quale, dunque, un ristorante, anche se all’interno di un centro commerciale, può fornire, fino alle ore 22, il servizio del take away, e, senza limitazioni orarie, quello del delivery;
- nelle giornate festive e prefestive, occorre considerare che l’art. 26, comma 2 del richiamato DPCM ha confermato la chiusura in tali giornate degli esercizi commerciali all’interno dei mercati, dei centri commerciali, gallerie commerciali, parchi commerciali, e altre strutture ad essi assimilabili, con eccezione di farmacie, parafarmacie, presidi sanitari, lavanderie e tintorie, punti vendita di generi alimentari, di prodotti agricoli e florovivaistici, tabacchi, edicole e librerie. L’interpretazione più ragionevole del dato normativo consente di ritenere che, anche in tale contesto, le attività di ristorazione possano fornire i servizi di take away e delivery, tuttavia, poiché il controllo sul rispetto dell’esecuzione delle norme è riservato alle Prefetture locali, la invitiamo a contattare la nostra associazione territoriale più vicina, per verificare il concreto orientamento locale.
L’articolo 20 del DPCM 2 marzo 2021, ha confermato la sospensione delle attività delle sale giochi, sale scommesse, sale bingo e casinò, anche se svolte all’interno di locali adibiti ad attività differenti.
A mero titolo esemplificativo, anche le slot ubicate presso un pubblico esercizio dovranno dunque restare disattivate.
La disposizione, salvo ulteriori proroghe, sarà efficace fino al prossimo 6 aprile e trova applicazione in tutta Italia, con eccezione dei territori collocati in zona bianca.
Per quali attività trova applicazione l’obbligo di sospendere il take away a partire dalle 18.00?
Il DPCM del 2 marzo 2021 ha confermato l’obbligo di sospendere il servizio d’asporto alle ore 18.00 per gli esercizi pubblici che svolgono come attività prevalente una di quelle identificate dai codici ATECO 56.3 (bar, pub, birrerie, caffetterie, enoteche).
Tutti gli altri esercizi di ristorazione possono invece effettuare il medesimo servizio fino alle 22.00 dovendo, tuttavia, ricordare ai fruitori che, in ogni caso, non è consentito il consumo nelle adiacenze del locale e dopo le ore 18, neppure in strade e piazze.
La disposizione, contenuta negli articoli 27, 37 e 46 del citato DPCM, si applica sia nelle zone gialle, che in quelle arancioni e rosse (non invece in zona bianca).
Pertanto, le attività con codice ATECO prevalente diverso da 56.3 possono fornire il servizio d’asporto fino alle ore 22.00, fatte salve eventuali disposizioni maggiormente restrittive previste a livello locale.
Per maggiori informazioni la invitiamo a rivolgersi alla nostra Associazione territoriale più vicina.
Ho un ristorante, posso svolgere nel mio locale attività di mensa per i dipendenti di una ditta sulla base di un semplice contratto?
Il Ministero dell’Interno con la circolare dello scorso 6 marzo, ha ribadito che deve ritenersi consentito – anche in zona arancione e rossa – lo svolgimento dell’attività di ristorazione al tavolo all’interno dei pubblici esercizi in favore di lavoratori di aziende, a condizione che l’esercente e il datore di lavoro abbiano instaurato un rapporto contrattuale avente ad oggetto la somministrazione di alimenti e bevande.
Dunque, alla luce di quanto osservato dal Ministero, l’attività di “mensa” può essere svolta non solo da imprese con specifico codice ATECO 56.29.1 (mense) o 56.29.2 (catering continuativo su base contrattuale), ma anche da parte di esercizi che abbiano stipulato con il committente-datore di lavoro uno specifico accordo contrattuale, e sempre che vengano rispettati i protocolli o le linee guida diretti a prevenire o contenere il contagio (scarica il cartello Fipe).
Al fine di agevolare le eventuali attività di controllo, è opportuno che gli operatori della ristorazione tengano in pronta visione:
- copia del contratto sottoscritto tra esercente e datore di lavoro;
- elenco dei nominativi del personale beneficiario del servizio.
La nota Ministeriale, invece, esclude espressamente la possibilità che le medesime attività possano esser fornite – sempre sulla base di un contratto - anche nei confronti di un libero professionista (o di un titolare di partita IVA), in quanto difetterebbe un elemento imprescindibile delle attività di mensa o di catering continuativo, costituito dalla “collettività”.
Il mancato rispetto delle misure restrittive imposte con il DPCM può comportare, ai sensi dell’art. 4 del D.L. n. 19/2020 (conv. con modificazioni in L. 35/2020), l’applicazione a carico dei trasgressori:
- di una sanzione amministrativa pecuniaria da 400 a 1.000 euro;
- nonché, la sanzione accessoria della chiusura dell’esercizio o dell’attività da 5 a 30 giorni.
Nei casi in cui vi sia stata una reiterazione della violazione, è previsto il raddoppio della sanzione pecuniaria e l’applicazione della sanzione accessoria nella misura massima.
Inoltre è bene precisare che l’Autorità di controllo, già all’atto dell’accertamento della violazione, può disporre, in via cautelare, la chiusura provvisoria dell’attività fino a 5 giorni (che verranno poi scomputati dalla sanzione accessoria eventualmente irrogata).
Si consideri poi che, in alcuni casi, le violazioni potrebbero altresì comportare una responsabilità di tipo penale (delitto di epidemia colposa di cui agli articoli 438 e 452 c.p.).
Possiamo organizzare in presenza corsi in materia di sicurezza sul lavoro che prevedano delle prove pratiche per i nostri soci?
Il comma 7 dell'articolo 25 elenca tutti i casi in cui è possibile svolgere attività formative in presenza. Fra questi sono ricompresi anche i corsi in materia di salute e sicurezza, senza specificare altro.
A nostro avviso, pertanto, non ci sono preclusioni allo svolgimento di suddetti corsi, fermo restando che:
- non sia stato diversamente disposto a livello regionale
- siano rispettate le misure di cui al "Documento tecnico sulla possibile rimodulazione delle misure di contenimento del contagio da SARSCoV-2 nei luoghi di lavoro e strategie di prevenzione" pubblicato dall'INAIL, nonché il rispetto dei protocolli Covid nei luoghi di lavoro.
Ho un attività di imballaggio e bomboniere con codice ATECO 82.92.20 e 47.78.35. Posso rimanere aperto?
L'attività con codice ATECO 82.92.20 è riferita all'imballaggio e confezionamento di generi non alimentari.
Essa fa parte della divisione 82 che contiene le Attività di supporto per le funzioni di ufficio e altri servizi di supporto alle imprese.
Essa quindi non rientra né nell'allegato 23 (attività di commercio al dettaglio) nè nell'allegato 24 ( servizi per la persona) e non è pertanto soggetta alle limitazioni degli articoli 45 e 47 del DPCM del 2 marzo.
Questa attività può dunque operare nelle zone rosse.
L'attività con codice ATECO 47.78.35 identifica invece il commercio al dettaglio di bomboniere.
Questa attività di commercio al dettaglio non è inclusa nell'allegato 23 del DPCM del 2 marzo ed è quindi sospesa nelle zone rosse ai sensi dell'art. 45 del medesimo DPCM.
Ho una palestra e organizzo allenamenti all’aperto. Le persone che abitano in altri comuni, se non hanno questo tipo di servizio nel proprio comune, possono spostarsi per raggiungere il luogo dove si svolge l’allenamento?
No. Il caso prospettato non rientra tra le deroghe consentite.
Infatti secondo quanto disposto dall'art. 17, comma 2, del DPCM del 2 marzo, l'attività delle palestre è sospesa.
Le attività consentite (cfr. art. 18) sono soltanto quelle agonistiche, riconosciute di interesse nazionale da ogni singola Federazione, limitatamente agli allenamenti per i tesserati a società iscritte alle medesime Federazioni.
L'elemento ostativo è l'organizzazione dell'attività motoria all'aperto che non è consentito se non per l'agonismo.
Anche le FAQ del Governo lo evidenziano:
È possibile recarsi in un altro Comune al solo scopo di fare lì attività sportiva? In alternativa, è possibile varcare i confini comunali mentre si pratica l’attività sportiva (per esempio correndo o valicando un monte), per concluderla comunque all’interno del proprio Comune?
È possibile recarsi in un altro Comune, dalle 5.00 alle 22.00, per fare attività sportiva solo qualora questa non sia disponibile nel proprio Comune (per esempio, nel caso in cui non ci siano campi da tennis), purché si trovi nella stessa Regione o Provincia autonoma. Inoltre è possibile, nello svolgimento di un’attività sportiva che comporti uno spostamento (per esempio la corsa o la bicicletta), entrare in un altro Comune, purché tale spostamento resti funzionale unicamente all’attività sportiva stessa e la destinazione finale coincida con il Comune di partenza. Si ricorda inoltre che, ai sensi del Dpcm, per i comuni con popolazione non superiore a 5.000 abitanti è equiparata al territorio comunale la fascia territoriale circostante, fino a una distanza di 30 km dai relativi confini.
Si ricorda che, durante lo svolgimento dell’attività sportiva, è sempre necessario mantenere la distanza di almeno 2 metri dalle altre persone.
Lo spostamento verso altro Comune è quindi consentito non per partecipare ad un’attività organizzata ma solo per usufruire di una struttura non esistente nel proprio comune.
Vendo beni religiosi come codice primario, e libri come codice secondario, posso aprire?
Sì, il possesso di un codice ATECO corrispondente alle attività dell'allegato 23, abilita alla vendita di quei prodotti nelle zone rosse.
Nel caso proposto, sarà certamente possibile la vendita dei libri ma non degli arredi sacri e degli articoli religiosi il cui codice ATECO è il 47.78.33.
Va inoltre tenuta presente la seguente indicazione:
I negozi che vendono abbigliamento o calzature sia per adulti che per bambini possono restare aperti per la sola vendita di prodotti per bambini, chiudendo le altre aree del negozio, esattamente come già avviene per supermercati e ipermercati?
Sì, è possibile, limitando la vendita ai soli prodotti di abbigliamento per bambini (vedi relativa FAQ). Pertanto il responsabile dell'attività commerciale è tenuto a organizzare gli spazi in modo da consentire ai clienti l'accesso esclusivamente agli scaffali che vendono tale tipologia di prodotti (allegato 23 al Dpcm). Nel caso in cui ciò non sia possibile, devono essere rimossi dagli scaffali i prodotti la cui vendita non è consentita.
Conseguentemente, nel caso di specie, dovrà essere consentito l'accesso esclusivamente agli scaffali dei libri oppure, ove ciò non sia possibile, rimuovere ;tutti gli altri prodotti (arredi sacri e articoli religiosi) la cui vendita non è consentita.
Sono un osteopata e lavoro presso un centro estetico, posso continuare solo la mia attività?
L'osteopata è un professionista specializzato nella terapia manuale che cura le alterazioni disfunzionali dell'apparato neuro-muscolo- scheletrico.
Esso rientra al momento nelle figure specialistiche non sanitarie (non effettuano diagnosi né prescrivono farmaci) normate dalla legge 4/2013 (professioni non organizzate in ordini o collegi) e classificate dall'ISTAT con codice ATECO 86.90.29 Altre attività paramediche indipendenti nca.
Più recentemente, l'art. 7 della legge 3/2018 sul riordino delle professioni sanitarie, ha stabilito (cfr. comma 1) che Nell'ambito delle professioni sanitarie sono individuate le professioni dell'osteopata e del chiropratico, ma non risulta che sia poi stato dato seguito a questa disposizione.
È una figura professionale autonoma e può svolgere la sua attività presso un proprio studio o in associazione ad altre figure specialistiche.
La Toscana li ha ricompresi nella legge 2/2005 sulle discipline del benessere e bionaturali che ha un elenco regionale di questi operatori.
Non è soggetta alle limitazioni degli articoli 45 e 47 del DPCM del 2 marzo e può quindi esercitare. Se il suo problema è la collocazione in un centro estetico, nulla vieta di valutare la possibilità di operare autonomamente
Nelle zone rosse tuttavia resta sempre il problema dello spostamento della clientela ed è quindi necessario un confronto con gli organi di controllo.
Una sartoria (con codice ATECO primario 14.13.20), può tenere aperta la propria attività al pubblico e ricevere clienti, nel rispetto delle misure anti contagio, per effettuare l’attività di confezionamento e riparazione di capi di abbigliamento?
Il codice ATECO citato si riferisce alla produzione (o all'attività artigiana), che non è sospesa nelle zone rosse, e non al commercio al dettaglio.
Resta da verificare, lato clientela, se il raggiungere il laboratorio costituisca una causa giustificativa per lo spostamento in quelle zone.
L'attività citata si riferisce alla sartoria e confezionamento su misura e, pertanto, logica vorrebbe che, se l'attività è consentita, sia anche consentito alla clientela di raggiungerla per effettuare le prove.
Inoltre l'attività di vendita dei prodotti di propria produzione non rientra tra le attività di commercio al dettaglio.
La logica tuttavia va contemperata con la prudenza e, pertanto, appare necessario un confronto con gli organi di controllo onde evitare di fare incorrere in sanzioni i potenziali clienti.
Un negozio con codice ATECO principale relativo a un'attività sospesa, può restare comunque aperto per la vendita di altri beni ritenuti di prima necessità dall'allegato 23, per i quali il negozio sia in possesso di uno o più ATECO secondari?
Il possesso di un codice ATECO corrispondente alle attività dell'allegato 23 abilita alla vendita di quei prodotti nelle zone rosse.
Sarà concretamente possibile solo se il codice secondario è relativo ad una delle attività dell'allegato 23 e soltanto per la vendita di quei prodotti con le limitazioni sull'accesso dei clienti e/o sull'organizzazione del locale sotto evidenziate.
Va infatti tenuta presente la seguente indicazione tratta dalle FAQ del Governo sulle zone rosse:
I negozi che vendono abbigliamento o calzature sia per adulti che per bambini possono restare aperti per la sola vendita di prodotti per bambini, chiudendo le altre aree del negozio, esattamente come già avviene per supermercati e ipermercati?
Sì, è possibile, limitando la vendita ai soli prodotti di abbigliamento per bambini (vedi relativa FAQ). Pertanto il responsabile dell'attività commerciale è tenuto a organizzare gli spazi in modo da consentire ai clienti l'accesso esclusivamente agli scaffali che vendono tale tipologia di prodotti (allegato 23 al Dpcm). Nel caso in cui ciò non sia possibile, devono essere rimossi dagli scaffali i prodotti la cui vendita non è consentita.
Conseguentemente, nel caso di specie, l’imprenditore dovrà verificare la possibilità di consentire l'accesso esclusivamente agli scaffali dei prodotti compresi nell'allegato 23 oppure, ove ciò non sia possibile, rimuovere tutti gli altri prodotti la cui vendita non è consentita.
Sì, la copisteria può operare nelle zone rosse.
Il codice ATECO 82.19.09 identifica, nella classificazione delle attività economiche dell'ISTAT, i Servizi di fotocopiatura, preparazione di documenti e altre attività di supporto specializzate per le funzioni d'ufficio.
Tale attività è compresa nella divisione 82 che comprende le Attività di supporto per le funzioni di ufficio e altri servizi di supporto alle imprese.
Essa quindi non rientra né nell'allegato 23 (attività di commercio al dettaglio) nè nell'allegato 24 ( servizi per la persona) e non è pertanto soggetta alle limitazioni degli articoli 45 e 47 del DPCM del 2 marzo.
La copisteria può dunque operare nelle zone rosse.
Certamente può certamente recarsi a lavoro nel suo laboratorio tanto lei che eventuali dipendenti.
La sua attività infatti è compresa nel codice ATECO 32.12.10 Fabbricazione di oggetti di gioielleria ed oreficeria in metalli preziosi o rivestiti di metalli preziosi e, pertanto, non rientra né nell'allegato 23 (attività di commercio al dettaglio) né nell'allegato 24 ( servizi per la persona) e non è pertanto soggetta alle limitazioni degli articoli 45 e 47 del DPCM del 2 marzo.
Più controversa è la possibilità per la sua clientela di venirla a trovare perché questo spostamento potrebbe non essere ritenuto dagli organi di controllo un motivo legittimo.
Nel caso dovrà comunque avere cura di porre in vendita soltanto gli oggetti da lei (o dal suo laboratorio) prodotti evitando di mettere in vendita oggetti acquistati da terzi.
Ho un’agenzia immobiliare, sono consentite le visite, già concordate, con persone che vengono da fuori comune/regione?
Sì. Il decreto-legge 13 marzo 2021, n. 30 e il DPCM 2 marzo 2021 ha disposto l'applicazione di misure restrittive per il contenimento del contagio da COVID-19.
In particolare, per la descrizione delle misure restrittive previste, si rimanda al DPCM del 2 marzo 2021 che non prevede misure che si rivolgono nello specifico a chi svolge l'attività di mediazione immobiliare.
Il comma 1 dell’art. 40 del suddetto DPCM prevede che: “È vietato ogni spostamento in entrata o in uscita dai territori in zona rossa, nonché all’interno dei medesimi territori, salvo che per gli spostamenti motivati da comprovate esigenze lavorative o situazioni di necessità ovvero per motivi di salute”.
Riteniamo, quindi, che l'attività delle agenzie di immobiliari nelle “aree rosse”, non debba essere sospesa, non ricadendo né tra le attività commerciali al dettaglio, né tra le attività inerenti servizi alla persona sospese, e che di conseguenza gli agenti immobiliari possono tenere aperta al pubblico l'agenzia e ricevere i clienti in ufficio, in quanto lo spostamento rientra nelle “comprovate esigenze lavorative”.
La Faq presente sul sito del Governo, al momento specifica quanto segue:
È possibile spostarsi da un Comune a un altro per andare a vedere degli immobili da acquistare o prendere in affitto?
Sì. È permesso effettuare un sopralluogo presso un immobile da acquistare o locare. Tuttavia le visite degli agenti immobiliari con i clienti presso le abitazioni da locare o acquistare potranno avere luogo solo con l'utilizzo, da parte dell'agente immobiliare e dei visitatori, delle mascherine e dei guanti monouso e mantenendo in ogni momento la distanza interpersonale di almeno un metro e, preferibilmente, quando le abitazioni siano disabitate.
Pertanto, alla luce di quanto sopra riportato, riteniamo che gli agenti immobiliari, possano portare in visita i clienti con l’accortezza di avere con sé l’autocertificazione e con le cautele necessarie (mascherina, distanziamento).
Per quanto riguarda l’agente dovrebbe bastare la spunta su “Comprovate esigenze lavorative” nel momento in cui si allontana dall’ufficio.
Il cliente, invece, sia che debba effettuare un sopralluogo assieme all'agente, sia per un incontro in agenzia, può opzionare nel modulo di autocertificazione la casella “situazioni di necessità” specificando con una formula del tipo: “Appuntamento/visita per valutazione/locazione/acquisto/vendita di immobile con servizio di agenzia immobiliare”.
Riteniamo che lo spostamento dei clienti nella zona rossa per raggiungere l'agenzia immobiliare o per visitare un immobile, necessiti di chiarimento da parte del Governo, tuttavia soprattutto per l'autocertificazione dei clienti, consigliamo un confronto con il comando di polizia locale, con la questura o agli organi competenti.
È tuttavia sempre necessario verificare normative particolari insistenti sul territorio, come ordinanze comunali o regionali.
Da ultimo occorre precisare che, a prescindere dalla zona di appartenenza in cui insiste l’agenzia immobiliare, posto il DPCM prevede che nelle giornate festive e prefestive sono sospese le attività ubicate nei centri commerciali e strutture assimilate, evidenziamo che un'eventuale apertura delle agenzie di immobiliari collocate all'interno di centri commerciali, nelle giornate festive o prefestive, debba essere oggetto di preventivo confronto con le autorità di controllo localmente competenti per evitare possibili contestazioni.
Posso organizzare allenamenti all’aperto con un mio cliente (che abita in un altro comune)?
L'attività motoria o sportiva individuale all'aperto è consentita.
Il caso prospettato invece riguarda un soggetto che intende organizzare allenamenti all'aperto.
L'elemento dell'organizzazione è decisivo poiché costituirebbe il motivo, per chi abita fuori comune, di spostarsi per partecipare all'allenamento.
Come si vede dalla FAQ della Presidente del Consiglio, sotto riportata, nelle zone rosse non appare possibile spostarsi fuori comune per partecipare ad allenamenti all'aperto organizzati da soggetti terzi. Lo spostamento fuori comune è ammesso esplicitamente se funzionale all'attività sportiva individuale praticata come negli esempi riportati:
È possibile recarsi in un altro Comune al solo scopo di fare lì attività sportiva? In alternativa, è possibile varcare i confini comunali mentre si pratica l’attività sportiva (per esempio correndo o valicando un monte), per concluderla comunque all’interno del proprio Comune?
Nell’area rossa è consentito svolgere l'attività sportiva esclusivamente nell’ambito del territorio del proprio Comune, dalle 5.00 alle 22.00, in forma individuale e all'aperto, mantenendo la distanza interpersonale di due metri. È tuttavia possibile, nello svolgimento di un’attività sportiva che comporti uno spostamento (per esempio la corsa o la bicicletta), entrare in un altro Comune, purché tale spostamento resti funzionale unicamente all’attività sportiva stessa e la destinazione finale coincida con il Comune di partenza.
È necessario chiamare una imprese esterna per effettuare una sanificazione straordinaria?
No. La normativa non specifica che si debba necessariamente ricorrere ad una impresa di pulizie esterna per effettuare l’attività di sanificazione, potendo questa essere svolta anche da addetti interni all’ azienda.
In questo caso il datore di lavoro dovrà però attenersi ad un programma di intervento, previa valutazione dei rischi da agenti biologici ed agenti chimici, inclusi gli eventuali rischi in fase di diluizione e assicurare che i lavoratori addetti abbiano ricevuto adeguata formazione/informazione per quanto riguarda l’impiego dei prodotti da usare e per il corretto utilizzo dei Dpi (Rapporto del dell’ISS del 15 maggio 2020).
Per quanto concerne le procedure da seguire, la circolare n. 5443 del Ministero della Salute specifica che i luoghi e le aree potenzialmente contaminati dal virus devono essere sottoposti a completa pulizia con acque e detergenti comuni prima di essere nuovamente utilizzati. Per la decontaminazione viene raccomandato l’uso di ipoclorito di sodio 0,1% dopo la pulizia e per le superfici che possono essere danneggiate dall’ipoclorito di sodio, l’utilizzo di etanolo al 70% dopo la pulizia con un detergente neutro.
Durante le operazioni di pulizia con i prodotti chimici deve essere assicurata la ventilazione degli ambienti.
Per sanificazione si intende il complesso di procedimenti e operazioni di pulizia e/o disinfezione e mantenimento della buona qualità dell’aria.
Il Protocollo sottoscritto tra il Governo e le Parti Sociali del 24 aprile 2020 al punto 4 dispone che nel caso di una persona con COVID-19 all’interno dei locali aziendali si procederà alla pulizia e sanificazione dei suddetti secondo le disposizioni della circolare n. 5443 del 22 febbraio 2020 del Ministero della Salute, nonché alla loro ventilazione.
Sempre il punto 4 prevede una sanificazione straordinaria nelle aziende in cui si sono registrati casi sospetti di COVID-19.
Il Rapporto dell' Istituto Superiore di Sanità 5/2020 del 23 marzo 2020 prende poi in considerazione per gli ambienti di lavoro la sanificazione straordinaria nel caso vi sia stato un caso positivo Covid-19 riconducendola a procedure di pulizia e disinfezione.
Non viene specificato che si debba necessariamente ricorrere ad una impresa di pulizie esterna per effettuare l’attività di sanificazione, potendo questa essere svolta anche da addetti interni all’azienda.
In quest’ultimo caso il datore di lavoro dovrà però attenersi ad un programma di intervento, previa valutazione dei rischi da agenti biologici ed agenti chimici, inclusi gli eventuali rischi in fase di diluizione e assicurare che i lavoratori addetti abbiano ricevuto adeguata formazione/informazione per quanto riguarda l’impiego dei prodotti da usare e per il corretto utilizzo dei Dpi (Rapporto del dell’ISS del 15 maggio 2020)
Per quanto concerne le procedure da seguire, la circolare n. 5443 sopra richiamata specifica che i luoghi e le aree potenzialmente contaminati dal virus devono essere sottoposti a completa pulizia con acque e detergenti comuni prima di essere nuovamente utilizzati. Per la decontaminazione viene raccomandato l’uso di ipoclorito di sodio 0,1% dopo la pulizia e per le superfici che possono essere danneggiate dall’ipoclorito di sodio, l’utilizzo di etanolo al 70% dopo la pulizia con un detergente neutro.
Durante le operazioni di pulizia con i prodotti chimici deve essere assicurata la ventilazione degli ambienti.
Si ricorda infine che tutte le operazioni di pulizia devono essere condotte da personale che indossa DPI (filtrante respiratorio FFP2 o FFP3, protezione facciale, guanti monouso, camice monouso impermeabile a maniche lunghe) e dovranno essere seguite misure per la rimozione in sicurezza dei Dpi.
Dopo l’uso i DPI utilizzati per la pulizia e sanificazione post evento covid dovranno essere trattati come materiale potenzialmente infetto e conferiti a aziende specializzate per il loro trattamento.
Cosa si intende con il divieto di consumo di cibi e bevande nei luoghi pubblici e aperti al pubblico?
In primo luogo, occorre distinguere tra "luoghi pubblici" e "luoghi aperti al pubblico".
I primi sono luoghi di proprietà del demanio dello Stato accessibili a chiunque senza limitazioni (ad es. un giardino pubblico, una piazza, un bosco, e così via), mentre i secondi sono luoghi di proprietà privata, ai quali è consentito l'accesso secondo le condizioni fissate dal legittimo proprietario o gestore (come ad es. esibire una tessera, rispettare l'orario di apertura e di chiusura, o pagare un biglietto d'ingresso).
Rientrano, pertanto, in questa seconda categoria i cinema, i teatri, le discoteche, i bar, le birrerie e i locali pubblici in generale, ecc.
Pertanto, seppur la limitazione viene inserita nel primo comma dell'art. 27 del DPCM 2 marzo 2021 concernente l’attività di ristorazione, e la ratio è sicuramente quella di evitare assembramenti, il divieto di consumo dopo le 18,00 di cibi e bevande si deve applicare sia ai luoghi pubblici che a quelli aperti al pubblico.
Il secondo comma dell'art. 27 dello stesso decreto, infatti, pur ammettendo la ristorazione con consegna a domicilio e la ristorazione con asporto ribadisce il divieto di consumazione sul posto o nelle adiacenze, sempre al fine di evitare assembramenti.
Il decreto-legge 23 febbraio 2021, n. 15, concernente “Ulteriori disposizioni urgenti in materia di spostamenti sul territorio nazionale per il contenimento dell'emergenza epidemiologica da COVID-19”, entrato il vigore lo scorso 24 febbraio, ha previsto nuove limitazioni agli spostamenti.
In particolare, l'art. 2 del suddetto decreto prevede che “fino al 27 marz 2021, sull'intero territorio nazionale è vietato ogni spostamento in entrata e in uscita tra i territori di diverse regioni o province autonome, salvi gli spostamenti motivati da comprovate esigenze lavorative o da situazioni di necessità ovvero per motivi di salute.”
È, quindi, sempre consentito lo spostamento tra comuni e regioni giustificato da comprovate esigenze lavorative.
Tuttavia posto che l’onere di dimostrare la sussistenza delle situazioni che consentono gli spostamenti incombe sull’interessato, occorre fare sempre uso dell’autocertificazione riguardo alle cause giustificative dello spostamento.
Inoltre, nella zona arancione, fino al 27 marzo 2021, è consentito, in ambito comunale, lo spostamento verso una sola abitazione privata abitata, una volta al giorno, in un arco temporale compreso fra le ore 05:00 e le ore 22:00, e nei limiti di due persone ulteriori rispetto a quelle ivi già conviventi, oltre ai minori di anni 14 sui quali tali persone esercitino la responsabilità genitoriale e alle persone disabili o non autosufficienti conviventi.
Da ultimo ti ricordo che la violazione delle suddette disposizioni è sanzionata ai sensi dell'articolo 4 del decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 maggio 2020, n.35.
Nelle zone bianche si applica l'art. 7 del DPCM del 2 marzo 2021, in virtù di quanto disposto dall'art. 57, comma 1, del medesimo DPCM.
I circoli, invece, possono a nostro avviso riaprire nelle zone bianche.
La loro sospensione è infatti disposta dall'art. 16 del DPCM del 2 marzo che ricade nel Capo III che, stante l'art. 7 sopra citato, non si applica in queste zone.
Continuano anche ad applicarsi i protocolli allegati al DPCM del 2 marzo (identici a quelli allegati al DPCM del 14 gennaio in vigore fino a venerdì 5 marzo compreso) contenenti le linee guida per la riapertura delle attività economiche, quindi per la ristorazione continuano ad applicarsi tutte le altre misure previste dal protocollo sulla ristorazione come, ad esempio, il mantenimento dell'elenco delle prenotazioni per 14 giorni, il distanziamento tra i tavoli, ecc.
Quali sono le regole all'interno dei ristoranti oltre alla mascherine e il distanziamento?
Nelle zone bianche si applica l'art. 7 del DPCM del 2 marzo 2021, in virtù di quanto disposto dall'art. 57, comma 1, del medesimo DPCM.
Pertanto, nelle zone bianche cessano di applicarsi le misure previste per le zone gialle (Capo III) relative alla sospensione o al divieto di esercizio delle attività economiche ferma restando l'applicazione delle misure generali anti contagio e dei protocolli o linee guida allegati al presente provvedimento.
Restano inoltre sospesi gli eventi che implichino assembramenti in spazi chiusi o all'aperto comprese:
- le manifestazioni fieristiche e i congressi;
- le attività che abbiano luogo in sale da ballo e discoteche e locali assimilati, all'aperto o al chiuso;
- la partecipazione al pubblico agli eventi o competizioni sportive.
Vengono meno sia le sospensioni, sia i divieti di esercizio delle attività imposti alle zone gialle dal Capo III del DPCM citato, tra cui il limite dei 4 posti al tavolo che è disposto dall'art. 27, comma 1.
L'obbligo di esporre il cartello con la capienza complessiva resta a nostro avviso in vigore. Tale obbligo infatti è disposto dall'art. 11, comma 2 del DPCM del 2 marzo che è inserito nel Capo III, ma non è relativo ad una sospensione o ad un divieto di esercizio e quindi continua ad applicarsi come tutte le altre disposizioni di carattere generale come l'obbligo dell'uso delle mascherine, il distanziamento, ecc.
Continuano anche ad applicarsi i art. 7 del DPCM del 2 marzo 2021 allegati al DPCM del 2 marzo (identici a quelli allegati al DPCM del 14 gennaio in vigore fino a venerdì 5 marzo compreso) contenenti le linee guida per la riapertura delle attività economiche, quindi per la ristorazione continuano ad applicarsi tutte le altre misure previste dal protocollo sulla ristorazione come, ad esempio, il mantenimento dell'elenco delle prenotazioni per 14 giorni, il distanziamento tra i tavoli, ecc.
È possibile, in un albergo, tenere una riunione con 15 ospiti nel rispetto delle misure di distanziamento, sanificazione e di ogni altra misura prevista dai protocolli?
In via preliminare evidenziamo che il DPCM 2 marzo 2021 (artt. da 33 a 37), efficace dal 6 marzo al 6 aprile 2021, prevede una serie di misure di contenimento specifiche anche per le zone arancioni.
In particolare, il provvedimento prevede che, a far data dal primo giorno non festivo successivo alla pubblicazione nella GU delle ordinanze del Ministro della salute che le individuano, nelle zone arancioni si applicano, oltre alle misure valide per l'intero territorio nazionale, anche le misure per le zone gialle.
Il DPCM citato prevede la sospensione, sia per le zone gialle che per quelle arancioni, di convegni, congressi ed altri eventi in presenza (art. 13, comma 1).
Il provvedimento, pertanto, sospende tutti gli eventi quali “i convegni, i congressi e gli altri eventi, ad eccezione di quelli che si svolgono con modalità a distanza”. Per ciò che riguarda le riunioni, il DPCM in esame consente il loro svolgimento esclusivamente con modalità a distanza, nell'ambito delle pubbliche amministrazioni, mentre per i privati è fortemente raccomandato lo svolgimento con modalità a distanza.
Il Ministero dell'Interno con circolare dello scorso 19 ottobre è intervenuto su tale profilo, confermando la legittimità delle riunioni private in presenza come nel caso di assemblee societarie (ma anche associative) e di condominio.
Nella circolare il Ministero affermava che “le riunioni private sono ancora consentite in presenza sebbene il loro svolgimento da remoto sia fatto oggetto di forte raccomandazione”.
Nel caso di specie, posto che la riunione si dovrebbe svolgere in un albergo, luogo aperto al pubblico, sarà necessario evitare con attenzione qualunque forma di pubblicità esterna o di invito alla stampa per non far venire meno il carattere privato della riunione.
Tuttavia, alla luce della particolare situazione in atto, gli enti locali potrebbero introdurre limitazioni ulteriori. Onde evitare di incorrere in eventuali violazioni, consigliamo di consultare le normative locali e di confrontarsi successivamente con il comando di polizia locale, con la questura e gli organi competenti.
La toelettatura degli animali è inserita nella classificazione delle attività economiche dell'ISTAT al 96.09.04 Servizi di cura degli animali da compagnia.
Questa, a sua volta, è ricompresa nella divisione 96 Altre attività di servizio per la persona.
Nelle zone rosse, l'art. 47 del DPCM del 2 marzo 2021 (ma anche l'art. 3, comma 4, lett. h), del DPCM del 14 gennaio 2021 che si applica fino 5 marzo compreso) sospende le le attività inerenti i servizi alla persona tranne quelle individuate nell'allegato 24 che, in entrambi i DPCM, non include la tolettatura.
Queste attività sono conseguentemente sospese nelle zone rosse.
Invece, le attività di toelettatura, come tutte le attività inerenti ai servizi alla persona sono consentite, a norma dell'art. 29 del DPCM del 2 marzo, sia nelle zone gialle che nelle zone arancioni ma sempre nel rispetto dei protocolli o linee guida del settore di riferimento o settori analoghi.
In questo caso, mancando delle linee guida specifiche, vanno seguite quelle sui servizi alla persona.
Va inoltre sempre verificata l'esistenza di disposizioni specifiche che potrebbero essere contenute nelle ordinanze regionali o comunali.
Un’attività con codice atATECOeco 18.14 (legatoria), peraltro gestito da una cooperativa per disabili in zona rossa, può stare aperta?
Sì, in quanto l'attività di legatoria è classificata dall'ISTAT come attività di supporto alla stampa ed è considerata parte integrante dell'industria grafica.
Sotto questo profilo quindi non risente di limitazioni all'attività nelle zone rosse eccettuato l'obbligo, per tutte le attività industriali e commerciali in tutte le zone, di rispettare il protocollo di cui all'allegato 12 del DPCM del 2 marzo 2021 negli ambienti di lavoro.
Il fatto che tale attività sia gestita da soggetti con disabilità non rileva se non per il profilo di cui all'art. 3, comma 2 del DPCM che consente a questi soggetti di ridurre il distanziamento interpersonale con i propri accompagnatori o operatori di assistenza.
Sì, dal lunedì al venerdì fino alle 18. Nei giorni prefestivi e festivi, previa verifica con il locale comando della polizia locale.
Il DPCM del 14 gennaio prevede infatti che in quelle giornate siano chiusi gli esercizi commerciali presenti nei centri commerciali tranne limitate eccezioni. I bar non sono esercizi commerciali, ma è opportuno verificare la posizione degli organi di controllo onde evitare sanzioni e chiusure.
No, sino al 5 marzo 2021 sono sospesi eventi di natura commerciale qualunque sia la location individuata per lo svolgimento dell’evento.
Infatti, l’art. 1, comma 10, lett o) del DPCM del 14 gennaio, che si applica sino al 5 marzo 2021, prevede che “sono sospesi i convegni, i congressi e gli altri eventi, ad eccezione di quelli che si svolgono con modalità a distanza; tutte le cerimonie pubbliche si svolgono nel rispetto dei protocolli e linee guida vigenti e in assenza di pubblico; nell'ambito delle pubbliche amministrazioni le riunioni si svolgono in modalità a distanza, salvo la sussistenza di motivate ragioni; è fortemente raccomandato svolgere anche le riunioni private in modalità a distanza”.
La circolare del ministero dell'Interno dello scorso 27 ottobre è intervenuta sul punto ed ha specificato che, nella sospensione delle attività convegnistiche e congressuali, la dizione "altri eventi" deve essere ricondotta ad una pluralità di occasioni e circostanze, che presentino caratteristiche e modalità di svolgimento tali da determinare situazioni suscettibili di favorire la diffusione del contagio (si pensi, solo a titolo esemplificativo, alle conferenze, alle presentazioni di prodotti editoriali o commerciali, ecc.).
Pertanto, alla luce di quanto sopra esposto, su tutto il territorio nazionale, a prescindere dalla zona di appartenenza della Regione, sino al 5 marzo p.v. sono sospesi eventi di natura commerciale qualunque sia la location individuata per lo svolgimento dell’evento.
No, non ci risultano limiti orari per lo svolgimento delle attività delle mense.
L'art. 1, comma 10, lett. gg) li ha fissati per le attività dei servizi di ristorazione in generale, per il consumo di cibi e bevande nei luoghi pubblici, per l'asporto in generale e per l'asporto per le attività aventi come codice ATECO prevalente il 56.3 ed il 47.25.
Le mense hanno una trattazione specifica nell'ultima parte della disposizione nella quale il richiamo ai limiti ed alle condizioni di cui al periodo precedente si riferisce al rispetto dei protocolli e delle linee guida adottati dalle regioni o dalla Conferenza delle regioni.
Tecnicamente l'asporto è la vendita dei pasti e delle bevande negli esercizi di somministrazione, così individuati dalla legge 287/1991:
- esercizi di ristorazione, per la somministrazione di pasti e di bevande, comprese quelle aventi un contenuto alcoolico superiore al 21 per cento del volume, e di latte (ristoranti, trattorie, tavole calde, pizzerie, birrerie ed esercizi similari);
- esercizi per la somministrazione di bevande, comprese quelle alcoliche di qualsiasi gradazione, nonché di latte, di dolciumi, compresi i generi di pasticceria e gelateria, e di prodotti di gastronomia (bar, caffè, gelaterie, pasticcerie ed esercizi similari);
- esercizi di cui alle lettere a) e b), in cui la somministrazione di alimenti e di bevande viene effettuata congiuntamente ad attività di trattenimento e svago, in sale da ballo, sale da gioco, locali notturni, stabilimenti balneari ed esercizi similari;
- esercizi di cui alla lettera b), nei quali è esclusa la somministrazione di bevande alcoliche di qualsiasi gradazione.
L'asporto è infatti specificamente menzionato dall'articolo 5, comma 4, della legge 287/91, secondo il quale: gli esercizi di cui al presente articolo hanno facoltà di vendere per asporto le bevande nonché, per quanto riguarda gli esercizi di cui al comma 1, lettera a), i pasti che somministrano e, per quanto riguarda gli esercizi di cui al medesimo comma 1, lettera b), i prodotti di gastronomia e i dolciumi, compresi i generi di gelateria e di pasticceria. In ogni caso l'attività di vendita è sottoposta alle stesse norme osservate negli esercizi di vendita al minuto.
Essa tuttavia risponde ad una precisa scelta del Governo. A dimostrazione quanto recentemente dichiarato dal Ministro dello Sviluppo Economico, Patuanelli, in risposta a un'interrogazione del deputato Andrea Dara su questa specifica misura lo scorso 20 gennaio alla Camera dei Deputati (pagina 42/43 del verbale stenografico).
Il Ministro ha spiegato che la misura è finalizzata a prevenire gli assembramenti. La scelta di circoscriverla ai bar e agli esercizi specializzati aventi come codice ATECO principale il 47.25, escludendo le altre attività che pure sono autorizzate alla vendita di bevande alcoliche, sarebbe motivata dal fatto che detti assembramenti "avvengono ovviamente più facilmente fuori da un’enoteca piuttosto che fuori da un supermercato". Di conseguenza, il Governo ha ritenuto di definire i confini della misura in modo da incidere sul minor numero possibile di attività, lasciando operare liberamente quelle che – a suo giudizio – presentano profili di rischio più limitati, anche a costo di alterare le normali dinamiche concorrenziali.
Perchè il divieto di vendita di bevande per asporto dopo le 18.00 si applica solo a certe attività (ad esempio una con Codice ATECO 47.25) mentre ad altre no?
La normativa vigente anche se non precisa, impedisce di fatto, ai soggetti che svolgono l'attività prevalente identificata dal codice ATECO 47.25, la vendita dopo le 18.00.
Essa infatti risponde ad una precisa scelta del Governo. A dimostrazione quanto recentemente dichiarato dal Ministro dello Sviluppo Economico, Patuanelli, in risposta a un'interrogazione del deputato Andrea Dara su questa specifica misura lo scorso 20 gennaio alla Camera dei Deputati (pagina 42/43 del verbale stenografico).
Il Ministro ha spiegato che la misura è finalizzata a prevenire gli assembramenti. La scelta di circoscrivere tale disposizione ai bar e agli esercizi specializzati aventi come codice ATECO principale il 47.25, escludendo le altre attività che pure sono autorizzate alla vendita di bevande alcoliche, sarebbe motivata dal fatto che detti assembramenti "avvengono ovviamente più facilmente fuori da un’enoteca piuttosto che fuori da un supermercato". Di conseguenza, il Governo ha ritenuto di definire i confini della misura in modo da incidere sul minor numero possibile di attività, lasciando operare liberamente quelle che - a suo giudizio - presentano profili di rischio più limitati, anche a costo di alterare le normali dinamiche concorrenziali.
È possibile spostarsi tra regioni per fare un atto pubblico notarile di compravendita?
Il comma 3 dell’articolo 1 del DPCM del 14 gennaio 2021, prevede che sono consentiti solo gli spostamenti motivati da comprovate esigenze lavorative, situazioni di necessità o motivi di salute. Il secondo periodo del suddetto comma prevede, inoltre, che “è in ogni caso, fortemente raccomandato, per la restante parte della giornata di non spostarsi con mezzi di trasporto pubblici o privati, salvo che per comprovate lavorative, di studio, per motivi di salute, per situazioni di necessità o per svolgere attività o usufruire di servizi non sospesi”.
La circolare del Ministero dell'Interno del 7 novembre scorso, intervenuta sul DPCM 3 novembre 2020, ha chiarito come si deve interpretare la norma che limita gli spostamenti.
In particolare, la norma chiarisce che questi sono consentiti “non solo per le consuete cause giustificative indicate già nella norma (la quale include anche i motivi di studio), ma anche quando sia necessario svolgere attività o usufruire di servizi non sospesi e non disponibili nel comune di residenza, domicilio o abitazione. In forza di tale previsione risulterà dunque possibile lo spostamento per recarsi, solo a titolo di esempio, presso uffici pubblici, esercizi commerciali o centri servizi (es. per assistenza fiscale, previdenziale, ecc.) quando essi non siano presenti nel proprio territorio comunale”.
Alla luce di quanto sopra espresso riteniamo che gli agenti Immobiliari possono anzitutto tenere aperta al pubblico l'agenzia e ricevere i clienti in ufficio, in quanto lo spostamento rientra nelle “comprovate esigenze lavorative”.
In attesa di chiarimenti interpretativi da parte del governo, anche la possibilità da parte dei clienti di visitare gli immobili, può rientrare, a nostro avviso, nelle cause giustificate indicate dal DPCM del 14 gennaio.
Infatti, se da un lato, come hai correttamente evidenziato, nelle FAQ predisposte dal governo è chiarito che lo spostamento è espressamente consentito per stipulare un atto pubblico notarile di compravendita, a supporto della nostra interpretazione va ricordato che lo scorso maggio il Governo era intervenuto sulla questione specificando che: “gli agenti possono far visita agli immobili assieme al cliente, purché gli spazi siano disabitati”.
Riteniamo quindi che gli agenti Immobiliari potranno accompagnare i clienti nelle visite preliminari agli immobili con l’accortezza di avere con sé l’autocertificazione e con le cautele necessarie (mascherina, distanziamento).
Poiché l’onere di dimostrare la sussistenza delle situazioni che consentono gli spostamenti incombe all'interessato, occorrerà sempre far uso dell’autocertificazione riguardo alle cause giustificative dello spostamento; lo spostamento sia dell’agente che del cliente dovrà, infatti, essere giustificato attraverso il ricorso alla autocertificazione.
Per quanto riguarda l’Agente dovrebbe bastare la spunta su “Comprovate esigenze lavorative” nel momento in cui si allontana dall’ufficio.
Il cliente, invece, sia che debba effettuare un sopralluogo assieme all'Agente, sia per un incontro in Agenzia, potrà opzionare nel modulo di autocertificazione la casella “Altri motivi ammessi” specificando con una formula del tipo: “Appuntamento/visita per valutazione/locazione/acquisto/vendita di immobile con servizio di Agenzia Immobiliare”.
Anche tale profilo meriterebbe di essere chiarito dal Governo e per questo motivo, soprattutto per l'autocertificazione dei clienti, consigliamo un confronto con il comando di polizia locale, con la questura o agli organi competenti.
Resta infine sempre necessario, stante la complessità della situazione emergenziale, verificare eventuali disposizioni particolari insistenti sul territorio, come ordinanze comunali o regionali.
No, il DPCM del 14 gennaio 2021 non prevede misure che si rivolgono nello specifico a chi svolge l'attività di mediazione immobiliare.
Tuttavia, il comma 4 lett. a) dell’articolo 4 dello stesso decreto prevede che: “è vietato ogni spostamento in entrata o in uscita dai territori, salvo che per gli spostamenti motivati da comprovate esigenze lavorative o situazioni di necessità ovvero per motivi di salute”.
Riteniamo, quindi, che l'attività delle agenzie immobiliari nelle “aree rosse”, non debba essere sospesa in applicazione dell’art. 3 del DPCM, non ricadendo né tra le attività commerciali al dettaglio, né tra le attività inerenti servizi alla persona sospese, e che di conseguenza gli agenti Immobiliari possano tenere aperta al pubblico l'agenzia e ricevere i clienti in ufficio, in quanto lo spostamento rientra nelle “comprovate esigenze lavorative”.
Il problema principale riguarda quindi non tanto gli agenti quanto gli spostamenti, la possibilità che la visita degli immobili da parte dei clienti possa rientrare nelle cause giustificative degli spostamenti indicate dal DPCM del 14 gennaio scorso.
Sulla questione ricordiamo anche l'interpretazione fornita dal governo nella Fase 2 dello scorso 5 maggio, in cui l'esecutivo è intervenuto sulla questione specificando che: “gli agenti possono far visita agli immobili assieme al cliente, purché gli spazi siano disabitati”.
Pertanto, alla luce di quanto sopra riportato, riteniamo che gli agenti Immobiliari, possano portare in visita i clienti con l’accortezza di avere con sé l’autocertificazione e con le cautele necessarie (mascherina, distanziamento).
Questa possibilità appare confermata dalla seguente FAQ per le zone rosse presente sul sito del Governo:
- È possibile spostarsi da un Comune a un altro per andare a vedere degli immobili da acquistare o prendere in affitto?
Sì. È permesso effettuare un sopralluogo presso un immobile da acquistare o locare. Tuttavia le visite degli agenti immobiliari con i clienti presso le abitazioni da locare o acquistare potranno avere luogo solo con l’utilizzo, da parte dell’agente immobiliare e dei visitatori, delle mascherine e dei guanti monouso e mantenendo in ogni momento la distanza interpersonale di almeno un metro e, preferibilmente, quando le abitazioni siano disabitate.
Quindi posto che l’onere di dimostrare la sussistenza delle situazioni che consentono gli spostamenti incombe all'interessato, evidenziamo che, riguardo alle cause giustificative dello spostamento, sia sempre necessario far uso dell’autocertificazione.
Per quanto riguarda l’agente, dovrebbe bastare la spunta su “Comprovate esigenze lavorative” nel momento in cui si allontana dall’ufficio.
Il cliente, invece, sia che debba effettuare un sopralluogo assieme all'agente, sia per un incontro in agenzia, può opzionare nel modulo di autocertificazione la casella “situazioni di necessità” specificando con una formula del tipo: “Appuntamento/visita per valutazione/locazione/acquisto/vendita di immobile con servizio di agenzia Immobiliare”.
Questo è il quadro che si desume dalla normativa nazionale. Va però evidenziato che l'applicazione delle misure potrebbe variare a seguito di normative regionali più restrittive. Vi invitiamo pertanto a contattare la sede di Confcommercio più vicina per avere tutti gli aggiornamento territoriali.
Da ultimo ricordiamo che, a prescindere dalla zona di appartenenza in cui insiste l’agenzia Immobiliare la lett. ff), comma 10 dell’art. 1: “nelle giornate festive e prefestive sono chiusi gli esercizi commerciali presenti all'interno dei mercati e dei centri commerciali, gallerie commerciali, parchi commerciali ed altre strutture ad essi assimilabili, a eccezione delle farmacie, parafarmacie, presidi sanitari, punti vendita di generi alimentari, di prodotti agricoli e florovivaistici, tabacchi, edicole e librerie”.
Pertanto anche la possibilità di apertura delle agenzie di immobiliari collocate all'interno di centri commerciali, nelle giornate festive o prefestive, debba essere oggetto di preventivo confronto con le autorità di controllo localmente competenti per evitare possibili contestazioni.
Le consegne a domicilio sono certamente possibili anche nelle giornate cd rosse.
L'asporto è invece il termine con cui sono designati i cibi e le bevande che si prelevano dall'esercizio per essere consumati fuori del locale. Non è pertanto immaginabile un asporto per l'abbigliamento.
Sì. Il DPCM 14 gennaio include tra gli esercizi commerciali presenti all'interno dei mercati, centri commerciali, gallerie commerciali, parchi commerciali ed altre strutture ad essi assimilabili che possono restare aperti (dal 16 gennaio e fino al 5 marzo) nelle giornate prefestive e festive anche le librerie.
Sì. Il DPCM 14 gennaio sospende le attività commerciali al dettaglio considerate “non essenziali”, tra cui la vendita al dettaglio di orologi e articoli di gioielleria in esercizi specializzati (gioiellerie), fatte salve le attività al dettaglio elencate nell’allegato 23.
Pertanto, tutte le altre attività del comparto orafo gioielliero non al dettaglio risultanti dai rispettivi Codici ATECO 2007, tra cui anche le attività di compro oro, a prescindere dall'iscrizione al registro OAM, da verificarsi attraverso la visura camerale dell’azienda, quali:
- produzione di metalli preziosi e semilavorati 24.41.00;
- fabbricazione di oggetti di gioielleria ed oreficeria in metalli preziosi o rivestiti di metalli preziosi 32.12.10;
- lavorazione di pietre preziose e semipreziose per gioielleria e per uso industriale 32.12.20;
- commercio all'ingrosso di orologi e di gioielleria 46.48.00;
- commercio all'ingrosso di metalli non ferrosi e prodotti semilavorati 46.72.20;
- riparazione di orologi e di gioielli 95.25.00;
possono svolgere la propria attività nel rispetto dei contenuti del protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus COVID-19 negli ambienti di lavoro sottoscritto il 24 aprile 2020 fra il Governo e le parti sociali e successivi aggiornamenti, che contemplano anche i criteri guida generali di cui ai documenti tecnici prodotti da INAIL e Istituto Superiore di Sanità con il principale obiettivo di ridurre il rischio di contagio per i singoli e per la collettività.
Sì. Il DPCM 14 gennaio prevede la riapertura dei Musei. Il servizio di apertura al pubblico dei musei e degli altri istituti e luoghi della cultura è assicurato, dal lunedì al venerdì nelle zone gialle con esclusione dei giorni festivi.
I corsi di sicurezza per i lavoratori dell’ambito portuale possono essere fatti in presenza?
No. Il decreto del Ministero dell’Interno n. 154 del 2009 concerne il Regolamento per l’affidamento dei servizi di sicurezza sussidiaria nei porti, stazioni, trasporti urbani, metropolitane ecc. anche con l’impiego di guardie giurate e si riferisce a eventuali corsi per i servizi di vigilanza privata che non attengono ai corsi per lavoratori su salute e sicurezza.
Il DPCM 3 novembre 2020 (art. 1 comma 9 lett. s) ha specificato espressamente quali sono i corsi che possono essere effettuati “in presenza”, sia pure a determinate condizioni, e tra questi rientrano i corsi di formazione in materia di salute e sicurezza.
Altri corsi, come appunto quelli di cui al D.M. 154/2009, potranno essere erogati solo in modalità telematica.
Secondo le FAQ del governo l'abbigliamento dovrebbe essere "bene durevole"? Se non trovo una specifica marca nel mio comune, posso spostarmi in un comune contiguo?
No, non vi è alcuna possibilità di considerare l'acquisto di capi di abbigliamento come valido motivo per spostarsi fuori comune nelle aree arancioni.
La faq del Governo citata è il prodotto degli sforzi congiunti della filiera del mobile e dell'auto per evitare il blocco totale degli spostamenti per acquisti di beni durevoli di queste tipologie a seguito dell'approvazione del DPCM del 3 novembre 2020.
L'abbigliamento rientra tra i beni durevoli ma si differenzia da quelli citati nell'esempio il cui tratto distintivo è dato dall'acquisto pluriennale, come normalmente avviene per le auto ed i mobili, mentre invece per l'abbigliamento l'acquisto è stagionale.
Nessuna possibilità quindi, come del resto è avvenuto in questi mesi, di considerare l'acquisto di capi di abbigliamento come valido motivo per spostarsi fuori comune nelle aree arancioni.
Per gli spostamenti fuori comune in aree arancioni, il Governo, oltre alla faq da te citata, ha finora adottato il criterio sintetizzato in questa altra faq:
Posso fare la spesa in un comune diverso da quello in cui abito?Gli spostamenti verso Comuni diversi da quello in cui si abita sono vietati, salvo che per specifiche esigenze o necessità.
Fare la spesa rientra sempre fra le cause giustificative degli spostamenti. Laddove quindi il proprio Comune non disponga di punti vendita o nel caso in cui un Comune contiguo al proprio presenti una disponibilità, anche in termini di maggiore convenienza economica, di punti vendita necessari alle proprie esigenze, lo spostamento è consentito, entro tali limiti, che dovranno essere autocertificati.In ogni caso va anche evidenziato che, fin dai primi provvedimenti restrittivi del marzo 2020, l'abbigliamento non è mai stato incluso tra le attività non sospese né nell'elenco dei generi di prima necessità attualmente elencati nell'allegato 23.
Le Faq sono in aggiornamento alla luce del nuovo DPCM del 14 gennaio, del DL 2/2021 e delle nuove ordinanze del Ministero della Salute. Non possiamo quindi escludere, come già accaduto in passato, mutamenti di indirizzo.
L’elenco delle attività commerciali che possono restare aperte all’interno dei centri commerciali durante i fine settimana è tassativo?
Sì, l'elenco resta, a nostro avviso, tassativo.
Tuttavia nessuna circolare del Ministero dell’Interno o Faq della Presidenza del Consiglio dei Ministri hanno espressamente chiarito questo punto.
La circolare del Ministero dell’Interno del 7 novembre, emanata dopo il DPCM del 3 novembre, che per la prima volta aveva posto questa limitazione, si è infatti limitata a dare il chiarimento sui mercati assoggettando alla chiusura nei prefestivi e festivi solo quelli coperti.
E' quindi possibile, come avvenuto in alcune realtà territoriali (esempio a Roma) che sia stato consentito ai pubblici esercizi presenti nei centri commerciali di rimanere aperti, fino alle 18 ed anche dopo per l'asporto, anche nei festivi e prefestivi sulla base di interpretazioni della polizia locale.
Abbiamo però notizia di deroghe solo per i pubblici esercizi ma non per altri esercizi pur inclusi nell'allegato 23.
Ad oggi, non possiamo tuttavia escludere che, a livello locale, siano state rilasciate indicazioni diverse dalle autorità competenti.
In questo contesto con poche certezze appare quindi necessario il confronto con i comandi di polizia locale e con la Prefettura per accertarsi della praticabilità di un'indicazione di apertura senza rischi.
L'attività di autolavaggio di per sé non rientra tra quelle oggetto di sospensione nelle cd zone rosse.
E' quindi possibile sia per il datore di lavoro che per gli eventuali dipendenti recarvisi essendo spostamenti motivati da esigenze lavorative.
Restano purtroppo molti dubbi sulla possibilità per la clientela non professionale di giustificare lo spostamento per recarsi a lavare l'auto.
Da un lato infatti si potrebbe argomentare che se un'attività è aperta dovrebbe poter essere raggiungibile, dall'altro resta il dubbio che tale spostamento possa essere giustificato in ragione della necessità.
Le circolari del Ministero dell'interno non aiutano a risolvere questi dubbi e siamo in attesa dell'aggiornamento delle faq del Governo.
La clientela professionale (tassisti, noleggio con conducente, agenti e rappresentanti) ha sicuramente più argomenti per giustificare lo spostamento essendo l'auto per queste professioni un mezzo indispensabile per l'esercizio dell'attività anche sotto il profilo della pulizia periodica.
Analogo ragionamento vale per l'eventuale sanificazione del veicolo che appare sempre possibile.
In questo contesto con poche certezze appare quindi necessario il confronto con i comandi di polizia locale e con la Prefettura per accertarsi della praticabilità di un'indicazione di apertura senza rischi per la clientela.
Sul tema stiamo tutti attendendo i chiarimenti del Governo tramite le FAQ ufficiali ma che, al momento, non sono ancora disponibili.
Il decreto legge 1/2021, prevedeva il divieto di spostamenti in entrata e in uscita tra i territori di diverse regioni o province autonome, fatte salve le consuete cause giustificative, ma stabiliva che rimaneva comunque consentito il rientro alla propria residenza, domicilio o abitazione, con esclusione degli spostamenti verso le seconde case ubicate in altra regione o provincia autonoma (art. 1, comma 1).
Il decreto legge 2/2021 ha reiterato il suddetto divieto, con le medesime eccezioni, per il periodo compreso tra il 16 gennaio e il 15 febbraio, continuando a prevedere che sia consentito il rientro presso la propria residenza, domicilio o abitazione, ma senza più escludere in maniera espressa gli spostamenti verso le seconde case ubicate in altra regione o provincia autonoma (art. 1, comma 3).
Analoga disposizione è contenuta nel DPCM 14 gennaio (art. 1, comma 4).
Sembra quindi di poter ritenere che eventuali spostamenti verso le seconde case, anche al di fuori della regione, siano ora consentiti nella misura in cui configurino un rientro verso il proprio luogo di abitazione o, eventualmente, di domicilio, dovendosi ragionevolmente escludere la possibilità che sia considerato "seconda casa" il luogo in cui si ha la propria residenza.
In questo momento, le FAQ ufficiali del Governo, ancora non aggiornate agli ultimi provvedimenti, forniscono le seguenti definizioni di "residenza", "domicilio" e "abitazione":
Cosa si intende con i termini “residenza”, “domicilio” e “abitazione”?
- Residenza. La residenza è definita giuridicamente come il luogo in cui la persona ha la dimora abituale. La residenza risulta dai registri anagrafici ed è quindi conoscibile in modo preciso e verificabile in ogni momento.
- Domicilio. Il domicilio è definito giuridicamente come il luogo in cui una persona ha stabilito la sede principale dei suoi affari e interessi. Il domicilio può essere diverso dalla propria residenza.
- Abitazione. Il concetto di abitazione non ha una precisa definizione tecnico-giuridica. Ai fini dell’applicazione del DPCM, dunque, l’abitazione va individuata come il luogo dove si abita di fatto, con una certa continuità e stabilità (quindi per periodi continuativi, anche se limitati, durante l’anno) o con abituale periodicità e frequenza (per esempio in alcuni giorni della settimana per motivi di lavoro, di studio o per altre esigenze), tuttavia sempre con esclusione delle seconde case utilizzate per le vacanze. Per fare un ulteriore esempio, le persone che per motivi di lavoro vivono in un luogo diverso da quello del proprio coniuge o partner, ma che si riuniscono ad esso con regolare frequenza e periodicità nella stessa abitazione, possono spostarsi per ricongiungersi nella stessa abitazione in cui sono soliti ritrovarsi.
Eventuali interpretazioni volte a consentire forme più estese di mobilità interregionale potrebbero, forse, fare leva su una più ampia declinazione del concetto di "abitazione" che, come riportato, è il più flessibile dei tre.
La circolare interpretativa appena pubblicata sul sito del Ministero dell'Interno, e relativa al DL. 2/2021 e al DPCM 14 gennaio, non contiene ulteriori indicazioni sul punto, limitandosi a ribadire che rimane consentito il rientro presso la propria residenza, domicilio o abitazione e che gli spostamenti a tal fine necessari potranno avvenire verso aree regionali anche di colore “arancione” o “rosso”.
Ho un’attività di confezionamento e vendita di abiti da sposa/cerimonia, i nostri clienti possono raggiungerli per acquistare e fare le prove pur risiedendo in comuni diversi?
Quando parliamo di attività di confezionamento e vendita di abiti da sposa/cerimonia, dobbiamo anzitutto riferirci propriamente ad attività che siano contraddistinte dai codici ATECO 14.13.10 confezione in serie di abiti da cerimonia, da sposa, da sera oppure 14.13.20 confezione su misura di abiti da sposa, da cerimonia, da sera.
Queste infatti, sono attività che possono operare anche nelle zone rosse e per le quali gli spostamenti del titolare, e degli eventuali dipendenti, rientrano tra i motivi di lavoro che giustificano gli spostamenti.
Resta non pienamente risolta la domanda se recarsi in una di queste attività in zona arancione o rossa possa costituire, anche per la clientela, un valido motivo di spostamento.
Da un lato infatti, non avrebbe senso consentire ad alcune attività di rimanere aperte se poi la clientela non potesse raggiungerle e, sotto questo profilo, ma solo per le attività di vendita di mobili ed autovetture, è stata pubblicata la Faq del Governo in merito.
Le Faq di Palazzo Chigi nascono tuttavia per la soluzione di casi concreti e non possono essere utilizzate in via analogica o estensiva per altri casi come quello che hai prospettato.
Nemmeno l'ultima circolare del Ministero dell'interno affronta questi problematiche e le faq del Governo sono in aggiornamento.
Restano quindi delle lacune nel sistema che rendono necessario il confronto con le autorità preposte ai controlli (Prefetture e comandi polizia locale) per accertarsi che la clientela che si sposta per raggiungere queste attività non sia poi assoggettata a sanzione.
Un'erboristeria all'interno di un centro commerciale nei fine settimana può rimanere aperta?
No. L'elenco della attività di cui all'art. 1, comma 10, lett. ff), del DPCM del 14 gennaio va considerato a nostro avviso tassativo.
Anche il recente inserimento delle librerie nell'elenco degli esercizi che nei centri commerciali possono restare aperti nei prefestivi e festivi, avvalora questa tesi considerato che le librerie sono già incluse nell'allegato 23 cioè nell'elenco delle attività commerciali al dettaglio che possono restare aperte nelle zone rosse e questa circostanza non è stata ritenuta sufficiente per ritenere possibile l'apertura di questi esercizi nei centri commerciali.
Tuttavia nessuna circolare del Ministero dell’Interno o faq della Presidenza del Consiglio, ad oggi, hanno espressamente chiarito questo punto.
La circolare del Ministero dell’Interno del 7 novembre, emanata dopo il DPCM del 3 novembre, che per la prima volta aveva posto questa limitazione per i centri commerciali, si è infatti limitata a dare il chiarimento sui mercati assoggettando alla chiusura nei prefestivi e festivi solo quelli coperti e l'ultima circolare del 18 gennaio non affronta queste problematiche.
E' quindi possibile, come avvenuto in alcune realtà territoriali (esempio a Roma) che sia stato consentito ai pubblici esercizi presenti nei centri commerciali di rimanere aperti, fino alle 18 ed anche dopo per l'asporto, anche nei festivi e prefestivi sulla base di interpretazioni della polizia locale.
Abbiamo però notizia di deroghe solo per i pubblici esercizi ma non per altri esercizi pur inclusi nell'allegato 23 come le erboristerie.
Non possiamo tuttavia escludere che, a livello locale, siano rilasciate indicazioni diverse dalle autorità competenti (comando di polizia locale).
Vi invitiamo sempre ad acquisire il parere della Prefettura o delle forze dell’ordine del vostro territorio. Ci sembra infatti che il continuo mutamento delle misure di contenimento dell'emergenza e lo stratificarsi di chiarimenti dettati dall'esigenza di fornire riscontro a specifiche problematiche senza particolare considerazione del quadro complessivo, inducano a dare priorità al confronto con chi è competente all'applicazione delle misure.
Posso spostarmi al di fuori del mio comune per svolgere attività di asporto per servizi non sospesi e non disponibili nel mio comune?
Le FAQ ufficiali relative agli spostamenti non affrontano il tema dell'asporto, né ci sembra che lo stesso sia stato trattato nelle circolari del Ministero dell'Interno, perciò non è possibile dare una risposta certa alle questioni che sollevi.
Provando comunque a trarre qualche elemento di chiarezza dall'eventuale analogia con le altre FAQ, evidenziamo che le FAQ relative alle aree arancioni autorizzano a spostarsi in un altro comune per fare la spesa e anche "nel caso in cui un Comune contiguo al proprio presenti una disponibilità, anche in termini di maggiore convenienza economica, di punti vendita necessari alle proprie esigenze". Da questo punto di vista ci sembra che anche lo spostamento motivato dalla volontà di raggiungere un determinato ristorante dovrebbe potersi ritenere consentito.
La medesima FAQ è stata pubblicata anche nella sezione relativa alle aree rosse ed è ancora raggiungibile dalla pagina delle FAQ, cliccando sul relativo link nel paragrafo "FAQ relative alle specifiche disposizioni delle tre aree".
D'altro canto, nelle FAQ relative alle aree arancioni si afferma anche che è possibile recarsi in un comune differente dal proprio per acquistare beni durevoli di una particolare marca quando "il proprio Comune non disponga di appositi punti vendita o nel caso in cui un Comune contiguo al proprio presenti una disponibilità di punti vendita necessari alle proprie esigenze", eppure tale FAQ – in apparente contraddizione con la ratio desumibile dalla precedente – non è replicata nella sezione dedicata alle aree rosse, nelle quali pertanto bisogna ritenere che sia possibile spostarsi tra comuni differenti per acquistare gli stessi prodotti a prezzo inferiore, ma non per acquistare prodotti analoghi ma di marche differenti.
D'altra parte, nelle aree rosse sono vietati anche gli spostamenti all'interno del territorio comunale, eppure l'art. 3, comma 4, lett. c), del DPCM 3 dicembre consente alle attività dei servizi di ristorazione di effettuare – così come nelle aree arancioni – vendite per asporto. Bisogna dunque concludere che gli spostamenti dei clienti per ritirare i prodotti siano giustificati in deroga al generale divieto, presumibilmente per ragioni di necessità (nella prima fase dell'emergenza le FAQ ufficiali del Governo avevano precisato che l'acquisto dei beni e servizi erogati dalle attività aperte "si configura in termini di necessità").
Poiché nelle aree rosse le restrizioni agli spostamenti all'interno del territorio comunale o tra comuni differenti (e addirittura tra regioni differenti) rispondono alle medesime deroghe, dovremmo allora concludere che, allo stesso modo, siano consentiti anche gli spostamenti tra comuni differenti per usufruire del servizio d'asporto.
Vi invitiamo sempre ad acquisire il parere della Prefettura del vostro territorio. Ci sembra infatti che il continuo mutamento delle misure di contenimento dell'emergenza e lo stratificarsi di chiarimenti dettati dall'esigenza di fornire riscontro a specifiche problematiche senza particolare considerazione del quadro complessivo (vedi sopra), inducano a dare priorità al confronto con chi è competente all'applicazione delle misure.
Sia nelle aree (giorni) arancioni che in quelle rosse restano comunque consentite le consegne a domicilio, anche tra comuni differenti, in quanto rientrano in maniera pacifica tra le esigenze lavorative.
Sì, anche nel caso in cui l'attività di vendita al dettaglio rimanga chiusa al pubblico, il titolare o il dipendente possano, se necessario, continuare a svolgere tutte quelle attività relative all'aggiornamento dell'inventario, purché questo avvenga nel rispetto dei protocolli di sicurezza anti-contagio.
Va inoltre ricordato che l’allegato 23 del DPCM del 3 dicembre consente il commercio al dettaglio di qualsiasi prodotto effettuato via internet, per corrispondenza, radio e telefono, per cui appare evidente che sia possibile accedere nell'esercizio chiuso al pubblico per svolgere alcune attività necessarie.
Un negozio di elettrodomestici in un centro commerciale, chiuso al pubblico, può vendere a distanza con consegna del prodotto all'esterno dell'attività, sul "marciapiede"?
Dipende dalla zona in cui il negozio è ubicato. In zona gialla e arancione sì, in zona rossa la consegna deve essere fatta a domicilio.
L’articolo 1, comma 10, lett. ff) del DPCM 3 dicembre infatti stabilisce che nelle giornate festive e prefestive sono chiusi gli esercizi commerciali presenti all'interno dei mercati e dei centri commerciali, gallerie commerciali, parchi commerciali ed altre strutture ad essi assimilabili, a eccezione delle farmacie, parafarmacie, presidi sanitari, punti vendita di generi alimentari, di prodotti agricoli e florovivaistici, tabacchi ed edicole; fino al 6 gennaio 2021, l'apertura degli esercizi commerciali al dettaglio è consentita fino alle ore 21.00.
Le FAQ del Governo non forniscono indicazioni particolari per quanto riguarda gli esercizi commerciali chiusi in applicazione della suddetta disposizione, tuttavia, relativamente alle aree rosse, affermano che le attività sospese possono proseguire la vendita tramite consegna a domicilio (con ciò riproducendo una FAQ già pubblicata nel corso della prima fase dell’emergenza). A maggior ragione, pertanto, si può ritenere che la medesima facoltà sia riconosciuta anche alle attività collocate all'interno dei centri commerciali nelle aree gialle.
Inoltre, sempre nelle aree rosse, l’allegato 23 al DPCM ammette tutte le attività di commercio al dettaglio effettuate via internet, per televisione, per corrispondenza, radio, telefono. Le stesse, secondo quanto previsto dal D.Lgs. 222/2016, possono essere svolte senza necessità di titoli di legittimazione aggiuntivi nel caso in cui siano accessorie ad altra tipologia di vendita. Anche in questo caso, quindi, nelle aree gialle varrà il medesimo regime.
Ci sembra quindi che un esercizio collocato all'interno di un centro commerciale in un'area gialla, anche nelle giornate di chiusura obbligatoria, possa continuare legittimamente a consegnare a domicilio e a vendere con modalità a distanza. In questo secondo caso, tuttavia, trattandosi di un'attività accessoria alla consueta attività di vendita al dettaglio, dovrebbe avere cura di darne comunicazione alla Camera di commercio al fine dell'attribuzione del codice ATECO corrispondente.
In assenza di restrizioni in merito, riteniamo che, nell'ambito di tale vendita a distanza, la consegna del prodotto possa avvenire in qualsiasi luogo concordato con il consumatore e anche, eventualmente, lungo la strada.
Infatti, se all'interno di un’area rossa, in cui sono ammessi soltanto gli spostamenti motivati da ragioni di lavoro, salute o necessità, si può ritenere che l’unica modalità di consegna consentita sia quella a domicilio, non potendo il consumatore spostarsi per ritirare beni che, in quanto non menzionati nell'allegato 23 al DPCM, non sono “essenziali”, all'interno di un'area gialla simili problemi non dovrebbero porsi, dal momento che il consumatore è sempre libero di muoversi senza bisogno di giustificazioni.
Tuttavia, per non rischiare di trasferire eventuali assembramenti dall'interno all'esterno delle strutture, vanificando la ratio sottesa alla scelta di prevedere la chiusura festiva e prefestiva degli esercizi collocati nei centri commerciali, sarà necessario organizzare l'attività avendo riguardo alle caratteristiche strutturali del centro commerciale in questione nonché al numero di negozi che potrebbero adottare la medesima soluzione.
A tal proposito ci sembra quindi che sia consigliabile un confronto preventivo con la polizia locale e la prefettura competente volto, innanzitutto, a verificare che questi orientamenti siano condivisi, ed eventualmente a individuare concrete modalità di effettuazione del servizio che si possano considerare compatibili con le misure di prevenzione contenute nel DPCM 3 dicembre.
Anche queste attività sono da ritenersi sospese.
La lettera l), dell’articolo 1 del DPCM del 14 gennaio, infatti prevede che : “sono sospese le attività di sale giochi, sale scommesse e sale bingo”.
L’attuale formulazione, a differenza delle precedenti che consentivano lo svolgimento delle suddette attività solo a seguito di un preventivo accertamento da parte delle Regioni o delle Province autonome, prevede invece la sospensione di tale attività su tutto il territorio nazionale.
Si evidenzia, che le sale da gioco sono esercizi pubblici, composti da uno o più locali appositi ove, dietro compenso, sono messi a disposizione dei clienti biliardi ed altri giochi leciti, compresi gli apparecchi e congegni per il gioco lecito. La materia è regolata dall’art. 86 del R.D. 6 giugno 1931, n. 773 (T.U.L.P.S.),
Per sala giochi si intende, infatti, un locale allestito specificamente per lo svolgimento di giochi leciti mediante apparecchi da divertimento e intrattenimento meccanici ed elettromeccanici (quali biliardo, calcio-balilla, flipper), automatici, semiautomatici ed elettronici (quali newslot, videogiochi), nonché del gioco delle carte.
Alla luce di quanto sopra riportato riteniamo che le suddette indicazioni governative, che prevedono la sospensione delle attività delle sale giochi, debbano riferirsi anche al gioco del biliardo e al gioco delle carte, che devono considerarsi anch'esse attività sospese su tutto il territorio nazionale.
Data la genericità dell’espressione di “presidio sanitario” rientrano in questa categoria articoli medicali e ortopedici?
Il comma 10, lettera ff), dell'articolo 1 del Dpcm del 3 dicembre, prevede che su tutto il territorio nazionale nelle giornate festive e prefestive sono chiusi gli esercizi commerciali presenti all'interno dei mercati e dei centri commerciali, gallerie commerciali, parchi commerciali ed altre strutture ad essi assimilabili, a eccezione delle farmacie, parafarmacie, presidi sanitari, punti vendita di generi alimentari, di prodotti agricoli e florovivaistici, tabacchi ed edicole; fino al 6 gennaio 2021, l'apertura degli esercizi commerciali al dettaglio è consentita fino alle ore 21.00.
La disposizione in commento pur ampliando le attività che restano consentite, non contempla la vendita al dettaglio di prodotti medici sanitari.
Pertanto, nelle giornate festive e prefestive, su tutto il territorio nazionale, a prescindere dalla zona di appartenenza della regione, gli esercizi commerciali presenti nei centri commerciali sono chiusi ad eccezione delle:
- Farmacie;
- Parafarmacie;
- Presidi sanitari;
- Punti vendita di generi alimentari;
- Prodotti agricoli e florovivaistici;
- Tabacchi ed edicole.
La previsione normativa sopra riportata introduce una misura di chiusura che ha carattere tassativo.
Pertanto, in assenza di un chiarimento interpretativo da parte del Governo, la dizione riportata dalla norma “presidi sanitari” sembra faccia riferimento alle struttura fisica quale : ospedale, poliambulatorio, ambulatorio, ecc. dove si effettuano le prestazioni e/o le attività sanitarie e non a prodotti.
In ogni caso gli articoli medicali e ortopedici sono classificati come dispositivi medici e non come presidi sanitari. Pertanto, alla luce di quanto sopra riportato, riteniamo che la vendita di tali prodotti in esercizi presenti all'interno dei centri commerciali, nei giorni festivi e prefestivi, non avendo i requisiti per rientrare in questo tipo di strutture, dovrà considerarsi tra le attività sospese.
Tuttavia, la vendita di tali prodotti potrà essere effettuata ad esempio da parafarmacie presenti all'interno del centro commerciale, che non rientrano nella suddetta chiusura.
In ogni caso, onde evitare di incorrere in inutili sanzioni, le consigliamo di mantenere sempre il contatto con le autorità locali per verificare con loro queste posizioni.
Da ultimo le segnaliamo che, ferme restando le suddette chiusure nei giorni festivi e prefestivi, nelle zone ad “alto livello di rischio” , le zone rosse, sono sospese tutte le attività di commercio al dettaglio che vendono prodotti diversi da quelli alimentari o di prima necessità (cioè quelli previsti dall’allegato 23 del Dpcm( lett b), del comma 4 dell’art. 4 DPCM 3 dicembre).
Tuttavia, come correttamente evidenziato il commercio al dettaglio di articoli medicali e ortopedici in esercizi specializzati (CODICE ATECO: 47.74.00) viene inserito tra le attività di prima necessità, riportate nel suddetto allegato e pertanto non rientra nella suddetta sospensione.
Nei centri commerciali, nei giorni festivi e prefestivi, i "punti vendita di generi alimentari" possono vendere solo alimentari o anche i prodotti non alimentari
Il comma 10, lettera ff), dell'art. 1 del Dpcm del 3 dicembre, prevede che su tutto il territorio nazionale “nelle giornate festive e prefestive sono chiusi gli esercizi commerciali presenti all'interno dei mercati e dei centri commerciali, gallerie commerciali, parchi commerciali ed altre strutture ad essi assimilabili, a eccezione delle farmacie, parafarmacie, presidi sanitari, punti vendita di generi alimentari, di prodotti agricoli e florovivaistici, tabacchi ed edicole; fino al 6 gennaio 2021, l'apertura degli esercizi commerciali al dettaglio e' consentita fino alle ore 21,00”.
La disposizione in commento amplia le attività che restano consentite rispetto alle suddette chiusure ricomprendendo anche i punti vendita dei prodotti agricoli e florovivaistici.
Nelle giornate festive e prefestive, su tutto il territorio nazionale, a prescindere dalla zona di appartenenza della regione, gli esercizi commerciali presenti nei centri commerciali sono chiusi ad eccezione delle:
- Farmacie;
- Parafarmacie
- Presidi sanitari;
- Punti vendita di generi alimentari;
- Prodotti agricoli e florovivaistici;
- Tabacchi ed edicole.
Alla luce delle suddette indicazioni, i punti vendita di generi alimentari presenti nel centro commerciale, nelle giornate festive e prefestive, a prescindere dalla zona di appartenenza, sembrerebbero poter porre in vendita solo i prodotti tassativamente riportati nel provvedimento governativo.
Tuttavia, nelle Faq predisposte dal Governo per le zone arancioni e gialle, alla domanda su quali regole debbano seguire i gestori degli esercizi commerciali che sono aperti, si afferma che “Non sono previste limitazioni alle categorie di beni vendibili”.
Pertanto, anche se con una modalità irrituale e non molto precisa, l'ultimo orientamento governativo, a differenza del passato, non inibisce ai clienti dei punti vendita dei generi alimentari, l'accesso ai reparti/scaffali in cui sono esposti beni diversi da quelli sopra riportati.
In passato il Governo specificava, invece, esplicitamente che il gestore doveva organizzare la sua attività in modo da precludere l'accesso dei clienti alle zone (scaffali o corsie) in cui erano posti i prodotti non commercializzabili.
Tale obbligo, ad oggi, viene ripreso soltanto nelle faq relative alle zone rosse.
Un retail park in Puglia, al cui interno ci sono due negozi, di mq 1400 compreso il deposito, deve osservare la chiusura festiva e prefestiva disposta per i centri commerciali?
L'articolo 1, comma 10, lett. ff, del DPCM 3 dicembre, stabilisce che nelle giornate festive e prefestive sono chiusi gli esercizi commerciali presenti all'interno dei mercati e dei centri commerciali, gallerie commerciali, parchi commerciali ed altre strutture ad essi assimilabili, a eccezione delle farmacie, parafarmacie, presidi sanitari, punti vendita di generi alimentari, di prodotti agricoli e florovivaistici, tabacchi ed edicole.
Nella circolare del 5 dicembre del Ministero dell'Interno ha osservato in merito che il provvedimento contiene una più dettagliata formulazione di quanto già previsto dal DPCM 3 novembre.
È evidente che tale formulazione è stata adottata proprio per colmare le lacune della precedente che, limitandosi a menzionare i "centri commerciali", aveva generato una serie di dubbi applicativi rispetto alle diverse tipologie di strutture commerciali aggregate previste dai provvedimenti regionali vigenti.
La ratio della modifica è chiaramente quella di estendere l'obbligo di chiusura a tutte le strutture che, pur senza ricadere nella categoria dei centri commerciali, risultino assimilabili dal punto di vista dell'attrattività e, quindi, siano potenzialmente esposte ai medesimi fenomeni di assembramento.
Posto quindi che il D.Lgs. 114/1998, all'art. 4, comma 1, lett. g), definisce come "centro commerciale" "una media o una grande struttura di vendita nella quale più esercizi commerciali sono inseriti in una struttura a destinazione specifica e usufruiscono di infrastrutture comuni e spazi di servizio gestiti unitariamente", ci sembra che il criterio identificativo delle strutture "assimilabili" vada appunto ricercato nella possibilità di individuare un collegamento tra gli esercizi commerciali che, nel caso in cui non sia stabilito direttamente sul piano amministrativo, sia riscontrabile almeno dal punto di vista della gestione comune di spazi o servizi.
Il codice del commercio di cui alla legge della Regione Puglia del 16 aprile 2015, n. 24, ad esempio, all'articolo 16, comma 6, lett. c), disciplina la categoria delle "aree commerciali integrate", caratterizzate dall'essere spazi "unitari, omogenei e circoscritti" che possono includere più esercizi commerciali e dotate "di servizi esterni comuni quali parcheggi e percorsi pedonali". Tali aree, che devono necessariamente essere collocate in ambiti extraurbani, possono sicuramente essere ricomprese nel citato obbligo di chiusura.
Analoghe considerazioni possono valere per i "parchi permanenti attrezzati", di cui alla lett. d) del citato articolo 16, che possono ricomprendere al loro interno strutture quali i centri commerciali o le stesse aree commerciali integrate, a condizione che siano articolate esclusivamente con esercizi di vicinato e medie strutture.
L'art. 17 della legge regionale prevede infatti che l'apertura di un centro commerciale, un'area commerciale integrata o un parco commerciale siano consentite con autorizzazione da richiedersi a cura del soggetto promotore o, in sua assenza, congiuntamente da tutti i titolari degli esercizi commerciali che vi danno vita.
Il citato articolo 16, comma 6, invece, alla lett. a), si preoccupa di fornire una definizione di "struttura isolata", come "esercizio che non condivide spazi, accessibilità e servizi con altre strutture commerciali" che, ci sembra, individui strutture che si possono invece ritenere escluse dall'obbligo.
Nel caso in oggetto, quindi, sarà innanzitutto opportuno considerare se, dal punto di vista amministrativo, le strutture non ricadano in una delle categorie sopra richiamate. In caso contrario consigliamo comunque un preventivo confronto con la prefettura competente e la polizia locale al fine di condividere la valutazione circa la gestione di eventuali spazi o servizi comuni che potrebbe portare a ritenere che le strutture costituiscano comunque un unico polo di offerta commerciale.
La quarantena è obbligatoria anche per i turisti che soggiornano in Italia dal 21 dicembre al 6 gennaio? Come vanno gestite le prenotazioni che mi arrivano da siti di prenotazione online?
Di base va detto che l'albergatore non è un agente di pubblica sicurezza (o un addetto alla sicurezza delle frontiere) e non è quindi tenuto a indagare sulle ragioni del viaggio dell'ospite che accoglie.
Entrando più nello specifico l'albergatore che riceve una prenotazione da un sito di prenotazioni online conosce solo alcuni dati di chi prenota: nome e cognome, nazionalità, residenza (non sempre questi ultimi), un numero di telefono, un indirizzo mail, ma certamente non conosce "da dove" quel cliente sta arrivando.
Dunque, anche qualora il cliente che prenota denunci una nazionalità e una residenza al di fuori del perimetro territoriale che consente spostamenti liberi nelle date per le quali il servizio viene prenotato, quello stesso cliente potrebbe invece già trovarsi all'interno del perimetro stesso dai giorni precedenti, e siccome le restrizioni dettate dall'ultimo decreto legge e dall'ultimo decreto della presidenza del consiglio dei ministri sono relative alla "provenienza" , e non alla "residenza" o alla "nazionalità", all'albergatore mancherebbero anche i dati utili per poter compiere qualsiasi accertamento in merito (accertamento per operare il quale, come già detto, non ha comunque competenza).
È certamente obbligatorio e fondamentale, come sempre, che l'albergatore effettui con i tempi previsti dalla legge, la registrazione e l'invio alle autorità di Pubblica Sicurezza (oltre che ai fini statistici) dei dati del cliente in ingresso nella struttura e applichi il protocollo di sicurezza per l'emergenza COVID nella gestione di tutte le fasi dell'ospite in albergo, come del resto deve fare per tutti gli altri ospiti.
Per quanto riguarda le zone rosse, le attività di commercio al dettaglio consentite sono indicate nell'allegato 23 e, in base all'art. 3, comma 4, lett. h): sono sospese le attività inerenti servizi alla persona, diverse da quelle individuate nell'allegato 24.
Le attività di toelettatura animali sono identificate, nella classificazione delle attività economiche con codice ATECO 96.09.04, Servizi di cura degli animali da compagnia quali: presa in pensione, toelettatura ...
Questa attività è ricompresa tra le attività di servizi per la persona non altrimenti censite (nca) e, non essendo ricompresa nell'allegato 24, è quindi da ritenersi sospesa nelle zone rosse.
Consigliamo comunque di verificare l'eventuale pubblicazione, da parte della vostra Regione, di eventuali chiarimenti sul sito istituzionale che potrebbero contenere anche indicazioni diverse.
Sì, purché sia limitato l’accesso, anche mediante appositi cartelli e comunicati sul sito, ai commercianti e utilizzatori professionali e simili, e non al consumatore individuale.
Le attività commerciali all’ingrosso sono chiuse come lo sono quelle al dettaglio? Rimangono aperte solo laddove distribuiscono beni per i quali non sono disposte chiusure (alimentari, giornali, tabacchi, farmaci)?
Le attività di ingrosso non sono interessate dagli obblighi di chiusura previsti per le attività al dettaglio.
È un obbligo o una raccomandazione far entrare una persona alla volta nei negozi fino a 40 metri quadrati, (oltre a un massimo di due operatori)?
Secondo noi è una semplice raccomandazione, pertanto l'eventuale scelta di non uniformarvisi non dovrebbe essere sanzionata.
Purtroppo anche le FAQ del Governo questa volta non aiutano, e quindi l'attività degli organi di controllo potrebbe essere suscettibile di una interpretazione diversa ed è pertanto necessario essere consapevoli che, fino a che non sarà corretta, la facoltà di adottare soluzioni difformi rispetto a quella indicata non possiamo escludere che potrebbe essere oggetto di contestazioni.
Ciò che è obbligatorio, invece, è che le attività commerciali al dettaglio assicurino, oltre alla distanza interpersonale di almeno un metro, che gli ingressi avvengano in modo dilazionato e che venga impedito di sostare all’interno dei locali più del tempo necessario all'acquisto dei beni.
Inoltre, le suddette attività devono svolgersi nel rispetto dei contenuti di protocolli o linee guida idonei adottate dalle Regioni o dalla Conferenza delle regioni e delle province autonome nel rispetto dei principi contenuti nei protocolli o nelle linee guida adottate a livello nazionale. Pertanto, eccettuato il caso in cui le Regioni abbiano approvato proprie linee guida, sarà necessario attenersi alle indicazioni di cui all'allegato 9 al DPCM. Per quanto qui rileva, la scheda relativa al commercio al dettaglio stabilisce l’obbligo di "Prevedere regole di accesso, in base alle caratteristiche dei singoli esercizi, in modo da evitare assembramenti e assicurare il mantenimento di almeno 1 metro di separazione tra i clienti".
Riteniamo quindi che, sebbene la scelta di attenersi alla raccomandazione di cui all'allegato 11 consenta certamente di ritenere che l'esercente abbia adempiuto al suo obbligo, dal momento che ha aderito a una declinazione dello stesso prevista direttamente dal DPCM, dovrebbe tuttavia essere garantita la possibilità di adottare soluzioni alternative nel caso in cui queste siano più adeguate alla singola attività avuto riguardo all'organizzazione interna degli spazi, alla presenza di personale, alle modalità del servizio, ecc.
Peraltro, la seconda parte della FAQ, in cui si prevede "l’accesso regolamentato e scaglionato, in proporzione alla relativa superficie aperta al pubblico, nelle medie e grandi strutture di vendita, differenziando, ove possibile, percorsi di entrata e di uscita", non risulta nemmeno conforme a quanto indicato nell'allegato 11, in cui tale soluzione viene raccomandata per tutti i locali di dimensioni superiori a 40 metri quadri e non soltanto per le medie e grandi strutture.
Ho uno studio fotografico, senza attività di commercio al dettaglio. Posso fare uno shooting?
L'art. 3, comma 4, lett. h), del DPCM 3 novembre stabilisce che, all'interno delle "'aree rosse', sono sospese le attività inerenti servizi alla persona, diverse da quelle individuate nell'allegato 24. Si tratta delle attività di cui alla divisione ATECO 96 "altre attività di servizi per la persona". L'attività degli studi fotografici, invece, rientra tra le "attività fotografiche" di cui al codice 74.2 e, in particolare, dovrebbe collocarsi tra le "Altre attività di riprese fotografiche" individuate dal codice 74.20.19.
Tali attività non risultano sospese, ma ad esse si applica la disposizione generale di cui all'art. 1, comma 9, lett. nn) che, in ordine alle attività professionali, raccomanda (e quindi non impone), in particolare e per quanto qui rileva, l'assunzione di "protocolli di sicurezza anti-contagio, fermo restando l'obbligo di utilizzare dispositivi di protezione delle vie respiratorie previsti da normativa, protocolli e linee guida vigenti" nonché di incentivare le "operazioni di sanificazione dei luoghi di lavoro".
Va inoltre evidenziato che alcune limitazioni al normale svolgimento dell'attività possono derivare dalla disposizione di cui all'art. 1, comma 1, del DPCM, che stabilisce l'obbligo di avere sempre con sé dispositivi di protezione delle vie respiratorie nonché l'obbligo di "indossarli nei luoghi al chiuso diversi dalle abitazioni private e in tutti i luoghi all'aperto a eccezione dei casi in cui, per le caratteristiche dei luoghi o per le circostanze di fatto, sia garantita in modo continuativo la condizione di isolamento rispetto a persone non conviventi". Pertanto, qualora l'attività richiedesse di fotografare soggetti privi di mascherina protettiva, si renderebbe necessario predisporre le misure più opportune al fine di assicurare il loro isolamento rispetto a qualsiasi persona non convivente, preferendo, ove possibile, operare in ambienti aperti.
In tal senso si segnala la seguente FAQ pubblicata sul sito del Governo: "È obbligatorio utilizzare strumenti di protezione individuale per i professionisti in studio? Sì, l’obbligo sussiste nei luoghi al chiuso diversi dalle abitazioni private, e quindi anche negli studi professionali, ad eccezione dei casi in cui l’attività si svolga individualmente e sia garantita in modo continuativo la condizione di isolamento rispetto a persone non conviventi. Ove l’attività professionale comporti comunque un contatto diretto e ravvicinato con soggetti non conviventi o lo svolgimento in ambienti di facile accesso dall’esterno o aperti al pubblico, e non sia possibile rispettare in modo continuativo la distanza interpersonale di almeno un metro, occorre sempre utilizzare gli strumenti di protezione individuale, nel rispetto anche delle altre prescrizioni previste dai protocolli di sicurezza anti-contagio".
Si ricorda inoltre che, mentre le attività dei "Servizi dei saloni di barbiere e parrucchiere" di cui al codice ATECO 96.02.01 sono tra quelle consentite ai sensi dell'allegato 24 al DPCM, le attività dei "Servizi degli istituti di bellezza" di cui al codice 96.02.02, tra le quali rientrano i servizi di estetista nonché i trattamenti al viso e di bellezza, trucco eccetera, non essendo oggetto di specifica deroga, sono al momento sospese.
Tali attività risultano quindi certamente vietate nel caso in cui siano oggetto di un'autonoma prestazione di servizi da parte di professionisti esterni allo studio, mentre potrebbero forse ritenersi consentite, in quanto operazioni indispensabili a consentire la prestazione, qualora fossero effettuate internamente come parte dell'attività preparatoria allo shooting.
Segnaliamo infine che, all'interno delle aree rosse, è vietato ogni spostamento che non sia motivato da comprovate esigenze lavorative o situazioni di necessità ovvero da motivi di salute.
Di conseguenza, se i movimenti del titolare e di eventuali dipendenti dello studio possono senz'altro ritenersi giustificati da esigenze lavorative, non altrettanto potrebbe dirsi nel caso in cui un cliente privato volesse raggiungere lo studio per usufruire del servizio per ragioni diverse da quelle lavorative.
Tali spostamenti dovrebbero ritenersi giustificati alla stregua di quelli necessari per recarsi nelle attività commerciali non sospese di cui all'allegato 23 del DPCM, tuttavia, al fine di prevenire eventuali contestazioni, sarebbe opportuno un preventivo confronto sul punto con la Prefettura competente. In proposito segnaliamo comunque che la Circolare del Ministero dell'Interno del 7 novembre u.s. precisa, riguardo alla possibilità degli spostamenti all'interno delle cd. "aree rosse", che "le limitazioni alla mobilità non si riflettono sull'esercizio di attività consentite in base ad altre disposizioni del provvedimento e non espressamente oggetto di restrizioni in forza di specifiche disposizioni contenute nell'art. 3".
Un’associazione musicale (Codice ATECO 949920) non iscritto alla CCIAA – ATECO dato dalla Agenzia delle entrate – può rimanere aperta ?
La lettera f) del comma 9 dell'articolo 1 del DPCM del 3 novembre, le cui disposizioni si applicheranno fino al prossimo 3 dicembre, su tutto il territorio nazionale a prescindere dalla zona di appartenenza, prevede la sospensione dei “centri culturali, centri sociali e centri ricreativi”.
L’attività svolta dall’associazione musicale a cui viene attribuito il codice ATECO 94.99.20, concernente attività di organizzazioni che perseguono fini culturali, ricreativi e la coltivazione di hobby, deve essere equiparata alle attività sopra richiamate e di conseguenza inclusa nella sospensione.
Inoltre la lett. s) del comma 9 dell’articolo 1 dello stesso DPCM prevede la sospensione, su tutto il territorio nazionale, di tutti i corsi di formazione pubblici e privati che possono svolgersi solo con modalità a distanza; così come la lettera v), comma 9, dell’art 1, prevede che le istituzioni di alta formazione artistica musicale e coreutica, possono continuare a svolgere la loro attività solo con modalità' a distanza.
Pertanto riteniamo che l'attività svolta dall’associazione musicale dovrà essere sospesa e che, qualora sia possibile, questa potrà continuare a fare formazione musicale per i suoi associati con modalità a distanza.
Ho un negozio di calzature per adulti nel quale vendo anche scarpe sportive. Posso aprire? Quali scarpe posso vendere?
L'allegato 23 al DPCM 3 novembre individua, sulla base della classificazione ATECO, “le attività di vendita di generi alimentari e di prima necessità” che sono esentate dall’obbligo di sospensione previsto nelle “aree rosse” e, conseguentemente, i beni di “prima necessità” dei quali è consentita la vendita.
Le attività di vendita al dettaglio di “articoli sportivi, biciclette e articoli per il tempo libero in esercizi specializzati” sono tra quelle consentite.
Pertanto, un negozio di calzature per adulti – la cui vendita è sospesa – che venda anche calzature sportive, può aprire per vendere queste ultime nel caso in cui abbia il codice ATECO corrispondente alla vendita di articoli sportivi (anche come codice secondario), circostanza che rappresenta l'unico elemento richiesto per identificarlo formalmente quale attività di commercio al dettaglio di articoli sportivi.
A nostro avviso la categoria degli "articoli sportivi" dovrebbe infatti essere riferita alla attrezzatura tecnica necessaria allo svolgimento di un'attività sportiva (in questo caso ad es. scarpini da calcetto, scarpe da arrampicata o scarponi da montagna).
Un ristorante che ha accordi/convenzioni o contratti con aziende edili o con rappresentanti di commercio può operare?
Non basta l'esistenza di un accordo/contratto per rendere legittima l'erogazione di un servizio di ristorazione in convenzione.
Il punto è accertare se il ristorante possa offrirlo (a operai, rappresentanti, carabinieri, alberghi, ecc.) in mancanza dei codici ATECO corretti. In caso di controllo, infatti, eventuali sanzioni graverebbero sul ristorante.
Sull'importanza ed il ruolo dei codici ATECO vale quanto le abbiamo rappresentato nelle FAQ precedenti.
Occorre poi evidenziare che, nel caso di servizio mensa, potrebbe essere anche necessario procedere ad un aggiornamento della notifica sanitaria presentata al momento dell'avvio dell'attività, dal momento che il modulo approvato con l'accordo in Conferenza Unificata del 4 maggio 2017, e successivamente modificato con quello del 6 luglio 2017, contiene due specifici campi per indicare l'avvio di tali attività distinti da quelle di bar o di ristorante.
Quando la norma cita i "commercianti che immettono in commercio ...", a chi si riferisce? È il primo commerciante che immette in commercio in Italia un prodotto che non sia passato per ISS oppure INAIL ?
In merito alla questione sollevata, relativa all'interpretazione della seguente dizione: “coloro che li immettono in commercio” presente all’articolo 15 del Decreto Legge 17 marzo 2020 specifichiamo.
L’art. 103 del Codice del Consumo definisce:
- produttore colui che appone “sul prodotto il proprio nome, il proprio marchio o un altro segno distintivo, o colui che rimette a nuovo il prodotto; il rappresentante del fabbricante se quest'ultimo non è stabilito nella Comunità o, qualora non vi sia un rappresentante stabilito nella Comunità, l'importatore del prodotto; gli altri operatori professionali della catena di commercializzazione nella misura in cui la loro attività possa incidere sulle caratteristiche di sicurezza dei prodotti” (lettera d)
- distributore come “qualsiasi operatore professionale della catena di commercializzazione, la cui attività non incide sulle caratteristiche di sicurezza dei prodotti” (lettera e) .
Pertanto, coloro che immettono in commercio un prodotto la cui attività incide sullo stesso rientrano nella definizione di “produttori”; mentre nel caso in cui l'attività svolta non incida, in alcun modo, sulla sicurezza dei prodotti, tali operatori rientrano nella definizione di "distributori".
Per distributore si intende, infatti, qualsiasi operatore professionale che opera lungo la catena di commercializzazione, la cui attività non incide sulle caratteristiche di sicurezza dei prodotti.
A nostro avviso per "immissione in commercio", si intende il momento in cui il prodotto viene per la prima volta immesso sul mercato da parte del produttore in base alla definizione sopra riportata.
Alla luce di quanto sopra esposto, pertanto l'iter procedurale autorizzativo previsto dall'art. 15 del Decreto-Legge 17 marzo 2020, n. 18), a nostro avviso, non trova applicazione per i meri distributori.
Sì. L'allegato 23 del DPCM del 3 novembre ammette il commercio al dettaglio di biancheria personale tra le attività che possono rimanere aperte.
No. L'allegato 23 del DPCM del 3 novembre non include le attività di “Commercio al dettaglio di tessuti per l'abbigliamento, l'arredamento e di biancheria per la casa” di cui al codice 47.51.1, tra le quali sono ricomprese quelle di commercio di tessuti, materiali di base per la lavorazione di tappeti, arazzi e ricami, nonché di articoli tessili per la casa quali lenzuola, tovaglie, asciugamani eccetera.
Conseguentemente, bisogna ritenere che la vendita dei suddetti prodotti sia al momento sospesa. Il commercio al dettaglio di biancheria personale è invece ammesso.
I negozi PET nei centri commerciali possono rimanere aperti il sabato e la domenica?
No. Se il negozio PET è all'interno di un centro commerciale, dovrà rimanere chiuso nei festivi e prefestivi indipendentemente dalla zona gialla/arancione/rossa perché la sua chiusura è disposta in base all'art. 1, comma 9, lett. ff), del DPCM del 3 novembre che si applica insieme alle regole più restrittive che valgono solo per le zone arancioni/rosse.
Qual è la responsabilità dei pubblici esercizi per gli assembramenti dei clienti nelle adiacenze dei locali?
Anche in questo caso quindi, ai sensi dell'art. 4, comma 1, del DL 19/2020, convertito, con modificazioni, dalla legge 35/2020, il mancato rispetto delle misure di contenimento individuate ed applicate con i DPCM , come la disposizione citata, è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da 400 a 1.000 euro.
Inoltre, ai sensi dell'art. 4, comma 2, del medesimo DL, nei casi di violazione delle limitazioni poste alle attività d'impresa o professionali, si applica anche la sanzione amministrativa accessoria della chiusura dell'esercizio o dell'attività da 5 a 30 giorni.
Le macchine da cucire possono essere considerate "elettrodomestico"? I negozi specializzati hanno un ATECO specifico 47.59.40. Le grandi catene di commercio di elettrodomestici le stanno vendendo.
Gli elettrodomestici sono apparecchi o piccole macchine alimentate ad energia elettrica e destinati ad uso domestico.
La macchina per cucire è, oggi, un'apparecchiatura che viene azionata anch'essa da un motore elettrico il cui comando di azionamento è dato da un pedale o da un pulsante o una leva.
Le macchine da cucire di nuova generazione dovrebbero rientrare a pieno titolo nella categoria degli elettrodomestici, per cui viene consentita la vendita, anche nelle zone rosse, considerato oltretutto che sono facilmente rinvenibili nell'assortimento di prodotti di molte catene di elettronica di consumo.
Qualche perplessità sulla possibilità di vendere macchine da cucire che non siano azionate da motori elettrici che non rientrerebbero propriamente nella definizione di elettrodomestico e questa circostanza è probabilmente alla base della scelta di escludere dall'allegato 23 gli esercizi specializzati nella vendita di tali prodotti considerato che l'allegato 23 non contiene un elenco di prodotti ma di attività di vendita che non sono sospese nelle cd zone rosse.
Non esiste un pronunciamento del Ministero o nelle FAQ del Governo su questo specifico aspetto.
Consigliamo quindi un contatto con l'autorità locale preposta ai controlli onde evitare di far incorrere gli operatori in inutili sanzioni, ma è difficile assimilare gli esercizi specializzati nella vendita di macchine per cucire al commercio al dettaglio in esercizi non specializzati di elettrodomestici.
Anche i farmers market possono vendere soltanto prodotti alimentari nei giorni festivi? Non posso vendere anche piante e fiori?
Il riferimento ai "mercati" contenuto nella disposizione di cui all'art. 1, comma 9, lett. ff) del DPCM 3 novembre, circa l'obbligo di chiusura festiva e prefestiva degli esercizi commerciali presenti all'interno dei centri commerciali e dei mercati, ad eccezione delle attività indicate in modo tassativo dalla norma, è stato interpretato dal Ministero dell'Interno, nella sua circolare del 7 novembre, come riferito ai soli "mercati coperti", in quanto nei mercati all'aperto non insisterebbero esercizi commerciali in senso stretto.
Nelle aree gialle e arancioni, pertanto, i mercati all'aperto possono vendere, anche in tali giorni, qualsiasi tipologia di merce. Eventuali difformità possono quindi riguardare soltanto il caso dei mercati coperti o le aree rosse.
Con la disposizione di cui all'art. 1, comma 9, lett. ll), stabilisce che restano garantiti, nel rispetto delle norme igienico-sanitarie [...] l'attività del settore agricolo, zootecnico di trasformazione agro-alimentare comprese le filiere che ne forniscono beni e servizi.
Per quanto la disposizione sia formulata in termini molto ampi e generici, sembra possibile interpretarla nel senso di un'autorizzazione alla normale prosecuzione dell'attività agricola in tutte le sue forme, quindi anche consentendo alle imprese che operano nei cosiddetti farmers' market di vendere tutti i prodotti agricoli nella loro disponibilità.
Riguardo invece alla possibilità di ritenere che la vendita dei prodotti agricoli sia possibile in ogni caso, e quindi senza restrizioni anche per gli imprenditori commerciali, bisogna ricordare che, nella prima fase dell'emergenza, il problema della commercializzazione di semi, piante, fiori e fertilizzanti era stato oggetto di un parere del Mipaaf diffuso dal Ministero dell'Interno. Nel parere si riteneva consentita la vendita in tutti gli esercizi commerciali.
In quel caso, tuttavia, sebbene nel DPCM 10 aprile fosse presente la medesima disposizione che ora è inserita nel DPCM 3 novembre (allora era all'art. 1, comma 1, lett. ee), il Ministero aveva fondato il suo parere sulla diversa disposizione di cui all'articolo 2, comma 5, del DPCM, che espressamente disponeva che: è sempre consentita l’attività di produzione, trasporto, commercializzazione e consegna di farmaci, tecnologia sanitaria e dispositivi medico-chirurgici nonché di prodotti agricoli e alimentari. Resta altresì consentita ogni attività comunque funzionale a fronteggiare l’emergenza.
Tale disposizione, a differenza dell'altra, non è presente nel DPCM 3 novembre, il che dovrebbe far ritenere che ora manchi la base giuridica per una simile estensione.
La sanzione per le violazioni delle diverse misure di contenimento contenute nei DPCM è identica.
Anche in questo caso quindi, ai sensi dell'art. 4, comma 1, del DL 19/2020, convertito, con modificazioni, dalla legge 35/2020, il mancato rispetto delle misure di contenimento individuate ed applicate con i DPCM , come la disposizione citata, è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da 400 a 1.000 euro.
Inoltre, ai sensi dell'art. 4, comma 2, dello stesso DL, nei casi di violazione delle limitazioni poste alle attività d'impresa o professionali, si applica anche la sanzione amministrativa accessoria della chiusura dell'esercizio o dell'attività da 5 a 30 giorni.
Andrà comunque verificato se le ordinanze in vigore emanate dagli enti locali dispongano diversamente. Vi invitiamo a contattare la propria associazione territoriale o federazione per ulteriori chiarimenti.
Le guide turistiche possono svolgere visite guidate nel rispetto delle disposizioni vigenti sul distanziamento?
Sì, certo. Secondo quanto disposto dall'art. 1, comma 9, lett. ii), del DPCM del 3 novembre 2020, le attività inerenti ai servizi alla persona sono consentite a condizione che le Regioni [...] individuino i protocolli o le linee guida applicabili idonei a prevenire o ridurre il rischio di contagio [...].
L'attività della guide e degli accompagnatori turistici è classificata con codice ATECO 79.90.20 tra le attività di servizi ed inoltre le richieste linee guida specifiche per le guide turistiche.
Inoltre nelle aree gialle è consentito spostarsi dalle 5 alle 22.00 senza alcuna necessità di motivare lo spostamento. Pertanto, fatte salve eventuali ordinanze regionali o comunali più restrittive è possibile effettuare le visite guidate nelle zone gialle.
La vendita di elettrodomestici con ritiro "drive in" senza scendere dall'auto è uno spostamento autorizzato per il cliente?
No, è preferibile la vendita con consegna a domicilio del prodotto.
Il motivo per cui la la modalità drive in non è consentita nelle zone rosse sta nel fatto che è una modalità simile all'asporto nella ristorazione, ma mentre nella ristorazione è espressamente consentita e nelle zone arancioni/rosse è l'unica modalità consentita, nel commercio al dettaglio non è contemplata.
Far muovere i clienti da casa contrasta con la limitazione degli spostamenti e, inoltre, non costituendo causa di necessità o motivo legittimo stante quanto sopra evidenziato, non è giustificabile con il modello di autocertificazione ed espone i consumatori alla sanzione in caso di controllo.
A ciò va aggiunto il fatto che anche nelle regioni ancora gialle come il Lazio e il Veneto, le recenti ordinanze adottate nello scorso fine settimana hanno obbligato medie e grandi strutture alla chiusura prefestiva e festiva (nel Lazio solo le grandi), hanno vietato ogni tipo di vendita nei festivi (Veneto) e consentito – e fortemente raccomandato (Veneto) – la vendita con consegna a domicilio che è la modalità opposta a quella drive in.
Tra i “presidi sanitari” che possono restare aperti possono rientrare anche i centri ottici?
No, l'espressione presidi sanitari non si riferisce a prodotti ma a strutture fisiche che erogano prestazioni e/o attività sanitarie anche considerata la frase nella quale l'espressione è inserita che elenca attività e non prodotti.
In ogni caso le lenti oftalmiche e le relative montature, come le lenti a contatto, sono classificate come dispositivi medici e non come presidi sanitari.
Un centro ottico quindi non ha i requisiti per rientrare tra le strutture che possono rimanere aperte.
Sono una guida turistica. I sopralluoghi per la preparazione di futuri itinerari (visite ai luoghi, fotografie, rilievi, ecc.) può essere una motivazione di lavoro legittimo?
Nelle zone gialle non c'è necessità di alcuna motivazione per gli spostamenti.
Viceversa nelle zone arancioni/rosse né i sopralluoghi né le visite guidate possono costituire un motivo per legittimare lo spostamento fuori dal comune di residenza.
Ho un carwash all’interno dello spazio aperto di un centro commerciale. Posso tenere aperto durante il fine settimana?
No. Per quanto riguarda le chiusure nei centri commerciali, l'espressione inserita alla fine dell'art. 1 del DPCM del 3 novembre 2020, comma 9, lett. ff), sembra a nostro avviso indicare in maniera tassativa le attività che possono rimanere aperte nel fine settimana all'interno dei centri commerciali e cioè soltanto le farmacie, parafarmacie, presidi sanitari, punti vendita di generi alimentari, tabacchi ed edicole.
Nonostante infatti che un'attività di carwash sia un'attività di servizi, ci sembra che la ratio della nuova limitazione introdotta per i centri commerciali non consenta di ampliare il numero degli esercizi che potrebbero restare aperti perché questo aumenterebbe l'attrattività dei centri medesimi e, conseguentemente, la possibilità di assembramenti.
In assenza di chiarimenti ufficiali, dal Governo o dalla propria regione, o di un confronto con il comando della polizia locale competente per territorio, ci sembra quindi prudente tenere una linea che, quantomeno, è aderente alla ratio della disposizione volta a minimizzare le occasioni di assembramento ed evitare che gli operatori incorrano, oltre alla sanzione, anche nella chiusura dell'attività da 5 a 30 giorni.
Si ritengono sospese le attività di ludoteca e tutti i servizi erogati quali baby parking, doposcuola e attività di laboratorio?
Nelle "zone rosse", le attività di commercio al dettaglio consentite sono indicate nell'allegato 23 del DPCM del 3 novembre 2020 e, in base all'art. 3, comma 4, lett. h): sono sospese le attività inerenti servizi alla persona, diverse da quelle individuate nell'allegato 24.
L'attività di ludoteca per intrattenimento bambini è identificata, nella classificazione delle attività economiche con codice ATECO 93.29.90, Altre attività di intrattenimento e di divertimento nca tra cui sono espressamente ricomprese le ludoteche per intrattenimento bambini.
Questa attività di servizi, anche se non espressamente ricompresa tra le attività di servizi per la persona, appare comunque ad esse chiaramente assimilabile.
Va inoltre evidenziato che lo svolgimento in presenza della scuola dell'infanzia beneficia di una deroga espressa (art. 3, comma 4, lett. f)) che non si può estendere in via analogica alle ludoteche.
L'evoluzione della situazione impone infatti un atteggiamento prudente e pertanto, in assenza di un espresso chiarimento da parte della vostra Regione, tale attività non sembra consentita.
Resta comunque consigliabile un confronto con il comando della polizia locale territorialmente competente.
È possibile per un commercio al dettaglio di gioielli e orologi continuare l’attività limitatamente alla riparazione come consentito a marzo/aprile?
L'attività di riparazione di orologi e gioielli è collocata, nella classificazione ATECO, tra le Altre attività di servizi con codice 95.25.00.
Per queste attività, al momento, stante quanto disposto dall'art. 3, comma 4, lett. h), del DPCM del 3 novembre, non si ravvisa la possibilità di poterle considerare non sospese.
In mancanza di un chiarimento nelle faq della PCM o in posizioni ufficiali delle diverse Regioni, riteniamo opportuno consigliare agli operatori di adottare un atteggiamento prudenziale.
Per una attività in una zona che entra in area rossa, le scadenze Irpef e Iva, sono sempre dovute o sono posticipate?
Dopo che le ordinanze del Ministero della Salute entrano in vigore, anche nelle nuove Regioni in area rossa i versamenti di imposte dirette e Iva sono sospesi.
Non per quella prevista al comma 2 dell'articolo 11 del Ristori bis, in quanto la Circolare INPS n. 129 prevede espressamente che "agli effetti della sospensione dei termini relativi ai versamenti dei contributi previdenziali e assistenziali in scadenza nel mese di novembre 2020, secondo la previsione dettata dall’articolo 11, comma 2, del decreto-legge n. 149/2020, gli ambiti territoriali sono individuati dall’Ordinanza del Ministro della Salute del 4 novembre e del 10 novembre 2020, come segue:
- zona rossa: Calabria, Lombardia, Piemonte e Valle d’Aosta e Provincia Autonoma di Bolzano."
Aggiungendo che “l’eventuale variazione, nel corso del mese di novembre, della collocazione delle Regioni e delle Province autonome, rispetto alle c.d. zone gialle, arancione e rosse, non ha effetti per l’applicazione della sospensione contributiva di cui alla presente circolare”.
Ovviamente, invece, spetta a tutti soggetti di cui all'allegato 1 del DL 149, ampliato rispetto all'allegato 1 del DL Ristori, purché abbiano sede nel territorio dello Stato e svolgano come attività prevalente una di quelle ivi incluse.
Nella voce articoli sportivi, biciclette e articoli per il tempo libero è ricompreso anche l' abbigliamento sportivo?
Nella classificazione ATECO, l'abbigliamento sportivo è ricompreso nella voce:
- 47.71.10 Commercio al dettaglio di confezioni per adulti, commercio al dettaglio di articoli di abbigliamento per uomo e donna
La vendita di articoli sportivi, invece, rientra nella voce:
- 47.64.10 Commercio al dettaglio di articoli sportivi, biciclette e articoli per il tempo libero, commercio al dettaglio di articoli sportivi, attrezzi da pesca, articoli da campeggio e biciclette
L'allegato 23 al DPCM del 3 novembre ha incluso, tra le attività di vendita di generi di prima necessità elencati, l'attività di vendita al dettaglio di articoli sportivi, biciclette e articoli per il tempo libero.
Tra le Faq del Governo nella sezione "Pubblici esercizi, attività commerciali..." compare la seguente faq:
Nelle zone rosse le attività commerciali che vendono generi alimentari o beni di prima necessità (cioè quelli previsti dall’allegato 23 del DPCM) e che quindi rimangono aperte, possono consentire ai clienti l’acquisto anche di beni non inclusi nel predetto allegato? No. Pertanto, il responsabile di ogni attività commerciale, comunque denominata (ipermercato, supermercato, discount, minimercato, altri esercizi non specializzati di alimentari vari) può esercitare esclusivamente l’attività di vendita di generi alimentari e di prima necessità ed è, quindi, tenuto a organizzare gli spazi in modo da precludere ai clienti l’accesso a scaffali o corsie in cui siano riposti beni diversi da quelli alimentari e di prima necessità. Nel caso in cui ciò non sia possibile, devono essere rimossi dagli scaffali i prodotti la cui vendita non è consentita. Tale regola vale per qualunque giorno di apertura, feriale, prefestivo o festivo.
Pertanto, secondo il Governo, chi vende beni di prima necessità non può vendere beni non inclusi nell'allegato 23.
Ho un ristorante. Dopo le 18, posso far cenare i carabinieri della caserma con cui ha una convenzione?
Le attività delle mense e del catering continuativo su base contrattuale sono al momento consentite anche nelle aree "arancioni" e "rosse" in forza delle disposizioni di cui, rispettivamente, all'art. 2, comma 4, lett. c) e all'art. 3, comma 4, lett. c) del DPCM 3 novembre.
Pertanto, eccettuato il riferimento all'orario dell'attività, la risposta alla faq 24 è applicabile anche alle attività situate all'interno delle suddette aree.
Per completezza di informazione bisogna evidenziare che, sebbene i DPCM emanati nel corso del periodo emergenziale abbiano fatto ricorso alla classificazione ATECO allo scopo di individuare le attività consentite e quelle sospese, non è il codice ATECO a determinare le attività che un'impresa può svolgere, circostanza che dipende invece dal possesso dei titoli abilitativi eventualmente prescritti dalla legge.
Semmai è vero il contrario: il codice ATECO viene attribuito sulla base dell'attività effettivamente svolta e, nel caso in cui non la rispecchi in maniera adeguata, è necessario aggiornarlo mediante comunicazione alla Camera di commercio.
Pertanto, a un’impresa che svolga in maniera legittima un’attività consentita, pur in mancanza del codice ATECO corretto, dovrebbe essere contestato soltanto il mancato aggiornamento dell'attività effettivamente svolta e non la violazione delle disposizioni emergenziali.
Tuttavia, posto il rischio derivante dalla possibilità che, in sede di controllo, le autorità si limitino a verificare la sola corrispondenza formale tra attività svolta, codici ATECO attribuiti e codici ATECO consentiti (particolarmente in un caso, quale quello in oggetto, in cui le attività in questione – verosimilmente – non hanno l'apparenza di vere e proprie “mense”), riteniamo opportuno adeguare i codici attribuiti e, conseguentemente, non operare in mancanza di quelli corretti, come già suggerito nel corso della prima fase dell'emergenza (in tal senso cfr., ad esempio, la faq n. 116 ai DPCM 26 e 10 aprile).
Il già DPCM 24 ottobre ha disposto la sospensione delle attività di sale giochi, sale scommesse, sale bingo e casinò.
In proposito, con la circolare n. 41/2020 l'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli aveva precisato che devono, pertanto, ricomprendersi in tale previsione, esclusivamente, le sale da gioco specialistiche (sale VLT, sale Bingo e sale che raccolgono scommesse), oltre naturalmente ai casinò. Per quanto riguarda, invece, la raccolta del gioco pubblico presso pubblici esercizi c.d. “generalisti” (con codice ATECO principale diverso dal gioco, come a scopo esemplificativo bar e rivendite di tabacchi) non sono previste disposizioni specifiche e, di conseguenza, troveranno applicazione le norme del DPCM che riguardano tali locali, fatte salve le norme più restrittive adottate dalle singole Regioni.
Il DPCM 3 novembre, poi, ha esteso l'obbligo di sospensione delle suddette attività anche al caso in cui siano svolte all'interno di locali adibiti ad attività differente (art. 1, comma 9, lett. l), come appunto bar e tabaccherie.
Al momento l'Agenzia delle Dogane e Monopoli non ha ancora fornito nuove indicazioni. Salva diversa indicazione, sembra tuttavia di poter ritenere che l'estensione dell'obbligo di sospensione operata dal DPCM 3 novembre abbia per oggetto solo ed esclusivamente le attività già individuate dalla circolare dell'ADM. In tal senso, ad esempio, si è espressa la Federezione Italiana Tabaccai, affermando che deve ritenersi vietata la raccolta delle scommesse e l’utilizzo delle slot ma che "resta invece consentita l’attività di raccolta dei giochi numerici a quota fissa, dei giochi numerici a totalizzatore e delle lotterie nazionali, sia ad estrazione istantanea cƒpossonohe differita". Poiché la disposizione non distingue le tabaccherie dagli altri esercizi, riteniamo che le medesime indicazioni dovrebbero valere anche per un bar.
Al riguardo, tuttavia, è opportuno evidenziare le oggettive difficoltà che sorgerebbero nel continuare a erogare i servizi di ricevitoria all'interno di locali destinati in via principale a un'attività di somministrazione che, a differenza di quella di una tabaccheria, risulta al momento sospesa nelle aree arancioni e rosse a eccezione della vendita per asporto e della consegna a domicilio, e rispetto alla quale il Governo, nelle proprie FAQ ufficiali, ha indicato di ritenere ammesso l'accesso della clientela "esclusivamente per il tempo strettamente necessario ad acquistare i prodotti per asporto e sempre nel rispetto delle misure di prevenzione del contagio".
Si renderebbe quantomeno necessario prevenire lo stazionamento dei clienti all'interno dei locali, limitando la permanenza al solo tempo minimo necessario per usufruire del servizio.
Al contempo, inoltre, bisognerebbe avere cura di rendere evidente che, nei loro confronti, non viene effettuata alcuna attività di somministrazione, ad esempio evitando che sul bancone del bar rimangano tazze o bicchieri che possano far ritenere diversamente.
Ho un bar in un’area di servizio stradale. Posso far utilizzare il bagno ai clienti che fanno take away?
Riguardo alla possibilità di consentire l'utilizzo dei servizi igienici ai clienti che fanno take away per consumare poi a bordo dei loro mezzi durante le soste, segnaliamo che, ad esempio, il Comandante della polizia locale di Genova ha chiarito che i servizi igienici presso i pubblici esercizi possono rimanere chiusi visto che lo spirito della norma che vieta la somministrazione dopo le 18.00 consiste nella volontà di evitare all'interno dei locali qualsiasi forma di assembramento, anche minima.
Naturalmente, a fronte di situazioni particolari (donna in gravidanza, persona anziana, ecc.) dovrebbe essere cura del gestore mettere a disposizione del richiedente i servizi igienici.
D'altra parte, come già evidenziato, le FAQ ufficiali del Governo (con identica FAQ presente nelle sezioni relative alle aree gialle, arancioni e rosse), ammettono la possibilità che i clienti accedano ai locali adibiti alla somministrazione, anche nel caso in cui sia sospeso il consumo di cibo al loro interno, sebbene "esclusivamente per il tempo strettamente necessario ad acquistare i prodotti per asporto e sempre nel rispetto delle misure di prevenzione del contagio".
Riteniamo quindi che il gestore possa anche consentire l'utilizzo dei servizi da parte della clientela, purché ciò non dia assolutamente luogo ad assembramenti.
L’articolo 2 del D.P.C.M. del 3 novembre 2020, com’è noto, detta per la suddetta zona, regole per la mobilità più rigorose per il contenimento del contagio.
In particolare l’articolo 2, in base alla lett. a) del comma 4 dell'articolo 2, prevede che “è vietato ogni spostamento in entrata e in uscita dai territori di cui al comma 1, salvo che per gli spostamenti motivati da comprovate esigenze lavorative o situazioni di necessità ovvero per motivi di salute.”.
La lettera b), dello stesso articolo prevede, inoltre, che “è vietato ogni spostamento con mezzi di trasporto pubblici o privati, in un comune diverso da quello di residenza, domicilio o abitazione, salvo che per comprovate esigenze lavorative, di studio, per motivi di salute, per situazioni di necessità o per svolgere attività o usufruire di servizi non sospesi e non disponibili in tale comune”.
Pertanto, l’art.2 del suddetto D.p.c.m., in base al combinato disposto delle lettere a) e b), prevede restrizioni alla mobilità verso altri comuni della stessa o di altre regioni.
I clienti delle agenzie immobiliari possono spostarsi da un Comune diverso dal proprio Comune di residenza o domicilio, per visitare un immobile?
L’articolo 2 del DPCM del 3 novembre 2020, com’è noto, detta per la suddetta zona, regole per la mobilità più rigorose per il contenimento del contagio.
In particolare l’articolo 2, in base alla lett. a) del comma 4 dell'articolo 2, prevede che “è vietato ogni spostamento in entrata e in uscita dai territori di cui al comma 1, salvo che per gli spostamenti motivati da comprovate esigenze lavorative o situazioni di necessità ovvero per motivi di salute”.
La lettera b), dello stesso articolo prevede, inoltre, che “è vietato ogni spostamento con mezzi di trasporto pubblici o privati, in un comune diverso da quello di residenza, domicilio o abitazione, salvo che per comprovate esigenze lavorative, di studio, per motivi di salute, per situazioni di necessità o per svolgere attività o usufruire di servizi non sospesi e non disponibili in tale comune”.
Pertanto, l’art.2 del suddetto D.p.c.m., in base al combinato disposto delle lettere a) e b), prevede restrizioni alla mobilità verso altri comuni della stessa o di altre regioni.
La circolare del Ministero dell'Interno del 7 novembre ha, tuttavia, chiarito che per quanto riguarda gli spostamenti, di cui alla lettera b), questi sono consentiti “non solo per le consuete cause giustificative indicate già nella norma (la quale include anche i motivi di studio), ma anche quando sia necessario svolgere attività o usufruire di servizi non sospesi e non disponibili nel comune di residenza, domicilio o abitazione. In forza di tale previsione risulterà dunque possibile lo spostamento per recarsi, solo a titolo di esempio, presso uffici pubblici, esercizi commerciali o centri servizi (es. per assistenza fiscale, previdenziale, ecc.) quando essi non siano presenti nel proprio territorio comunale”.
Alla luce di quanto sopra espresso riteniamo che gli Agenti Immobiliari possono tenere aperta al pubblico l'agenzia e ricevere i clienti in ufficio, in quanto lo spostamento rientra nelle “comprovate esigenze lavorative”.
In attesa di chiarimenti interpretativi da parte del Governo, riteniamo che anche la possibilità da parte dei clienti di visitare gli immobili, possa rientrare nelle cause giustificate indicate dal DPCM del 3 novembre.
A supporto di tale interpretazione riteniamo sia necessario prendere spunto dall'interpretazione della Fase 2 dello scorso 5 maggio, per cui il Governo è intervenuto sulla questione specificando che: “gli Agenti possono far visita agli immobili assieme al cliente, purché gli spazi siano disabitati”.
Pertanto alla luce di quanto sopra riportato riteniamo che gli Agenti Immobiliari, che operano nella c.d. zona arancione, potranno portare in visita i clienti con l’accortezza di avere con sé l’autocertificazione e con le cautele necessarie (mascherina, distanziamento).
Tuttavia posto che l’onere di dimostrare la sussistenza delle situazioni che consentono gli spostamenti incombe sull’interessato, occorre sempre far uso dell’autocertificazione riguardo alle cause giustificative dello spostamento; lo spostamento sia dell’agente e del cliente dovrà, infatti, essere giustificato attraverso il ricorso alla autocertificazione.
Per quanto riguarda l'Agente, dovrebbe essere sufficiente la spunta su “Comprovate esigenze lavorative” nel momento in cui si allontana dall’ufficio.
Il cliente, invece, sia che debba effettuare un sopralluogo assieme all'Agente, sia per un incontro in Agenzia, può opzionare nel modulo di autocertificazione la casella “Altri motivi ammessi” specificando con una formula del tipo: “Appuntamento/visita per valutazione/locazione/acquisto/vendita di immobile con servizio di Agenzia Immobiliare”.
Riteniamo che anche tale profilo debba essere chiarito dal Governo, tuttavia soprattutto per l'autocertificazione dei clienti, consigliamo un confronto con il comando di polizia locale, con la questura o agli organi competenti. Resta comunque sempre necessario verificare eventuali normative particolari insistenti sul territorio, come ordinanze comunali o regionali.
Dopo 21 giorni di quarantena, un dipendente ancora Covid positivo, può tornare al lavoro?
In base alla circolare del Ministero della Salute del 12 ottobre 2020 le persone positive a lungo termine che, pur non presentando più sintomi, continuano a risultare positive al test molecolare, in caso di assenza di sintomatologia (fatta eccezione per ageusia/disgeusia e anosmia che possono perdurare per diverso tempo dopo la guarigione) da almeno una settimana, potranno interrompere l’isolamento dopo 21 giorni dalla comparsa dei sintomi.
Conseguentemente, qualora in presenza della predetta casistica non vi siano certificazioni dell’Autorità sanitaria prescrittive di misure di quarantena/isolamento del lavoratore positivo a lungo termine o certificazione medica rilasciata dal medico di base attestante lo stato di malattia, si ritiene che il lavoratore possa riprendere servizio.
Occorre tuttavia coinvolgere preventivamente il medico competente, così come previsto dal Protocollo di regolamentazione delle misure di contrasto del COVID negli ambienti di lavoro del 24 aprile 2020, in base al quale alla ripresa delle attività è opportuno che sia coinvolto il medico competente per l’identificazione di soggetti con particolari fragilità e per il reinserimento lavorativo di soggetti con pregressa infezione COVID.
Inoltre, sempre il medesimo Protocollo, prevede che per il reintegro progressivo di lavoratori dopo l’infezione da COVID19, il medico competente, previa presentazione di certificazione di avvenuta negativizzazione del tampone secondo le modalità previste e rilasciata dal dipartimento di prevenzione territoriale di competenza, effettua la visita medica precedente alla ripresa del lavoro, a seguito di assenza per motivi di salute di durata superiore ai sessanta giorni continuativi, al fine di verificare l’idoneità alla mansione (D.lgs. 81/08 e s.m.i, art. 41, c. 2 lett. e-ter), anche per valutare profili specifici di rischiosità e comunque indipendentemente dalla durata dell’assenza per malattia.
Si evidenzia che le modalità per il rilascio della avvenuta negativizzazione sono da riferirsi alle più recenti indicazioni contenute nelle circolari del Ministero della salute, in particolare a quelle contenute nella circolare del 12 ottobre 2020 per quanto riguarda i positivi a lungo termine.
Strumenti alternativi per la gestione dei lavoratori positivi a lungo termine possono essere il ricorso allo smartworking ove compatibile con le mansioni svolte e l’utilizzo dei trattamenti di integrazione salariale. Nel caso in cui il medico competente dovesse riscontrare criticità per il rientro del lavoratore sarebbe possibile valutare l’adibizione temporanea a diverse mansioni.
Non è possibile individuare una distanza precisa, espressa in metri, per "tradurre" operativamente il termine adiacenze.
Siamo chiaramente in uno spazio circoscritto che tuttavia comprendiamo sia importante cercare di individuare proprio perché la sua individuazione si riflette sulla duplice condizione che consente la ristorazione con asporto in tutti i territori del Paese (gialli, arancioni o rossi), costituita dal rispetto del divieto di consumazione sia sul posto che, appunto, nelle adiacenze e senza dimenticare che, nelle zone arancioni o rosse, la ristorazione con asporto è l'unico tipo di ristorazione ancora consentita (fatte salve le mense ed il catering continuativo su base contrattuale) insieme alla consegna a domicilio.
Trattandosi di spazio circoscritto è inoltre evidente che, superate le adiacenze, cade il divieto di consumazione che incide sulla possibilità della ristorazione con asporto e che riguarda il titolare dell'esercizio poiché il divieto di consumare cibi e bevande dopo le ore 18.00 nei luoghi pubblici o aperti al pubblico resta prescritto, in via generale, dall'art. 1, comma 9, lett. gg), del DPCM del 3 novembre la cui sanzionabilità ricade sull'esercente limitatamente al proprio locale in quanto luogo aperto al pubblico.
Il termine adiacenze è utilizzato nell'art. 703 del codice penale (accensioni ed esplosioni pericolose), che dispone che chiunque, senza la licenza dell'Autorità, in luogo abitato o nelle sue adiacenze [...] spara armi da fuoco, accende fuochi d'artificio [...] è punito con l'ammenda [...].
In questo caso, stante il principio di stretta legalità della legge penale, il criterio interpretativo non può che essere tale da evitare che la fattispecie si dilati in maniera abnorme ed è ragionevole quindi ritenere che con l'espressione adiacenze debbano intendersi i luoghi confinanti con i luoghi abitati.
Nel nostro caso tuttavia non siamo di fronte a fattispecie penali (contravvenzioni o reati) ma ad una possibile violazione amministrativa punita, secondo quanto disposto dall'art. 4, comma 1, del DL 19/2020, convertito dalla legge 35/2020, con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da 400 a 1000 euro, cui si aggiunge la chiusura da 5 a 30 giorni, e che esclude l'applicazione delle sanzioni contravvenzionali previste dall'art. 650 del codice penale che punisce l'inosservanza dei provvedimenti dell'Autorità.
Non possiamo inoltre non considerare che un esercizio isolato può dare luogo ad interpretazioni sull'estensione del termine adiacenze diverse da quelle di un esercizio collocato lungo una via o in una piazza con a fianco altri esercizi.
Resta comunque fermo, a nostro avviso, che il termine adiacenze, pur se non limitato strettamente al luogo confinante, non possa che essere interpretato nel senso di considerare solo lo spazio che visivamente possa essere sotto il diretto controllo dell'esercente.
Non a caso infatti, quando il legislatore ha inteso richiamare spazi più ampi ha utilizzato, come nel caso del recente inasprimento delle misure del divieto di accesso ai locali di pubblico intrattenimento o ad esercizi pubblici, l'espressione immediate vicinanze (cfr. art. 11, DL 130/2020) che appare, diversamente dal termine adiacenze, avere un'elasticità maggiore ricomprendendo luoghi "molto vicini" ma non per questo necessariamente adiacenti, cioè confinanti, ai locali oggetto del divieto.
In mancanza di criteri certi stabiliti dalla normativa, appare comunque necessario un confronto con il prefetto e le autorità di polizia locale per verificare la condivisione delle considerazioni sopra esposte.
Se nel mio comune di residenza non c'è un negozio di beni essenziali, posso andare nel comune più vicino in cui è presente?
Sì, si può ritenere che la dizione usufruire di servizi non sospesi e non disponibili nel comune di residenza, possa ricomprendere anche lo spostamento verso un negozio non presente nel territorio del proprio comune di residenza.
L’articolo 2 del DPCM del 3 novembre 2020, detta per le aree arancioni regole per la mobilità più rigorose per il contenimento del contagio.
In particolare il comma 4, lett. a), prevede che è vietato ogni spostamento in entrata e in uscita dai territori di cui al comma 1, salvo che per gli spostamenti motivati da comprovate esigenze lavorative o situazioni di necessità ovvero per motivi di salute.
La lettera b), del suddetto articolo prevede, inoltre, che è vietato ogni spostamento con mezzi di trasporto pubblici o privati, in un comune diverso da quello di residenza, domicilio o abitazione, salvo che per comprovate esigenze lavorative, di studio, per motivi di salute, per situazioni di necessità o per svolgere attività o usufruire di servizi non sospesi e non disponibili in tale comune.
Pertanto, l’articolo 2 del DPCM, in base al combinato disposto delle lettere a) e b), prevede restrizioni alla mobilità verso altri comuni della stessa o di altre regioni.
La circolare del Ministero dell'Interno del 7 novembre ha chiarito che per quanto riguarda gli spostamenti, di cui alla lettera b), questi sono consentiti non solo per le consuete cause giustificative indicate già nella norma (la quale include anche i motivi di studio), ma anche quando sia necessario svolgere attività o usufruire di servizi non sospesi e non disponibili nel comune di residenza, domicilio o abitazione. In forza di tale previsione risulterà dunque possibile lo spostamento per recarsi, solo a titolo di esempio, presso uffici pubblici, esercizi commerciali o centri servizi (es. per assistenza fiscale, previdenziale, ecc.) quando essi non siano presenti nel proprio territorio comunale.
Alla luce di quanto evidenziato, si può ritenere che la dizione usufruire di servizi non sospesi e non disponibili nel comune di residenza, possa ricomprendere anche lo spostamento verso un negozio non presente nel territorio del proprio comune di residenza.
Sì. La disposizione di cui all’art. 3, comma 4, lett. b), del DPCM 3 novembre, applicabile nelle “aree rosse”, stabilisce che “sono sospese le attività commerciali al dettaglio, fatta eccezione per le attività di vendita di generi alimentari e di prima necessità individuate nell’allegato 23 [...]”.
Al riguardo si evidenzia che la formula “attività commerciali al dettaglio” sembra riferirsi, propriamente, alle attività di commercio al dettaglio così come definite dall’art. 4, comma 1, lett. b), del D.Lgs. 114/1998, che stabilisce che si intende “per commercio al dettaglio, l'attività svolta da chiunque professionalmente acquista merci in nome e per conto proprio e le rivende, su aree private in sede fissa o mediante altre forme di distribuzione, direttamente al consumatore finale”.
L'attività di un’agenzia di viaggi consiste, invece, nella prestazione di un servizio che riguarda principalmente la produzione e organizzazione di viaggi e soggiorni nonché l'intermediazione in tali servizi.
Stante la differente natura delle suddette attività, anche la classificazione ATECO, che è alla base delle distinzioni operate da tutti i DPCM che si sono susseguiti nel corso del periodo emergenziale, distingue nettamente le attività di “commercio al dettaglio” (censite alla divisione 47) dalle “attività dei servizi delle agenzie di viaggio, dei tour operator e servizi di prenotazione e attività connesse” (censite alla divisione 79).
La diversità permane anche con riferimento al regime abilitativo, atteso che, secondo quanto indicato dalla tabella A allegata al D.Lgs. 222/2016, l'avvio di un'attività di commercio al dettaglio è regolato dalle disposizioni del D.Lgs. 59/2010 e del D.Lgs. 114/1998 (fatta salva eventuale disciplina regionale specifica) mentre l'avvio di un'agenzia di viaggi è assoggettato in via esclusiva alla disciplina regionale, solitamente distinta da quella commerciale.
Similmente, l’attività delle agenzie di viaggio si distingue dalle attività dei servizi alla persona, che sono sospese nelle “aree rosse” ai sensi della lett. h) del medesimo art. 3, comma 4, del DPCM 3 novembre, in quanto anche queste ultime sono censite nell'ambito di una differente divisione della classificazione ATECO (divisione 96, “altre attività di servizi alla persona”) e soggette a distinti regimi abilitativi.
Riteniamo pertanto che l'attività delle agenzie di viaggio nelle “aree rosse” non debba essere sospesa in applicazione dell’art. 3 del DPCM 3 novembre, non ricadendo né tra le attività commerciali al dettaglio, né tra le attività inerenti servizi alla persona sospese.
Le aziende alberghiere, gelaterie, pasticcerie, ecc. (articolo 1 Ristori bis) delle zone gialle diventate arancioni, riceveranno il ristoro con il moltiplicatore incrementato del 50%? Ci sarà un bonifico a conguaglio?
La maggiorazione del 50% di cui all’articolo 1 comma 2 del decreto-legge 149/2020 (Ristori bis) è concessa in conformità alla procedura definita dall’articolo 1 del DL 137/2020 (Ristori). Tale procedura prevede due differenti modalità di erogazione:
- per le imprese che già hanno fruito del contributo a fondo perduto di cui all’articolo 25 del DL 34/2020 (Rilancio), il contributo riconosciuto ai sensi dell’articolo 1 e dell’allegato 1 del DL 137/2020 (come modificato dall’articolo 1 del DL 149/2020), viene liquidato in automatico, tramite bonifico su conto corrente (già comunicato con l’istanza trasmessa all’Agenzia delle entrate). Considerate le attuali disposizioni normative ed attuative, si ritiene che anche la maggiorazione di cui all’articolo 1 del comma 2 del decreto-legge 149/2020 potrebbe seguire la medesima procedura, venendo dunque liquidata automaticamente dall’Agenzia delle entrate nel caso in cui una regione dovesse transitare ad un livello di elevata o massima gravità.
- per le imprese che non hanno fruito del contributo a fondo perduto di cui all’articolo 25 del DL 34/2020 (Rilancio), è prevista la presentazione dell’istanza sulla base delle disposizioni attuative che verranno individuate con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate (ai sensi del comma 11, art. 1 DL 137/20). Il contributo verrà calcolato sulla base delle informazioni contenute nell’istanza (differenza di fatturato tra il mese di aprile 2020 e il mese di aprile del 2019), a cui verranno applicate le percentuali stabilite dall’allegato 1 del DL 137/2020 (come modificate dall’articolo 1 del DL 149/2020). Nel caso di ubicazione delle imprese in una regione definita arancione/rossa prima della trasmissione dell’istanza, il contributo verrà maggiorato del 50% per i richiamati codici ATECO. Nel caso di passaggio di una regione ad uno scenario di elevata o massima gravità successivamente all’erogazione del contributo, si ritiene che la liquidazione possa essere effettuata in automatico, conformemente al precedente punto 1. Ulteriori e specifiche indicazioni potrebbero essere contenute nel provvedimento del Direttore dell’agenzia delle entrate in fase di predisposizione.
Si specifica che, in caso di estensione territoriale delle misure di cui agli articoli 1, 2, 4, 5, 6, 7, 11, 13, 14 del DL 149/20, in conseguenza delle eventuali successive ordinanze del Ministero della Salute, in analogia a quanto già argomentato, si ritiene che il fondo di cui all’articolo 8 operi in automatico la copertura degli ulteriori oneri finanziari, nei limiti di 340 milioni per l'anno 2020 e 70 milioni di euro per l'anno 2021.
Viene consentito lo spostamento fuori comune per raggiungere il parrucchiere di fiducia anche se tale servizio è disponibile nel proprio comune?
No. La ratio dei provvedimenti restrittivi, oggi come nella primavera scorsa, è infatti proprio quella di indurre un cambiamento nelle abitudini di noi tutti riducendo al massimo gli spostamenti non necessari.
L’articolo 2 del D.P.C.M. del 3 novembre 2020, detta regole precise per la mobilità più rigorose per il contenimento del contagio.
In particolare il comma 4, lett. a), prevede che è vietato ogni spostamento in entrata e in uscita dai territori di cui al comma 1, salvo che per gli spostamenti motivati da comprovate esigenze lavorative o situazioni di necessità ovvero per motivi di salute.
La lettera b), del suddetto articolo prevede, inoltre, che è vietato ogni spostamento con mezzi di trasporto pubblici o privati, in un comune diverso da quello di residenza, domicilio o abitazione, salvo che per comprovate esigenze lavorative, di studio, per motivi di salute, per situazioni di necessità o per svolgere attività o usufruire di servizi non sospesi e non disponibili in tale comune.
Pertanto, l’art.2 in base al combinato disposto delle lettere a) e b), prevede restrizioni alla mobilità verso altri comuni della stessa o di altre regioni.
La circolare del Ministero dell'Interno del 7 novembre scorso ha chiarito che per quanto riguarda gli spostamenti, di cui alla lettera b), questi sono consentiti non solo per le consuete cause giustificative indicate già nella norma (la quale include anche i motivi di studio), ma anche quando sia necessario svolgere attività o usufruire di servizi non sospesi e non disponibili nel comune di residenza, domicilio o abitazione. In forza di tale previsione risulterà dunque possibile lo spostamento per recarsi, solo a titolo di esempio, presso uffici pubblici, esercizi commerciali o centri servizi (es. per assistenza fiscale, previdenziale, ecc.) quando essi non siano presenti nel proprio territorio comunale.
Nel caso da lei posto, lo spostamento sarebbe determinato non dalla mancanza del servizio nel comune di residenza ma da una scelta soggettiva personale (cioè il parrucchiere di mia fiducia si trova nel territorio di un altro comune) e tale circostanza non rientra tra le cause che giustificano uno spostamento fuori comune in una regione arancione.
Con il termine “mercati” si intende anche “IPERMERCATI”?
Con il termine mercati si intendono solo quelli su area pubblica e non gli ipermercati che, del resto, rientrano, dal punto di vista della classificazione, tra le grandi strutture di vendita.
Cosa si intende per “comprovate esigenze lavorative”?
Le FAQ del Governo, nel chiarire cosa si debba intendere per “comprovate esigenze lavorative” ed in particolare come possano dimostrare le comprovate esigenza lavorative per i lavoratori autonomi, ha specificato che:
“Comprovate” significa che si deve essere in grado di dimostrare che si sta andando (o tornando) al (dal) lavoro, anche tramite l’autodichiarazione o con ogni altro mezzo di prova, la cui non veridicità costituisce reato. In caso di controllo, si dovrà dichiarare la propria necessità lavorativa. Sarà cura poi delle Autorità verificare la veridicità della dichiarazione resa con l'adozione delle conseguenti sanzioni in caso di false dichiarazioni”.
Come viene, anche, chiarito dal Ministero dell’Interno, l’onere di dimostrare la sussistenza delle situazioni che consentono gli spostamenti incombe sull’interessato e, pertanto, occorre sempre far uso dell’autocertificazione riguardo alle cause giustificative dello spostamento, sia che si tratti di spostamenti che avvengono in fasce orarie soggette al imitazioni (area gialla), sia che essi avvengano in territori soggetti a restrizioni (area arancione e area rossa).
Un salone di parrucchiere dentro un centro commerciale può rimanere aperto?
Per quanto riguarda le chiusure nei centri commerciali, l'espressione inserita alla fine dell'art. 1, comma 9, lett. ff), sembra a nostro avviso indicare in maniera tassativa le attività che possono rimanere aperte nel fine settimana all'interno dei centri commerciali e cioè soltanto le farmacie, parafarmacie, presidi sanitari, punti vendita di generi alimentari, tabacchi ed edicole.
Nonostante infatti che un salone di parrucchiere sia un'attività artigiana di servizi per la persona che, secondo quanto disposto dall'art. 1, comma 9, lett. ii), del DPCM del 3 novembre ... è consentita, ci sembra che la ratio della nuova limitazione introdotta per i centri commerciali non consenta di ampliare il numero degli esercizi che potrebbero restare aperti perché questo aumenterebbe l'attrattività dei centri medesimi e, conseguentemente, la possibilità di assembramenti.
È però sempre possibile che, localmente, le amministrazioni comunali o la polizia locale assumano determinazioni diverse.
In assenza di tali determinazioni espresse, fino a nuovi chiarimenti del Governo, riteniamo prudente non consigliare l'apertura agli operatori di un salone di parrucchiere posto all'interno di un centro commerciale anche per evitare di incorrere, oltre alla sanzione pecuniaria, nella sospensione dell'attività per un minimo di 5 giorni.
Un concessionario è tenuto ad avere un registro dei clienti come accade per i ristoranti?
I concessionari non sono obbligati a conservare l'elenco dei clienti che visitano la concessionaria.
Ho due hotel, molto vicini, la cucina di uno non è al momento attiva. I clienti possono cenare nell’altra struttura?
No, riteniamo che i clienti di un albergo non possano usufruire dei servizi di ristorazione di un altro albergo, anche se situato nelle immediate vicinanze e gestito dalla medesima società, se non mediante asporto o con la consegna a domicilio.
Per le “zone gialle” viene esplicitamente stabilito che resta consentita senza limiti di orario la ristorazione negli alberghi e in altre strutture ricettive limitatamente ai propri clienti che siano ivi alloggiati (articolo 1, comma 9, lettera gg).
I ristoranti degli alberghi sono aperti per i clienti che vi alloggiano, anche, nelle zone arancioni e rosse ed è consentita senza limiti di orario la ristorazione solo all'interno dell'albergo o della struttura ricettiva in cui si è alloggiati.
Nel caso in cui manchi tali servizio all'interno del proprio albergo o della propria struttura ricettiva il cliente potrà avvalersi di una ristorazione mediante asporto o mediante consegna “a domicilio”, eventualmente organizzata dall’albergo, nei limiti di orari consentiti, con consumazione in albergo.
Da ultimo segnaliamo che, in linea con quanto affermato da Federalberghi, si debba escludere la possibilità che i clienti consumino i pasti presso ristoranti esterni convenzionati, qualora l’operatività degli stessi sia sottoposta a restrizioni.
Alla luce di quanto sopra riportato, riteniamo che i clienti di un albergo non possano usufruire dei servizi di ristorazione di un altro albergo, anche se situato nelle immediate vicinanze e gestito dalla medesima società, se non mediante asporto o con la consegna a domicilio.
Ho un negozio e devo andare da un mio grossista, posso spostarmi in un altro comune?
Lo spostamento del lavoratore autonomo, può essere giustificato da comprovate esigenze lavorative, sempre che queste siano adeguatamente motivate.
Tuttavia resta sempre fermo il principio, enunciato dalla circolare del Ministero dell’Interno del 7 novembre che impone di limitare all'indispensabile gli spostamenti, ma anche di effettuarli, di massima, raggiungendo il luogo più vicino dove comunque sia possibile la soddisfazione della propria esigenza e si consiglia quindi di privilegiare modalità telematiche/telefoniche anche per gli ordini.
L’articolo 2 del D.P.C.M. del 3 novembre 2020 detta le regole per la mobilità per il contenimento del contagio. In particolare alla lett. a) del comma 4, prevede che è vietato ogni spostamento in entrata e in uscita dai territori di cui al comma 1, salvo che per gli spostamenti motivati da comprovate esigenze lavorative o situazioni di necessità ovvero per motivi di salute. La lettera b) inoltre, che è vietato ogni spostamento con mezzi di trasporto pubblici o privati, in un comune diverso da quello di residenza, domicilio o abitazione, salvo che per comprovate esigenze lavorative, di studio, per motivi di salute, per situazioni di necessità o per svolgere attività o usufruire di servizi non sospesi e non disponibili in tale comune.
Pertanto in base al combinato disposto delle lettere a) e b), prevede restrizioni alla mobilità verso altri comuni della stessa o di altre regioni.
La circolare del Ministero dell'Interno già citata ha, tuttavia, chiarito che per quanto riguarda gli spostamenti, di cui alla lettera b), questi sono consentiti non solo per le consuete cause giustificative indicate già nella norma (la quale include anche i motivi di studio), ma anche quando sia necessario svolgere attività o usufruire di servizi non sospesi e non disponibili nel comune di residenza, domicilio o abitazione. In forza di tale previsione risulterà dunque possibile lo spostamento per recarsi, solo a titolo di esempio, presso uffici pubblici, esercizi commerciali o centri servizi (es. per assistenza fiscale, previdenziale, ecc.) quando essi non siano presenti nel proprio territorio comunale.
Le FAQ del Governo, nel chiarire cosa si debba intendere per “comprovate esigenze lavorative” ed in particolare come possano dimostrare le comprovate esigenza lavorative per i lavoratori autonomi, ha specificato che: “Comprovate” significa che si deve essere in grado di dimostrare che si sta andando (o tornando) al (dal) lavoro, anche tramite l’autodichiarazione di cui alla FAQ n. 2 o con ogni altro mezzo di prova, la cui non veridicità costituisce reato. In caso di controllo, si dovrà dichiarare la propria necessità lavorativa. Sarà cura poi delle Autorità verificare la veridicità della dichiarazione resa con l'adozione delle conseguenti sanzioni in caso di false dichiarazioni”.
Come viene, anche, chiarito dalla circolare del Ministero dell’Interno, infatti, l’onere di dimostrare la sussistenza delle situazioni che consentono gli spostamenti incombe sull’interessato e, pertanto, occorre sempre far uso dell’autocertificazione riguardo alle cause giustificative dello spostamento, sia che si tratti di spostamenti che avvengono in fasce orarie soggette al imitazioni (area gialla), sia che essi avvengano in territori soggetti a restrizioni (area arancione e area rossa).
Alla luce di tutto quanto sopra riportato, in mancanza di una diversa posizione sulla norma da parte del Governo, confermiamo che lo spostamento del lavoratore autonomo, può essere giustificato da comprovate esigenze lavorative, sempre che queste siano adeguatamente motivate.
Tuttavia resta sempre fermo il principio, enunciato dalla stessa circolare del Ministero dell’interno che impone di “limitare all'indispensabile gli spostamenti, ma anche di effettuarli, di massima, raggiungendo il luogo più vicino dove comunque sia possibile la soddisfazione della propria esigenza” e che rende valide le considerazioni che hai formulato al tuo associato rispetto all'opportunità di privilegiare modalità telematiche/telefoniche per gli ordini.
Ho un negozio di giocattoli in un centro commerciale, devo chiudere nei festivi e prefestivi?
Sì. Nei giorni festivi e prefestivi, un negozio di giocattoli, ubicato in un centro commerciale, nelle giornate festive e prefestive deve essere chiuso.
Il comma 9, dell’articolo 1 del DPCM del 3 novembre 2020 prevede, infatti, che nelle giornate festive e prefestive sono chiusi gli esercizi commerciali presenti all'interno dei centri commerciali e dei mercati, a eccezione delle farmacie, parafarmacie, presidi sanitari, punti vendita di generi alimentari, tabacchi ed edicole.
In attesa che intervengano chiarimenti interpretativi della norma si ritiene che, anche, alla luce dei precedenti orientamenti interpretativi, il suo negozio presente all'interno del ipermercato nelle giornate festive e prefestive, debba rimanere chiuso.
Ho una libreria, devo chiudere nei festivi e prefestivi?
La norma che chiude le librerie nelle giornate festive e prefestive è valida per tutte le tre aree, ma solo per quelle ubicate in un centro commerciale.
Il comma 9, dell’articolo 1 del DPCM del 3 novembre 2020 prevede, infatti, che “...nelle giornate festive e prefestive sono chiusi gli esercizi commerciali presenti all'interno dei centri commerciali e dei mercati, a eccezione delle farmacie, parafarmacie, presidi sanitari, punti vendita di generi alimentari, tabacchi ed edicole”.
Il Ministero dell'Interno con circolare del 7 novembre ha messo in evidenza il carattere tassativo delle eccezioni riportate dall’art. 1, comma 9, lett. ff). La circolare, infatti, richiama l’attenzione sulla previsione contenuta nell'ultimo periodo della disposizione in epigrafe, che introduce la misura della chiusura, nelle giornate festive e prefestive, degli esercizi commerciali presenti all'interno dei centri commerciali e dei mercati, ad eccezione delle attività indicate, con carattere tassativo, dalla norma, quali farmacie, parafarmacie, presidi sanitari, punti vendita di generi alimentari, tabacchi ed edicole.
Pertanto, solo le librerie presenti nei centri commerciali dovranno rimanere chiuse nelle giornate festive e prefestive.
In quelle giornate sarà, invece, possibile l'apertura, su tutto il territorio nazionale, delle librerie, non collocate nei centri commerciali, a prescindere dalla loro dimensione, anche nelle regioni rosse, stante l'inclusione del commercio al dettaglio di libri in esercizi specializzati contenuta nell'allegato 23.
Posso spostarmi in zona rossa per raggiungere una attività aperta?
Il comma 4, dell’art. 3 del DPCM del 3 novembre 2020 riguarda i territori ricompresi nell’area rossa, in cui si precisa che è vietato ogni spostamento in entrata e in uscita dai territori di cui al comma 1, nonché all’interno dei medesimi territori, salvo che per gli spostamenti motivati da comprovate esigenze lavorative o situazioni di necessità ovvero per motivi di salute.
Sul punto è intervenuta la circolare del Ministero dell'Interno del 7 novembre scorso che evidenziato che in tale zona vige un regime più stringente per quanto riguarda il divieto di spostamento, che viene a corrispondere alla massima estensione possibile, in quanto relativo ad ogni forma di mobilità non solo extra ma anche interregionale e intracomunale, ricomprendendo sia gli spostamenti fra un comune e un altro, sia quelli all'interno dello stesso comune di domicilio, abitazione o residenza.
Tuttavia nei territori dell’area rossa restano, sempre, consentiti gli spostamenti dovuti a motivi di lavoro, salute o altra necessità, nonché per le altre cause giustificative indicate dall’art.3, comma 4, lett. a).
Si ritiene, pertanto, che in tale zona ogni spostamento, a prescindere dal luogo di destinazione dovrà essere giustificato da comprovata situazione di necessità, che dovrà essere dichiarata mediante autocertificazione.
Pertanto, nel caso di specie, lo spostamento si ritiene possa essere giustificato dalla necessità di usufruire di un servizio qualificato dal DPCM di prima necessità.
Resta sempre fermo il principio, enunciato dalla circolare del Ministero dell’Interno che impone di limitare all'indispensabile gli spostamenti, ma anche di effettuarli, di massima, raggiungendo il luogo più vicino dove comunque sia possibile la soddisfazione della propria esigenza.
Ho una cartoleria in area rossa, posso rimanere aperto?
L’art. 3 del DPCM del 3 novembre 2020 riguarda i territori ricompresi nell'area di massima gravità e da un livello di rischio alto, l’area rossa, per le Regioni che si collocano in uno scenario di tipo 4.
Pertanto, in questi territori, trovano applicazione le misure più restrittive di contenimento di cui all’art. 3, comma 4, lett. b) che prevedono la sospensione delle attività commerciali al dettaglio, fatta eccezione per le attività di vendita di generi alimentari e di prima necessità individuate nell’allegato 23, sia negli esercizi di vicinato sia nelle medie e grandi strutture di vendita, anche ricompresi nei centri commerciali, purché sia consentito l'accesso alle sole predette attività e ferme restando le chiusure nei giorni festivi e prefestivi di cui all’articolo 1, comma 9, lett. ff).
Pertanto, la vendita svolta dalle librerie e dalle cartolerie, in quanto attività di prima necessità riportata nell’allegato 23 del DPCM, rientra tra le attività espressamente consentite.
Tuttavia, si ricorda che in base a quanto espressamente previsto dall’art. 1, comma 9, lett. ff), su tutto il territorio nazionale, nelle giornate festive e prefestive, le cartolerie ubicate nei centri commerciali dovranno essere chiuse (1, comma).
Posso vendere libri scolastici con consegna a domicilio, effettuando uno spostamento dal mio territorio?
Sì, è consentita la consegna a domicilio e anche il ritiro presso un punto vendita situato in un altro Comune, ammesso che il prodotto, che si intende acquistare, non sia disponibile nel proprio territorio comunale.
L’art. 2 del DPCM del 3 novembre 2020 detta regole per la mobilità più rigorose per il contenimento del contagio.
In particolare l’art. 2, in base alla lett. a) del comma 4 dell'art. 2, prevede che è vietato ogni spostamento in entrata e in uscita dai territori di cui al comma 1, salvo che per gli spostamenti motivati da comprovate esigenze lavorative o situazioni di necessità ovvero per motivi di salute. Sono comunque consentiti gli spostamenti strettamente necessari ad assicurare lo svolgimento della didattica in presenza nei limiti in cui la stessa è consentita.
La lettera b) dello stesso articolo prevede inoltre che è vietato ogni spostamento con mezzi di trasporto pubblici o privati, in un comune diverso da quello di residenza, domicilio o abitazione, salvo che per comprovate esigenze lavorative, di studio, per motivi di salute, per situazioni di necessità o per svolgere attività o usufruire di servizi non sospesi e non disponibili in tale comune.
Pertanto, l’art.2, in base al combinato disposto delle lettere a) e b), prevede restrizioni alla mobilità verso altri comuni della stessa o di altre regioni.
La circolare del Ministero dell'Interno del 7 novembre ha, tuttavia, chiarito che gli spostamenti sono consentiti non solo per le consuete cause giustificative indicate già nella norma (la quale include anche i motivi di studio), ma anche quando sia necessario svolgere attività o usufruire di servizi non sospesi e non disponibili nel comune di residenza, domicilio o abitazione. In forza di tale previsione risulterà dunque possibile lo spostamento per recarsi, solo a titolo di esempio, presso uffici pubblici, esercizi commerciali o centri servizi (es. per assistenza fiscale, previdenziale, ecc.) quando essi non siano presenti nel proprio territorio comunale.
Alla luce di quanto sopra espresso, riteniamo sia sempre consentita la consegna a domicilio e sia, altresì, consentito il ritiro presso un punto vendita situato in un altro Comune, sempre che il prodotto, che si intende acquistare, non sia disponibile nel territorio comunale. La circolare ministeriale precisa, inoltre, che devono sempre valere le regole prudenziali che suggeriscono non solo di limitare all'indispensabile gli spostamenti, ma anche di effettuarli, di massima, raggiungendo il luogo più vicino dove comunque sia possibile la soddisfazione della propria esigenza.
Ho un negozio di abbigliamento in un centro commerciale, posso stare aperto nei fine settimana?
No, su tutto il territorio nazionale, nei giorni festivi e non festivi, sono sospese tutte le attività commerciali, ubicate all'interno del centro commerciale, eccetto quelle tassativamente indicate dal DPCM del 3 novembre 2020 all’ art. 1, comma 9, lett. ff): farmacie, parafarmacie, presidi sanitari, punti vendita di generi alimentari, tabacchi ed edicole.
La circolare del Ministero dell'Interno del 7 novembre, ha messo in evidenza il carattere tassativo delle eccezioni riportate dal DPCM. La circolare richiama l’attenzione sulla previsione contenuta nell'ultimo periodo della disposizione in epigrafe, che introduce la misura della chiusura, nelle giornate festive e prefestive, degli esercizi commerciali presenti all'interno dei centri commerciali e dei mercati, ad eccezione delle attività indicate, con carattere tassativo, dalla norma, quali farmacie, parafarmacie, presidi sanitari, punti vendita di generi alimentari, tabacchi ed edicole.
Una libreria in un centro commerciale (zona rossa) deve chiudere nel fine settimana?
Sì, le librerie presenti nei centri commerciali dovranno rimanere chiuse nelle giornate festive e prefestive.
L'articolo 3, comma 3, lett. b, del DPCM del 3 novembre, prevede la sospensione delle attività commerciali al dettaglio, fatta eccezione per le attività di vendita di generi alimentari e di prima necessità individuate nell’allegato 23, sia negli esercizi di vicinato sia nelle medie e grandi strutture di vendita, anche ricompresi nei centri commerciali, purché sia consentito l'accesso alle sole predette attività e ferme restando le chiusure nei giorni festivi e prefestivi di cui all’articolo 1, comma 9, lett. ff).
Come si vede quindi, nelle zone rosse, ma anche in quelle arancioni stante il comma 5 dell'art. 2 del DPCM, oltre alle specifiche misure, si applica anche la chiusura nei prefestivi e festivi degli esercizi commerciali ubicati all'interno dei centri commerciali.
Pertanto, le librerie presenti nei centri commerciali dovranno rimanere chiuse nelle giornate festive e prefestive.
In quelle giornate sarà invece possibile l'apertura, su tutto il territorio nazionale, anche nelle regioni rosse stante l'inclusione del commercio al dettaglio di libri in esercizi specializzati contenuta nell'allegato 23, delle librerie non collocate nei centri commerciali a prescindere dalla dimensione.
Ho una pasticceria a Foggia. I clienti possono entrare nel locale per la scelta del prodotto e per il ritiro o devono necessariamente attendere all’esterno?
Occorre premettere che la Puglia, in base all’Ordinanza del 4 novembre del Ministero della Salute è stata collocata tra le Regioni con uno scenario di tipo 3 “elevata gravità”, c.d. “Area arancione”.
Ne deriva che, ai sensi dell’art. 2, comma 4, lett. c) del DPCM del 3 novembre 2020, a partire dal 6 novembre e fino al prossimo 3 dicembre, nella sua zona territoriale sono sospese le attività dei servizi di ristorazione, restando tuttavia consentiti il delivery (senza restrizioni orarie), nel rispetto delle norme igienico sanitarie sia per l’attività di confezionamento che di trasporto, e il take away (fino alle ore 22.00). Con riferimento alla ristorazione con asporto, viene fatto espresso divieto di consumazione sul posto o nelle adiacenze, mentre non viene inibito l’accesso ai locali dei clienti per la scelta e il mero ritiro della merce. Questa la ragione per cui si ritiene che l’esercente possa consentire alla clientela di fare ingresso nel locale, a condizione che permanga il tempo strettamente necessario alla scelta, alla consegna e al pagamento della merce.
Nel mio bar ho delle slot machine, devo disattivarle?
Sì, ai sensi dell’art. 1, comma 9, lett. l), del DPCM del 3 novembre 2020, su tutto il territorio nazionale sono sospese le attività di sale giochi, sale scommesse, sale bingo e casinò, anche se svolte all’interno di locali adibiti ad attività differente. In base a tale ultimo inciso, deve ritenersi che le attività sopra indicate debbano ritenersi inibite anche laddove svolte all’interno di un bar.
Fino a che ora posso fare consegna a domicilio in zona rossa?
Non sono previste restrizioni orarie.
Ai sensi dell’art. 3, comma 4, lett. c) del DPCM del 3 novembre 2020, a partire dal 6 novembre e fino al prossimo 3 dicembre, nelle Regioni con uno scenario di tipo 4 - “massima gravità” (c.d. “Area rossa”) sono sospese le attività dei servizi di ristorazione, restando tuttavia consentiti il delivery e il take away (quest’ultimo fino alle ore 22.00).
Con riferimento al delivery, si prevede la necessità di rispettare le norme igienico sanitarie sia per l’attività di confezionamento che di trasporto, ma non è prevista alcuna restrizione oraria e l’attività potrà dunque esser effettuata anche oltre le ore 22.00.
Posso effettuare le consegne anche al di fuori del mio Comune in zona rossa?
Sì. L’articolo 3, comma 4, lett. a), del DPCM del 3 novembre 2020 con riferimento alle predette Regioni collocate in area rossa, prescrive il divieto di ogni spostamento in entrata e in uscita nonché all’interno dei medesimi territori, prevedendo, tuttavia, la possibilità di spostarsi, tra l’altro, per comprovate esigenze lavorative, tra cui è ragionevole ritenere che rientrino anche quelli concernenti le consegne a domicilio. Si ritiene quindi che sia possibile effettuare il delivery anche nei confronti dei clienti residenti fuori dal Comune nel quale è ubicata l’attività.
Ho una mensa a Messina (codice ATECO 56.29.1) posso proseguire la mia attività?
Sì. Ai sensi dell’Ordinanza del 4 novembre del Ministero della Salute, la Sicilia è stata collocata, insieme alla Puglia, tra le Regioni con uno scenario di tipo 3 “elevata gravità”, c.d. “Area arancione”.
Per queste Regioni, il DPCM del 3 novembre 2020, in vigore dal 6 novembre e fino al 3 dicembre, ha previsto la sospensione delle attività dei servizi di ristorazione, eccezion fatta, tra le altre, per le mense e per il catering continuativo su base contrattuale, le cui attività potranno pertanto proseguire, a condizione che vengano rispettati i protocolli o le linee guida di settore.
Permane l’obbligo di esporre un cartello per indicare l’affluenza massima del locale?
Sì. Il DPCM del 3 novembre 2020, in vigore dal 6 novembre e fino al 3 dicembre, ha confermato l’obbligo di esporre all’ingresso del locale un cartello che riporti il numero massimo di persone ammesse contemporaneamente (sulla base dei protocolli e delle linee guida vigenti) per tutti gli esercizi commerciali e tutti i locali pubblici e aperti al pubblico (cfr. art. 1, comma 5).
Scarica il cartello per il tuo locale o scarica il cartello per il tuo esercizio commerciale.
Ho un ristorante a Brescia, in zona rossa, cosa posso fare?
Ai sensi dell’Ordinanza del 4 novembre del Ministero della Salute, la Lombardia rientra tra le Regioni con uno scenario di tipo 4 “massima gravità”, c.d. “Area rossa”.
Con riferimento a tali zone territoriali, il DPCM del 3 novembre 2020, in vigore a partire dal 6 novembre e fino al 3 dicembre., ha previsto la sospensione delle attività dei servizi di ristorazione. Restano tuttavia consentiti il delivery (senza restrizioni orarie), nel rispetto delle norme igienico sanitarie sia per l’attività di confezionamento che di trasporto, e il take away (quest’ultimo fino alle ore 22.00), con divieto di consumazione sul posto o nelle adiacenze.
Ho una ditta di produzione di confetti e dolciumi a base di zucchero (codice ATECO 10.82.00) a Milano. Posso tenere aperto?
Si, può tenere aperto. La sua attività, non rientrando tra quelle del commercio al dettaglio, non è soggetta a chiusura.
Per le Regioni collocate in uno scenario di tipo 4 “massima gravità”, c.d. “Area rossa” (Ordinanza del 4 novembre del Ministero della Salute), tra cui anche la Lombardia, il DPCM del 3 novembre 2020 (in vigore dal 6 novembre, e fino al prossimo 3 dicembre) ha previsto la sospensione delle attività commerciali al dettaglio, eccezion fatta per le attività di vendita di generi alimentari e di prima necessità individuate nell’allegato 23.
Ho un negozio di moda, chiuso, ma lavora online e vorrebbe fare anche consegne a domicilio. Il mio personale, con certificazione, può spostarsi per venire a lavorare?
Sì, le attività sospese possono continuare a vendere i propri prodotti con consegna a domicilio e che, a tal fine, il personale è autorizzato a recarsi nei locali dell'attività per il tempo strettamente necessario a gestire le operazioni che non possono essere svolte a distanza, considerata la parziale sovrapponibilità delle misure con quelle attualmente applicabili nelle "aree rosse" con quelle previste dai DPCM che hanno regolato la cd. "Fase 1" dell'emergenza.
In tal senso appare possibile richiamare, per i soli aspetti comuni, due delle FAQ già pubblicate dal Governo (rispetto alle quali si evidenzia che le attività di gestione degli ordini sono inserite tra quelle che – ove possibile – dovrebbero essere svolte a distanza). Resta inteso, tuttavia, che sarebbe opportuno che la suddetta possibilità fosse confermata in via ufficiale e che, in attesa che ciò avvenga, appare utile condividere preventivamente tale interpretazione con le autorità localmente preposte.
FAQ 1
È consentito spostarsi per raggiungere un’azienda o un cantiere, anche se l’attività d’impresa è stata chiusa o sospesa? Come previsto dal DPCM 10 aprile 2020, per le attività produttive sospese è ammesso, previa comunicazione al Prefetto, l’accesso ai locali aziendali di personale dipendente o terzi delegati per lo svolgimento di attività di vigilanza, attività conservative e di manutenzione, gestione dei pagamenti nonché attività di pulizia e sanificazione. Dal 14 aprile è anche consentita, previa comunicazione al Prefetto, la spedizione verso terzi di merci giacenti in magazzino nonché la ricezione in magazzino di beni e forniture. Pertanto, gli spostamenti per e dalle sedi delle aziende la cui attività è sospesa, sono consentiti solo se funzionali alle attività consentite già specificate, nonché per eventuali urgenze, negli stretti limiti temporali necessari per far fronte alle urgenze stesse. Tali esigenze dovranno essere comprovate con autodichiarazione completa di tutte le indicazioni atte a consentire le verifiche sulla sussistenza di tali necessità e sul compimento del lavoro.
FAQ 2
L’attività della mia impresa è esclusa da quelle che possono proseguire, tuttavia abbiamo scorte di magazzino e vendiamo i nostri prodotti tramite e-commerce. Ci sono limitazioni per tali vendite sia in territorio nazionale che all’estero? Il mio personale preposto alla gestione del magazzino e alle spedizioni può accedere ai locali dell’impresa? Il DPCM 10 aprile 2020 consente il commercio al dettaglio di qualsiasi tipo di prodotto effettuato a distanza (on line, telefonica…) con consegna a domicilio, essendo tale modalità di vendita comunque autorizzata, a condizione che rientri tra le modalità di esercizio dell’impresa. Pertanto, ferma restando la sospensione dell’attività di produzione, non sussistono limiti alle attività di e-commerce al dettaglio delle sole merci già prodotte prima di detta sospensione, fermo restando, per le attività non svolte da remoto, il necessario rispetto delle regole di sicurezza previste per il contrasto al virus COVID-19.
Conseguentemente:
- le attività amministrative (es. gestione degli ordini, assistenza alla clientela), ove possibile, devono essere organizzate in modalità a distanza o lavoro agile;
- le attività di gestione magazzino e spedizione, che non possono svolgersi da remoto, sono consentite nei limiti predetti.
È comunque consentita, previa comunicazione al Prefetto, la spedizione verso terzi di merci giacenti in magazzino nonché la ricezione in magazzino di beni e forniture.
In linea generale, fatte salve diverse eventuali diverse definizioni adottate da ogni regione, si ritiene applicabile l'art. 4, comma 1, lett. g), del D.Lgs. 114/1998, il quale stabilisce che si intende "per centro commerciale, una media o una grande struttura di vendita nella quale più esercizi commerciali sono inseriti in una struttura a destinazione specifica e usufruiscono di infrastrutture comuni e spazi di servizio gestiti unitariamente. Ai fini del presente decreto per superficie di vendita di un centro commerciale si intende quella risultante dalla somma delle superfici di vendita degli esercizi al dettaglio in esso presenti" (fatta salva l'eventualità che il legislatore regionale modifichi questa norma).
Secondo questa definizione, pertanto, ciò che rileva ai fini dell'individuazione di un "centro commerciale" (comunque una media o grande struttura), è la collocazione degli esercizi nell'ambito di una struttura "a destinazione specifica" e il fatto che gli stessi usufruiscano di "infrastrutture comuni e spazi di servizio gestiti unitariamente", di modo, insomma, che si presentino come un complesso organico, a prescindere dalla superficie di vendita dei singoli esercizi che ne fanno parte.
Si segnala infine che la modulistica SUAP unificata e standardizzata relativa alle attività commerciali, approvata con accordo in Conferenza Unificata del 4 maggio 2017, salvo modifiche introdotte dalle singole Regioni, prevede espressamente che all'avvio delle attività commerciali al dettaglio venga comunicato se le stesse (di vicinato, medie o grandi) sono o meno collocate all'interno di un centro commerciale.
Ogni regione sta diffondendo chiarimenti in merito, consigliamo di tenersi costantemente aggiornati consultando i siti regionali.
Nel territorio regionale di una regione nella categoria arancione, sempre che non intervenga una variazione, nelle giornate festive e prefestive, sono chiusi gli esercizi commerciali presenti all'interno dei centri commerciali e dei mercati ad eccezione delle:
- Farmacie;
- Parafarmacie;
- Presidi sanitari;
- Punti vendita di generi alimentari;
- Tabacchi ed edicole.
La classificazione delle strutture commerciali è delegata alla normativa regionale e non è pertanto possibile fornire una risposta univoca valida per tutto il territorio nazionale.
La Regione Puglia, con L.R. n.24 del 2015, ha classificato le strutture di vendita nelle seguenti tipologie dimensionali:
- esercizi di vicinato con superficie di vendita fino a 250 metri quadrati;
- medie strutture di vendita con superficie di vendita compresa tra 251 e 2.500 metri quadrati così articolate:
- M1. medie strutture di livello locale con superficie di vendita da 251 fino a 600 metri quadrati;
- M2. medie strutture intermedie con superficie di vendita da 601 a 1.500 metri quadrati;
- M3. medie strutture attrattive con superficie di vendita da 1.501 a 2.500 metri quadrati
- grandi strutture di vendita con superficie di vendita superiore ai 2.500 metri quadrati così articolate:
- G1 grandi strutture inferiori con superficie di vendita da 2.501 a 4.500 metri quadrati;
- G2 grandi strutture superiori con superficie di vendita maggiore di 4.500 metri quadrati fino a 15.000 metri quadrati.
E inoltre, la suddetta legge regionale definisce il centro commerciale come: “un insieme di più esercizi commerciali inseriti in una struttura a destinazione specifica, ovvero di una struttura architettonica unitaria, che usufruiscono di infrastrutture comuni e spazi di servizio gestiti unitariamente la cui superficie di vendita almeno per il 20 per cento è destinata a esercizi di vicinato e/o medie strutture di vendita”.
Sì, nelle zone rosse e arancioni gli alberghi possono rimanere aperti. Ma sembrerebbe che il DPCM del 3 novembre non dia opportunità a bar e ristoranti interni all'hotel di fornire il servizio ai propri clienti.
Ho un salone da barba in un centro commerciale, posso tenere aperto nel fine settimana?
L'art. 1, comma 9, lett. ii), del DPCM del 3 novembre dispone che "le attività inerenti ai servizi alla persona sono consentite...".
Ciononostante, seppur il tenore letterale della disposizione sembrerebbe consentire lo svolgimento dell'attività dei barbieri (o parrucchieri) presenti nei centri commerciali, anche nei giorni festivi e prefestivi, essendo queste attività artigianali ed inerenti ai servizi alla persona, non possiamo non considerare che l'espressione inserita in fine all'art. 1, comma 9, lett. ff), sembra al contrario indicare in via esaustiva e senza eccezioni le attività che possono rimanere aperte nel fine settimana all'interno dei centri commerciali e cioè soltanto le farmacie, parafarmacie, presidi sanitari, punti vendita di generi alimentari, tabacchi ed edicole.
In tale contesto, per fornire indicazioni più sicure agli operatori di queste attività ed evitare che incorrano in violazioni della norma che comporterebbero, oltre alla sanzione, la chiusura automatica da 5 a 30 giorni, appare necessario un confronto con il locale comando di polizia locale oltre a verificare l'emanazione di eventuali, ulteriori provvedimenti locali.
Nei weekend i centri commerciali sono chiusi: la chiusura riguarda anche le attività all’interno quali bar o pizzeria al taglio?
Sì. Nel territorio di una zona gialla ,nelle giornate festive e prefestive, sono chiusi gli esercizi commerciali presenti all'interno dei centri commerciali e dei mercati ad eccezione delle:
- Farmacie;
- Parafarmacie;
- Presidi sanitari;
- Punti vendita di generi alimentari;
- Tabacchi ed edicole.
In attesa che intervenga un'interpretazione ufficiale sulla questione (con faq o altre modalità), riteniamo che nei giorni festivi e prefestivi le attività di somministrazione (bar, ristoranti, gelaterie, pasticcerie) presenti all'interno dei centri commerciali sono sospese, ma resti tuttavia consentita l'attività di vendita di generi alimentari, svolta da bar, ristoranti, ecc., con consegna a domicilio o con asporto fino alle 22.00, sempre con il divieto di consumazione sul posto e nelle adiacenze.
Ho una scuola di lingua (codice ATECO 85.59.30) e faccio corsi di inglese in presenza per bambini fino alla 1° media, sia presso scuole elementari, sia in una mia aula per massimo 3 o 4 bambini. Possono continuare?
L’articolo 1, comma 9, lett. s), terzo periodo, del DPCM del 3 novembre, dispone che l'attività didattica ed educativa per la scuola dell'infanzia, il primo ciclo di istruzione e per i servizi educativi per l'infanzia continua a svolgersi in presenza...
Ci sembra, quindi, che la possibilità di considerare salvi i corsi in presenza effettuati presso le scuole del primo ciclo (cioè elementari e medie) sia certamente possibile ovviamente sul presupposto che sia stata la scuola (pubblica o privata) ad aver richiesto e stipulato un contratto per l'erogazione dei corsi di lingua.
Non riteniamo invece possibile che erogare corsi siano al di fuori dei locali della scuola (pubblica o privata).
Si ricorda che l'applicazione delle disposizioni del DPCM del 3 novembre, è stata differita al 6 novembre.
Ho un panificio. Ci sono distinzioni tra coloro che svolgono esclusivamente la vendita di prodotti, tra quelli che producono, nonché per chi svolge anche l'attività di somministrazione non assistita?
Il DPCM 24 ottobre non pone restrizioni circa l'orario di apertura delle attività di produzione e vendita del pane o, in generale, delle attività commerciali al dettaglio. La disposizione di cui all'art. 1, comma 9, lett. ee), stabilisce tuttavia che “dopo le ore 18,00 è vietato il consumo di cibi e bevande nei luoghi pubblici e aperti al pubblico”.
Per quanto inserita all'interno di una lettera riferita alle attività dei servizi di ristorazione, il tenore letterale della disposizione induce a ritenere che la stessa abbia portata generale.
Pertanto, appurato che i locali di un esercizio commerciale, alla pari di quelli di un'attività produttiva organizzata al fine di consentire il consumo immediato in loco dei prodotti oggetto di vendita, rientrano senza dubbio nella categoria dei luoghi "aperti al pubblico", e in assenza di indicazioni ufficiali che giustifichino una differente interpretazione, si ritiene che le suddette limitazioni orarie si applichino anche alla possibilità di consumo immediato dei prodotti di propria produzione nei locali dei panifici (prevista dall'art. 4, comma 2-bis, del D.L. 223/2006) e di consumo immediato dei prodotti di gastronomia presso gli esercizi di vicinato (secondo quanto stabilito dall'art. 3, comma 1, lett. f-bis) del citato D.L. 223/2006 e dall'art. 7, comma 3, del D.Lgs. 114/1998).
Si ritiene pertanto che tali attività non potranno proseguire oltre le ore 18.00. Fatte salve eventuali disposizioni regionali più restrittive, l'attività di vendita resta invece consentita senza limiti di orario.
Ho un ristorante. Dopo le 18, posso far cenare i carabinieri della caserma con cui ha una convenzione?
Può proseguire il servizio oltre le 18.00 solo se è in possesso degli specifici codici per Mensa (codici ATECO 56.29.10) e Catering continuativo (56.29.20).
La disposizione di cui all'art. 1, comma 9, lett. ee), del DPCM 24 ottobre, stabilisce che le attività dei servizi di ristorazione sono consentite dalle ore 5.00 fino alle 18.00, pertanto senza i suddetti codici non potrà effettuare il servizio al di fuori di tale fascia oraria.
Restano sempre consentite, tuttavia, la ristorazione con consegna a domicilio nel rispetto delle norme igienico-sanitarie sia per l'attività di confezionamento che di trasporto nonché, fino alle ore 22.00, la ristorazione con asporto, con divieto di consumazione sul posto o nelle adiacenze.
Restano, inoltre, consentite le attività delle mense e del catering continuativo su base contrattuale, che garantiscono la distanza di sicurezza interpersonale di almeno un metro.
Al riguardo segnaliamo tuttavia che le predette attività sono quelle identificate dai codici ATECO "56.29.10 Mense – gestione di mense (ad esempio presso fabbriche, uffici, ospedali o scuole) in concessione" e "56.29.20 Catering continuativo su base contrattuale – fornitura di pasti preparati per imprese di trasporto, ospedali, scuole, eccetera", differenti quindi dalle attività di ristorazione di cui al codice ATECO "56.10.11 Ristorazione con somministrazione".
L'articolo 1, comma 9, lett. f), del DPCM del 24 ottobre sospende le attività di "palestre...centri benessere" senza una espressa previsione che consenta di ritenere aperti quelli situati all'interno delle strutture ricettive.
Ricordiamo che, ai sensi dell'articolo 4, comma 1, del DL 19/2020, convertito, con modificazioni, dalla legge 35/2020, il mancato rispetto delle misure di contenimento individuate ed applicate con i DPCM , come la disposizione citata, è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da 400 a 1.000 euro.
Inoltre, ai sensi dell'art. 4, comma 2, del medesimo DL, nei casi di violazione delle limitazioni poste alle attività d'impresa o professionali, si applica anche la sanzione amministrativa accessoria della chiusura dell'esercizio o dell'attività da 5 a 30 giorni.
La somministrazione effettuata nei circoli privati ricade tra le attività dei servizi di ristorazione di cui al codice ATECO 56.
I circoli privati, tuttavia, rientrano nella categoria dei centri culturali, centri sociali e centri ricreativi le cui attività, al momento, sono del tutto sospese a norma dell'art. 1, comma 9, lett. f), del DPCM 24 ottobre.
Tale disposizione risulta confermata nel testo del DPCM 3 novembre.
Nel 'decreto ristori' le misure di sostegno sono previste anche per le aziende nate nel 2020?
Il Contributo a fondo perduto istituito dall’articolo 1 del decreto-legge Ristori, a favore degli operatori IVA dei settori economici interessati dalle nuove misure restrittive, riconosce un contributo a fondo perduto a favore dei soggetti che alla data del 25 ottobre 2020 hanno la partita IVA attiva e dichiarano di svolgere come attività prevalente una di quelle riferite ai codici ATECO riportati nell'Allegato 1 del decreto-legge.
Il contributo non spetta ai soggetti che hanno attivato la partita IVA successivamente al 25 ottobre 2020.
Ai soggetti che hanno avviato l’attività economica dopo il 1° gennaio 2019, e che non possono calcolare la differenza di fatturato tra il mese di aprile 2020 e il mese di aprile del 2019, il contributo spetta nella misura minima di 1.000 euro per le persone fisiche e di 2.000 euro per i soggetti diversi dalle persone fisiche. Al contributo minimo si applica la maggiorazione stabilita nell’allegato 1 al provvedimento in commento nella percentuale individuata per ciascun codice ATECO riportato nel medesimo allegato.
Si sottolinea inoltre che il contributo di cui all’articolo 1 spetta alle aziende che hanno la partita IVA attiva al 25 ottobre 2020. Non spetta invece alle attività economiche avviate successivamente al 25 ottobre 2020.
Inoltre, si specifica che il contributo in argomento spetta ai soggetti che hanno avviato la propria attività successivamente al 30/04/2019 – e che quindi non possono dimostrare la perdita di fatturato nei termini indicati dalla norma – nella misura minima di 1.000 euro per le persone fisiche e di 2.000 euro per i soggetti diversi dalle persone fisiche, a cui si applicano le maggiorazioni stabilite dall’allegato 1 al provvedimento differenziate per codice ATECO di appartenenza.
Sì, il DPCM del 3 novembre non pone impedimenti alla consegna a domicilio.
Sì, non ci sono limitazioni per la vendita di tabacchi.
Per quanto riguarda la normativa nazionale, l’art. 1, comma 9 lett. ee) DPCM 24 ottobre stabilisce che la ristorazione con asporto (di cibo e bevande, anche alcoliche) è consentita fino alle 24.00, tuttavia, è bene segnalare che alcune ordinanze locali hanno adottato un regime maggiormente restrittivo relativamente alle bevande alcoliche.
Consigliamo di rivolgersi alle nostre sedi sul territorio più vicina che saprà fornire tutte le indicazioni in merito.
Ho un bar (codice ATECO 56.3) posso fare la consegna a domicilio di spritz e cocktail?
Sì, per quanto riguarda la normativa nazionale, il DPCM 24 ottobre consente il servizio di delivery senza restrizioni di orario né tipologia di bevande. Come è stato confermato anche dall’Agenzia delle Dogane e Monopoli con nota esplicativa n. 222999/RU con la consegna di bevande alcoliche a domicilio, l’esercente continua ad esercitare la medesima attività seppure in una forma distributiva ulteriore, accessoria rispetto a quella di ordinario svolgimento e che pertanto, sotto il profilo fiscale, il ricorso a tale iniziativa non dà luogo al sorgere di nuovi obblighi di denuncia di esercizio all’Ufficio delle dogane […] né a specifici vincoli di circolazione delle bevande premiscelate trasportate.
Anche dal punto di vista amministrativo non sono necessari ulteriori adempimenti in quanto non è richiesto un autonomo titolo abilitativo né dalla normativa nazionale né, generalmente, dalle singole leggi regionali (pto 1.12.5 Tabella A del DLgs n.222/2016 1.12.5 “quando l'attività è accessoria […] non occorre alcun titolo di legittimazione aggiuntivo”). Tra l’altro, per ciò che concerne la notifica sanitaria ex art. 6 del Regolamento EU n. 852/2004, non sono richiesti specifici ulteriori oneri, essendo ricompreso tale servizio nell’attività di ristorazione già abilitata.
Consigliamo di rivolgersi alle nostre sedi sul territorio più vicina che saprà fornire tutte le indicazioni in quanto le Regioni conservano il potere di introdurre misure più restrittive oppure, d’intesa con il Ministro della Salute, anche ampliative.
Dopo le 18 possiamo effettuare solo asporto o delivery, ma dobbiamo vietare del tutto l'accesso ai cliente?
L’accesso per il SOLO ritiro della merce è consentito.
Nel DPCM 24 ottobre, entrato in vigore il 26 ottobre 2020, con riferimento alla ristorazione con asporto (consentita fino alle ore 24.00), viene fatto espresso divieto di consumazione sul posto o nelle adiacenze, mentre non viene inibito l’accesso ai locali dei clienti per il mero ritiro della merce. Questa la ragione per cui si ritiene che l’esercente possa consentire alla clientela di fare ingresso nel locale, a condizione che permanga il tempo strettamente necessario alla consegna e al pagamento della merce. Ciò premesso, stante la possibilità per le Regioni di introdurre misure più restrittive in base alla curva epidemiologica, appare opportuno effettuare una verifica su eventuali ordinanze locali tramite le nostre sedi sul territorio.
I pubblici esercizi sono esonerati dal pagamento della TOSAP e della COSAP dal 1° maggio 2020 fino al 31 dicembre 2020 grazie alle norme del DL Rilancio, modificato poi dal DL Agosto.
Ho un bar senza cucina posso rimanere aperto fino alle 24 per la sola vendita da asporto?
Sì. La cucina non è un requisito necessario per poter beneficiare della possibilità di rimanere aperti fino alle 24 per la ristorazione con asporto.
Ho un ristorante, sono tenuto a conservare la lista dei prenotati? Per quanto tempo?
Sì. La scheda sulla ristorazione, allegata al DPCM del 24 ottobre, identica a quella allegata ai DPCM emanati a partire dal 17 maggio, riporta di […] mantenere l'elenco dei soggetti che hanno prenotato per un periodo di 14 giorni.
In merito alla cogenza di queste indicazioni va evidenziato che, secondo quanto disposto dall'art. 1, comma 9, lett. ee), del DPCM del 24 ottobre, così come nei precedenti, le attività dei servizi di ristorazione restano consentite a condizione che le Regioni [...] individuino i protocolli o le linee guida applicabili idonei a prevenire o ridurre il rischio di contagio [...] detti protocolli o linee guida sono adottati dalle Regioni o dalla Conferenza delle regioni.
Le linee guida allegate al DPCM sono pertanto condizione affinché l'attività di ristorazione in questione sia consentita e devono quindi essere osservate.
Ricordiamo infine che, ai sensi dell'art. 4, comma 1, del DL 19/2020, convertito, con modificazioni, dalla legge 35/2020, il mancato rispetto delle misure di contenimento individuate ed applicate con i DPCM e, quindi, come abbiamo sopra evidenziato, delle linee guida di cui all'allegato 8, è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da 400 a 1.000 euro.
Inoltre, ai sensi dell'art. 4, comma 2, del medesimo DL, nei casi di violazione delle limitazioni poste alle attività d'impresa o professionali, si applica anche la sanzione amministrativa accessoria della chiusura dell'esercizio o dell'attività da 5 a 30 giorni.
È quindi essenziale seguire le linee guida e conservare l'elenco delle presenze (attività di ristorazione, stabilimenti balneari, acconciatori, estetisti), di conservare l'elenco delle presenze giornaliere per 14 giorni o con un registro cartaceo o, ancora meglio, con altra modalità elettronica, nel rispetto della normativa sulla privacy (attività che avrebbe dovuto già essere fatta dal 17 maggio.)
Ho un negozio di abbigliamento, devo anche io esporre il cartello con quante persone possono entrare?
Il DPCM del 24 ottobre ha esteso anche agli esercizi commerciali l'obbligo di esporre, all'ingresso del locale, un cartello riportante il numero massimo di persone ammesse contemporaneamente sulla base dei protocolli e delle linee guida vigenti.
La lettera dd) dell'art. 1, comma 9, del DPCM del 24 ottobre, dispone che le attività commerciali al dettaglio devono svolgersi nel rispetto dei contenuti di protocolli o linee guida idonei a prevenire o ridurre il rischio di contagio nel settore di riferimento o in ambiti analoghi adottati dalle Regioni o dalla Conferenza delle regioni [...].
Le linee guida sul COMMERCIO AL DETTAGLIO sono contenute nell'allegato 9 al DPCM del 24 ottobre e riprendono quelle approvate dalla Conferenza delle regioni l'8 ottobre 2020.
Tra le indicazioni contenute in queste linee guida, figura la seguente: Prevedere regole di accesso, in base alle caratteristiche dei singoli esercizi, in modo da evitare assembramenti e assicurare il mantenimento di almeno 1 metro di separazione tra i clienti.
Questa indicazione è la medesima introdotta fin dalle prime linee guida di maggio ed avrebbe quindi dovuto suggerire già da tempo agli operatori l'opportunità di una riflessione sul numero massimo di persone ammissibili nei loro locali in base alle caratteristiche dei singoli esercizi, in modo da evitare assembramenti e assicurare il mantenimento di almeno 1 metro di separazione tra i clienti.
Oggi quindi, di fronte all'obbligo di indicare il numero massimo di persone ammesse contemporaneamente nei propri esercizi, occorrerà ragionare in base alle caratteristiche peculiari di ogni esercizio, alla superficie a cui si riferisce la SCIA o il titolo autorizzatorio che legittima all'esercizio dell'attività di vendita ed alla necessità che sia garantito sempre il mantenimento di almeno 1 metro di separazione tra i clienti.
Il numero da esporre nel cartello va riferito alla clientela ma, ovviamente, deve tenere conto degli spazi complessivi e della loro articolazione. In altre parole, la parte normalmente riservata alla cassa, se non vi siano scaffalature o espositori accessibili alla clientela, dovrà essere sottratta alla superficie da considerare per calcolare il numero massimo di clienti ammissibili proprio perché a loro non accessibile.
Ove invece non ci fossero spazi di questo tipo, il numero massimo di clienti da indicare nel cartello dovrà tenere conto anche del fatto che il titolare e gli eventuali dipendenti non godono di uno spazio a loro riservato all'interno del punto vendita per mantenere il metro di separazione richiesto.
Il numero massimo di persone da indicare nel cartello, anche se da riferire ai clienti, è comunque "condizionato" dal personale. Sotto questo profilo evidenziamo infatti che le misure di sicurezza per gli esercizi commerciali di cui all'Allegato 11 indicano, anche se solo come semplice raccomandazione quindi senza alcuna cogenza, che nei locali fino a 40 metri quadratipuò accedere una sola persona alla volta, oltre a un massimo di due operatori.
Scarica il cartello per il tuo locale o scarica il cartello per il tuo esercizio commerciale.
Il numero va calcolato in base a determinati parametri.
L'art. 1 comma 9 lett. dd) del DPCM del 24 ottobre, per le attività commerciali al dettaglio dispone che:
- deve essere assicurata la distanza interpersonale di almeno 1 metro;
- gli ingressi devono avvenire in modo dilazionato;
- non si può sostare all'interno dei locali più del tempo necessario all'acquisto dei beni.
Viene poi raccomandata l'applicazione delle misure di cui all'Allegato 11 (Misure per gli esercizi commerciali) del DPCM che al punto 7 per quanto riguarda il regolamento e lo scaglionamento degli accessi si indica:
- per i locali fino a 40 mq può accedere una persona alla volta con un massimo di due operatori;
- per i locali di dimensioni superiori l'accesso è regolamentato in funzione degli spazi disponibili, differenziando, ove possibile, i percorsi di entrata e uscita.
È obbligatorio per gli esercenti mettere a disposizione le mascherine (oltre al gel)?
No, non sussiste allo stato alcun obbligo per l'esercizio commerciale di tenere a disposizione mascherine per i clienti, anche perché alla luce delle ultime disposizioni che prevedono l'utilizzo delle mascherine anche nei luoghi all'aperto, sono già obbligati a portarle con sé e ad indossarle.
Il numero massimo di persone presenti contemporaneamente è inteso solo all'interno del locale o anche nel dehors?
La disposizione di cui all'art. 1, comma 6, lett. ee) del DPCM 13 ottobre, come modificata dal DPCM del 18 ottobre, prevede l'obbligo per gli esercenti di esporre “all’ingresso del locale un cartello che riporti il numero massimo di persone ammesse contemporaneamente nel locale medesimo…”. Non sembra, dunque, che la stessa vada riferita anche ai posti a sedere eventualmente disponibili negli spazi esterni ai locali dell’attività.
Alle 18 devo terminare la somministrazione ai clienti o devo chiudere il ristorante?
Fatte salve eventuali disposizioni adottate a livello regionale, la disposizione di cui all’art. 1, comma 6, lett. ee), del DPCM 13 ottobre, come modificata dal DPCM del 18 ottobre, prevede che le attività dei servizi di ristorazione "sono consentite dalle ore 5.00 sino alle ore 18.00 con consumo al tavolo, e con un massimo di quattro persone per tavolo".
Al riguardo si evidenzia che il Ministero dell'Interno, con circolare del capo di Gabinetto del 16 ottobre 2020, ha precisato che per quanto riguarda il rispetto dei limiti orari introdotti, appare opportuno sottolineare che la loro osservanza non viene meno qualora si consenta agli avventori un ragionevole, contenuto margine temporale per completare la consumazione, aggiungendo inoltre l'invito alle prefetture a voler sensibilizzare le associazioni di categoria affinché il servizio di consumazione ai tavoli, onde sia rispettato il suddetto limite orario, venga effettuato il più possibile privilegiando “l’accesso tramite prenotazione, in conformità, peraltro, a una specifica previsione del protocollo di settore, di cui all’allegato 9 al DPCM in esame. Tale orientamento è stato richiamato anche nella successiva circolare del 20 ottobre 2020.
No. L'obbligo per gli esercenti di esporre all'ingresso del locale un cartello che riporti il numero massimo di persone ammesse contemporaneamente all'interno del locale stesso, vige soltanto per le attività dei servizi di ristorazione (quelle contraddistinte dal codice ATECO 56).
A conferma si allega la circolare del Ministero dell’Interno del 20 ottobre 2020 che tratta l'argomento cartelli nel paragrafo Esercizi pubblici (art. 1, comma 1, lett. d) n. 8) e 9)), i cui riferimenti normativi si riferiscono al DPCM del 18 ottobre che ha sostituito la lett. ee) dell'art. 1, comma 6, del DPCM del 13 ottobre.
Sì, fino a fine anno.
Con l'articolo 109 del decreto-legge 14 agosto "Misure urgenti per il sostegno e il rilancio dell'economia" sono stati prorogati – dal 31 ottobre 2020 al 31 dicembre 2020 – i termini relativi alle procedure semplificate per l'occupazione di suolo pubblico da parte dei pubblici esercizi (art. 181, commi 2-3, DL 34/2020, convertito con modificazioni dalla Legge 77/2020).
Sono, quindi, confermate, fino a fine anno 2020, le procedure per via telematica della presentazione delle domande di nuove concessioni per l'occupazione di suolo pubblico o di ampliamento delle superfici già concesse, allegando la sola planimetria del suolo da occupare, in deroga alla normativa in materia di SUAP e con esenzione dall'imposta di bollo. Analoga estensione riguarda il periodo durante il quale l'allestimento temporaneo di strutture amovibili e di altri elementi funzionali all'attività dei pubblici esercizi (quali dehors, pedane, tavolini, sedute e ombrelloni, ecc.) non necessita dell’autorizzazione per interventi sui beni culturali e dell’autorizzazione paesaggistica, previste dal Codice dei beni culturali e del paesaggio (D.Lgs. 42/2004).
Posso organizzare una presentazione di un libro nella mia libreria?
No. La circolare del Ministero dell'Interno del 27 ottobre 2020, e successivi provvedimenti normativi, hanno chiarito definitivamente la questione alla luce delle disposizioni del DPCM 24 ottobre, precisando che nella categoria degli "altri eventi", sospesi ai sensi dell'art. 1, comma 9, lett. o), rientrano "una pluralità di occasioni e circostanze, che presentino caratteristiche e modalità di svolgimento tali da determinare situazioni suscettibili di favorire la diffusione del contagio (si pensi, solo a titolo esemplificativo, alle conferenze, alle presentazioni di prodotti editoriali o commerciali, ecc.)".
Il DPCM del 24 ottobre 2020, e i successivi provvedimenti normativi, ha sospeso la loro attività: “sono sospese le attività di sale giochi, sale scommesse, sale bingo e casinò”.
Il DPCM del 24 ottobre 2020 e i successivi provvedimenti normativi, hanno sospeso la loro attività: “sono sospesi gli spettacoli aperti al pubblico in sale teatrali, sale da concerto, sale cinematografiche e in altri spazi anche all'aperto”.
No, il divieto è rimasto invariato. Quello relativo alle feste è nuovo, ma le attività nelle sale da ballo, discoteche e locali assimilati erano comunque già sospese.
Il DPCM del 13 ottobre 2020, e i successivi provvedimenti normativi, infatti, prevedono che rimangano "sospese le attività che abbiano luogo in sale da ballo e discoteche e locali assimilati, all'aperto o al chiuso. Sono vietate le feste nei luoghi al chiuso e all'aperto".
No, per le attività di commercio al dettaglio rimangono le stesse regole in vigore.
Il DPCM del 13 ottobre 2020 infatti prevede ulteriori casi in cui è obbligatorio l’uso della mascherina (come ad esempio all’aperto).
Ai fini del contenimento della diffusione del virus COVID-19, è fatto obbligo sull'intero territorio nazionale di avere sempre con sé dispositivi di protezione delle vie respiratorie, nonché obbligo di indossarli nei luoghi al chiuso diversi dalle abitazioni private e in tutti i luoghi all'aperto a eccezione dei casi in cui, per le caratteristiche dei luoghi o per le circostanze di fatto, sia garantita in modo continuativo la condizione di isolamento rispetto a persone non conviventi, e comunque con salvezza dei protocolli e delle linee guida anti-contagio previsti per le attività economiche, produttive, amministrative e sociali, nonché delle linee guida per il consumo di cibi e bevande, e con esclusione dei predetti obblighi:
- per i soggetti che stanno svolgendo attività sportiva;
- per i bambini di età inferiore ai sei anni;
- per i soggetti con patologie o disabilità incompatibili con l'uso della mascherina, nonché per coloro che per interagire con i predetti versino nella stessa incompatibilità.
Riferimenti
- FAQ del Governo (zone)
- DPCM 2 marzo 2021
- DPCM 14 gennaio 2021
- DPCM 3 novembre 2020
- DPCM 24 ottobre 2020
- DPCM 18 ottobre 2020
- DPCM 13 ottobre 2020
- DPCM 17 maggio 2020
- DPCM 26 aprile 2020
- DPCM 10 aprile 2020
- DPCM 22 marzo 2020
- Decreto Salute 20 marzo 2020
- DPCM 11 marzo 2020
- DPCM 9 marzo 2020
- DPCM 23 febbraio 2020 e relativo approfondimento
-
Circolare Ministero Interno 7 novembre
- Ordinanza del Ministero della Salute del 4 novembre 2020
- Circolare del Ministero dell’Interno del 27 ottobre 2020
- Circolare del Ministero dell’Interno del 20 ottobre 2020